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Giovedì 28 GIUGNO 2018
Da Trento la proposta di una deontologia medica del terzo millennio. Il dovere di disobbedire (seconda parte)

Ridefinire il concetto di sostenibilità, uscire dalla logica della compatibilità e ragionare di compossibilità.cQuindi tutto risolto? Neanche per idea. Trento aggiunge un paio di cosette che dimostrano come il suo ragionamento sia molto con i piedi per terra e come la relazione medicina/economia non sia proprio una faccenda da prendere a cuor leggero.

L’altra questione, oltre il cambiamento sociale, che dal punto di vista deontologico ha drammaticamente investito la professione medica, sicuramente è stata il forte condizionamento economico della sua autonomia, ma direi della sua più complessiva natura ippocratica. Il limite economico ha la pretesa di cambiare il modo di ragionare di un medico non solo di limitarne l’autonomia.

La nuova deontologia che Trento ci propone, a questo proposito, mette in campo una svolta significativa e nello stesso tempo, sul rapporto medicina ed economia, apre un nuovo capitolo per definire nuove regole e nuove condizioni.

Il limite irragionevole
Sino ad ora la deontologia si è limitata, specialmente negli ultimi anni, a farsi influenzare da un malcelato economicismo quello che si nascondeva dietro i concetti di “appropriatezza” di “proporzionalità” di “ottimalità”.
Nel frattempo però l’economicismo, spinto dalle politiche di de-finanziamento, ha aumentato le sue pretese egemoniche, e, come dimostrano le vicende che vedono sempre più pronunciata la contrapposizione deontologia/economia, forte è la tentazione, da parte di chi gestisce la sanità pubblica, ma anche del legislatore, più in generale, di subordinare tout court la deontologia alle esigenze di bilancio. Di contro forte è stata la reazione a ciò, soprattutto da parte di alcuni ordini.

La questione è molto delicata: si tratta di accordarsi con un limite senza che questo sia deontologicamente dannoso sapendo bene che il limite per sua natura tende ad avere una propensione nettamente dispotica e dogmatica. Il limite economico tende per ragioni pratiche ad essere irragionevole e ad esprimersi in modo nettamente anti-deontologico.
Ma come si fa a rendere ragionevole il limite economico? Questo è il problema che si è posto Trento. Ecco le soluzioni che ci ha proposto.

Dal limite subito al limite governato
Trento, con molta nettezza, inizia il suo ragionamento stabilendo tre criteri di partenza che non sono altro che la riproposizione di alcuni fondamentali principi della medicina ippocratica:
• la cura è relativamente incondizionabile dall’economia
• il primo dovere del medico è curare il malato
• in nessun caso la deontologia può accettare di subordinarsi all’economia

A questi principi ne fa seguire altri che traduce come “doveri” e che potrebbero essere interpretati come una responsabilizzazione dell’ippocratismo nei confronti dei problemi economici, cioè come il prendere atto dell’esistenza innegabile del problema dei limiti:
• è dovere del medico evitare sprechi, diseconomie, anti-economie
• il medico deve includere nei giudizi clinici le valutazioni che riguardano gli esiti economici delle sue decisioni quindi preferire scelte ad necessitatem
• è al medico che spetta di giudicare se le questioni economiche danneggiano le prerogative della cura
 
Le mediazioni
Quindi la mediazione che propone Trento è triplice:
• includere la valutazione economica nel giudizio clinico
• affidare al medico la responsabilità della decisione dal momento che in ogni caso prima dell’economia viene sempre il primario interesse del malato e per evitare che essa danneggi il grado di adeguatezza della scelta di cura,
• l’unico abilitato a valutare l’influenza del limite economico sulla clinica non è l’economista ma il medico.

A tutta prima sembra un ragionamento molto lineare: la medicina accetta di dialogare con l’economia ma alle sue condizioni dettate dalla propria deontologia perché per principio è inaccettabile che la deontologia sia subalterna all’economia e che “scienza e coscienza” del medico diventino delle variabili di bilancio.
 
