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Giovedì 28 GIUGNO 2018
Campania. Dai biosimilari maggior accesso alle cure

Un contributo ancora più decisivo verrà dai biosimilari di nuova generazione, specie in oncologia e nelle malattie autoimmuni. Nel 2018, attesa in Italia una riduzione complessiva della spesa sanitaria di oltre 116 milioni di euro. La regione al sesto posto, per utilizzo, tra le Regioni italiane Questi i temi discussi nel corso di una tavola rotonda istituzionale, promossa da Italian Health Policy Brief

 
 
 
Per i pazienti della Regione Campania saranno molto più ampie le opportunità di cura per numerose patologie, specie in oncologia e nelle malattie autoimmuni, grazie agli importanti risparmi generati dai farmaci biosimilari di seconda generazione, il cui costo è notevolmente inferiore.  
Nel 2017, in Campania, l’utilizzo di questo tipo di farmaci è stato solo del 18% sul totale dei medicinali biosimilari in commercio, come rilevato da uno studio dell’Italian Biosimilars Group, realizzato in collaborazione con IQVIA. Un dato che tuttavia colloca oggi la Campania al sesto posto tra le Regioni italiane. Lo studio ipotizza anche che, a livello nazionale, nel periodo 2017-2022 il risparmio complessivo della spesa sanitaria potrebbe assestarsi intorno ai 450 milioni di euro grazie ad una riduzione dei prezzi pari a circa il 30%.
 
Del contributo che i medicinali biosimilari offrono, e ancor più offriranno nel prossimo futuro, con maggiori opportunità di accesso alle cure per i pazienti anche grazie ai risparmi che sono in grado di generare, si è parlato nel corso di una tavola rotonda istituzionale, promossa da Italian Health Policy Brief (IHPB), rivista di politica sanitaria impegnata a promuovere opinioni e confronti per una sanità sostenibile. All’evento hanno preso parte esponenti apicali della sanità della Regione, della comunità medico-scientifica, del mondo universitario e delle associazioni di pazienti, oltre ad economisti sanitari.
 
Per inquadrare l’impatto positivo offerto dai farmaci biosimilari sul piano dell’economia sanitaria e quindi del loro contributo alla sostenibilità del nostro sistema sanitario, Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria all’Università di Roma Tor Vergata, ha elaborato, in collaborazione con il Ceis (Center for Economic and International Studies), uno studio secondo il quale l’uso attuale dei biosimilari in Italia permetterà già nel 2018 una riduzione della spesa di oltre 116 milioni di euro. Un risultato, questo, assolutamente inferiore rispetto alle economie molto più consistenti che saranno possibili grazie alla prossima disponibilità dei farmaci biosimilari di seconda generazione che offriranno determinanti opportunità terapeutiche, soprattutto nell’ambito delle malattie oncologiche e autoimmuni, come in dermatologia, reumatologia, gastroenterologia.
 
“I farmaci biosimilari sono ormai una risorsa necessaria, indispensabile per il Ssn, che deve muoversi in un ambiente circoscritto, con vincoli di spesa, perché facilitano l’accesso alle cure, garantendo gli stessi standard di sicurezza e salute – ha spiegato Ugo Trama, responsabile della Uod  “Politica del Farmaco e Dispositivi” presso la Direzione Generale per la tutela della Salute della Regione Campania – ovviamente sarà più ampia la fascia d’accesso di ammalati alle cure, con la possibilità di liberare risorse a settori come l’immunoterapia che hanno bisogno di parecchi investimenti”.
 
Come è noto, il principio attivo di un biosimilare e quello del suo medicinale di riferimento, pur essendo di fatto la stessa sostanza biologica, possono presentare differenze minime dovute appunto alla loro natura biologica e alle tecniche di produzione ma questo non incide sulla loro efficacia e sicurezza. Proprio in relazione agli aspetti qualitativi, il ruolo del clinico nella scelta del biosimilare è cruciale, poiché spetta al medico la scelta dell’eventuale sostituzione di un farmaco originator con il rispettivo biosimilare in corso di cura, o la scelta di iniziare un trattamento con il biosimilare piuttosto che con il medicinale di riferimento. La produzione di farmaci biosimilari avviene nel rispetto di rigidi requisiti di qualità, utilizzando metodi all’avanguardia, ed è fondamentale che tali medicinali soddisfino tutti i livelli di compatibilità con il proprio originator, per ottenere l’approvazione da parte degli enti regolatori.
 
Questi i messaggi sui quali concordano i clinici presenti alla tavola rotonda di ieri: Nicola Caporaso, Professore di Gastroenterologia dell’AOU Federico II di Napoli, Sabino De Placido, Ordinario di Oncologia medica dell’AOU Federico II di Napoli, Mario Delfino, Direttore UOC Dermatologia dell’AOU Federico II di Napoli e Gabriele Valentini, Ordinario di Reumatologia dell’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
 
Il delicato ruolo che riveste il farmacista ospedaliero in materia di scelta dei farmaci biosimilari è stato oggetto delle considerazioni di Simona Creazzola, Presidente della Società Italiana di Farmacisti Ospedalieri: “Il farmacista ha da sempre un ruolo strategico nell’analisi e valutazione degli acquisti, pur lasciando al clinico la scelta del farmaco più opportuno per ogni paziente, come sancito dai più recenti position paper istituzionali. Il farmacista deve lavorare in stretta sinergia con il clinico per una migliore informazione e documentazione sulle disponibilità di acquisto dei farmaci biosimilari”.
 
In relazione al delicato tema delle malattie oncologiche, Fabrizio Capuano, delegato della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariati in Oncologia (Favo) per la regione Campania ha sottolineato che “… se la diffusione dell’utilizzo del biosimilare può aiutare a migliorare nel complesso l’offerta di servizi, i pazienti e le loro associazioni certamente daranno il loro contributo, anche alla luce dell’ultima norma sul consenso informato, per migliorare la performance d’utilizzo del biosimilare; è, però, fondamentale, che venga assicurata la garanzia assoluta sulla qualità del prodotto che viene offerto ai pazienti e sulla sua efficacia”.

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