Tuttavia Trento ci dice che, per fare questo apparentamento, tra medicina e economia, non bastano le buone intenzioni, al contrario, è necessario, cambiare alcuni presupposti che se non chiariti rischiano di rendere promiscuo il rapporto insidioso tra clinica e economia.
 
Le condizioni della deontologia
Trento sostanzialmente propone tre tipi diversi di discontinuità:
La prima è, ridefinire di sana pianta la logica della sostenibilità. Essa per consentire un dialogo proficuo tra clinica e economia non può essere considerata come una economia dei costi consentiti e possibili. Cioè non può essere considerata solo un limite tout court cioè solo come un problema di spesa. La sostenibilità prima di ogni altra cosa è un’idea legata allo sviluppo cioè ad una idea di crescita che per essere sostenibile non deve danneggiare nessun valore importante, quindi è produzione di ricchezza e produrre salute vale come produrre ricchezza sapendo che, la ricchezza diversa da quella economica, non è in antitesi con il pil.

Quindi Trento nell’accettare il terreno di confronto tra medicina e economia non solo propone di cambiare letteralmente il presupposto da cui fino ad ora si è mossa l’economia, che è quello del valore assoluto del limite, ma mette in discussione il teorema che è stato alla base delle politiche di de-finanziamento e con grande chiarezza sostiene che:
• la salute è una ricchezza sociale e che in quanto tale non può essere in antitesi con la ricchezza economica
• se la ricchezza economica cioè il pil danneggia quella sociale cioè definanzia il valore della salute non è sostenibilità ma è depauperamento
• il limite è relativo ai valori che produce a ai valori che nega quindi è interpretabile

La seconda, è uscire dalla logica della compatibilità perché in questa logica chi comanda in modo dispotico è solo il limite economico che chiede alla deontologia di adattarsi ad esso. La medicina, per ovvie ragioni deontologiche, può adattarsi al limite economico fino a un certo punto oltre il quale non può andare. Cioè in medicina esistono delle soglie di tolleranza oltre le quali, adattare la clinica al limite economico, significa unicamente danneggiare il malato. La deontologia non può danneggiare il malato la sua natura è di difendere il malato da chi lo vuole danneggiare.

In luogo della compatibilità Trento ci propone una logica di ricambio che è quella più volte discussa su questo giornale, della compossibilità. Il problema non è pretendere che la medicina sia compatibile con l’economia ma è creare tra di loro delle condizioni di coesistenza. Ciò è possibile rimuovendo tutte le contraddizioni che esistono tra medicina ed economia, che sono tantissime e che in quanto tali rappresentano enormi costi sociali e enormi costi economici.
 
Che senso ha tagliare il numero dei posti letto per ragioni di compatibilità e tenere in piedi un ospedale anacronistico in tutti i suoi fondamentali organizzativi? L’ospedale compossibile è quello che risolve i suoi problemi di diseconomia senza per questo essere ospedalectomizzato. Quindi trasformandosi. Che senso ha ridurre i finanziamenti al sistema sanitario e mantenere in vita organizzazioni dei servizi anacronistiche e antieconomiche cioè diseconomiche? Che senso ha tagliare l’autonomia al medico con mille limiti prescrittivi e metterlo alla mercè del malato che se non fa la risonanza che desidera va da qualcun altro? Che senso ha amministrare il medico con delle procedure vincolanti e non fare nulla per arrestare la crescita del contenzioso legale tra medici e cittadini? 

La terza è: mettere in condizioni il medico di trasformare un limite in una possibilità, cioè di governare il limite non di subirlo e basta. Se i soldi o altro ,sono pochi si deve dare la possibilità al medico di intervenire su altri fattori, di compensare in altro modo, di trovare degli escamotage, di “arrangiarsi” in qualche modo al fine di trasformare il potenziale di una situazione o di una contingenza in un qualche vantaggio per il malato in cura.
Nell’interesse del malato non può essere data al medico nessun tipo di alternativa secca: o mangi questa minestra o ti butti dalla finestra, o rispetti il limite che ti imponiamo o sarai punito, o sei appropriato o no, o se non sei appropriato sarai sanzionato. Al contrario al medico nel processo di cura deve essergli riconosciuto un margine di interpretazione di azione una possibilità di iniziativa.

 
Autonomia plus
Quindi riassumendo: si tratta di ridefinire il concetto di sostenibilità, di uscire dalla logica della compatibilità e di ragionare di compossibilità.
Quindi tutto risolto? Neanche per idea. Trento aggiunge un paio di cosette che dimostrano come il suo ragionamento sia molto con i piedi per terra e come la relazione medicina/economia non sia proprio una faccenda da prendere a cuor leggero.

Per tutte queste cose, dice Trento, ci sono tre condizioni senza le quale non si fa niente:
• accrescere l’autonomia del medico cioè estenderla oltre il tradizionale ambito clinico verso l’organizzazione, le prassi, le contingenze, i rapporti con gli altri. Per un medico fare compossibilità vuol dire più non meno autonomia cioè accrescere le sue possibilità di intervento. A questo fine, dice Trento, si tratta di allargare l’ambito delle cose legalmente possibili (fare solo ciò che è formalmente concesso di fare) con le cose lecitamente possibili (dare la libertà al medico di fare le cose non espressamente vietate vincolandolo a delle garanzie da assicurare)

• subordinare le scelte di compossibilità al consenso informato. La compossibilità va condivisa con il malato al fine di corresponsabilizzarlo nel senso che la compossibilità non è esterna alla cura ma è parte della cura. Decidere per ragioni di compossibilità un farmaco anzichè un altro, o di fare degli esami o di non farli, o di ricorrere a certi trattamenti, non è per niente estraneo al processo di cura. La cura nelle condizioni date è sempre entro certi margini una cura compossibile nel senso che è la cura possibile a certe condizioni. Per cui la compossibilità nei confronti del modo di gestire un limite economico è una questione da consenso informato.

• riconoscere al medico il diritto alla disobbedienza deontologica da intendersi come una facoltà molto diversa da quella dell’obiezione di coscienza prevista per esempio per l’IVG
 
Dovere di disobbedire
La proposta di Trento è chiara e netta: il medico (limite o non limite), ha il dovere di cercare sempre le migliori condizioni operative cioè di scegliere ciò che per il malato, fatte salve le contingenze date, è sempre più vantaggioso. Nei casi questo sia oggettivamente impossibile per cause organizzative, il medico ha il dovere: 
• di disobbedire e per prima cosa denunciare ai responsabili della gestione e dell’organizzazione dei servizi, le condizioni di lavoro avverse
• di informare il proprio ordine di riferimento e quindi il malato o il cittadino delle sue difficoltà professionali 
• di rifiutarsi d prestare la propria opera ma solo nel caso di una situazione evidentemente dannosa per il malato 

Il dovere di disobbedire contro le condizioni di servizio che impediscono, in modo significativo, al medico di compiere il proprio dovere si riferisce all’obbligo, da parte del medico, di rispondere delle conseguenze, derivanti al malato in cura, dalla propria condotta professionale posta in essere in violazione di una norma deontologica. Quindi, vale come responsabilità morale, in cui ad essere infranti sono gli imperativi etico-morali della propria deontologia.
 
Trento tuttavia precisa che nel caso, in cui, il medico fosse costretto, per evidenti violazioni al suo codice deontologico, a disobbedire, resta inteso che, l’obiezione, non può voler dire, abbandono del malato. Il medico ha, comunque, il dovere di occuparsi, in ogni situazione, del malato, per quello che ragionevolmente può fare. La disobbedienza vale come obiezione morale, volta a salvaguardare la propria professionalità e la coerenza nei confronti della propria deontologia.

Nel prossimo ed ultimo articolo in forma sintetica tenteremo di chiudere mettendo in evidenza le differenze di fondo tra la vecchia deontologia e quella nuova, propostaci da Trento.
 
Leggi qui la prima parte

Ivan Cavicchi

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