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Lunedì 23 LUGLIO 2018
Italia: migliora il mercato del lavoro ma più lentamente che negli altri paesi. Rapporto Ocse sulle prospettive occupazionali 2018

La situazione del mercato del lavoro in Italia è migliorata negli ultimi anni ma più lentamente che in altri paesi. Il tasso di disoccupazione in Italia è sceso ma, all'11,2% nell'aprile 2018, rimane il terzo più alto tra i paesi dell'OCSE e 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008. I salari reali sono scesi dell'1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017, rispetto a una media OCSE del +0,6% nello stesso periodo. LA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO.

L' OCSE Employment Outlook 2018 afferma che il tasso di occupazione delle persone di 15-74 anni nell'area OCSE ha raggiunto il 61,7% alla fine del 2017. Per la prima volta ci sono più persone con un lavoro oggi rispetto a prima della crisi. Il tasso di occupazione nell'OCSE dovrebbe raggiungere il 62,1% entro la fine di quest'anno e il 62,5% nel quarto trimestre del 2019. Alcuni dei miglioramenti maggiori si sono verificati tra i gruppi svantaggiati, come i lavoratori più anziani, le madri con bambini piccoli, i giovani e immigrati.
 
I tassi di disoccupazione sono al di sotto o vicino ai livelli pre-crisi nella maggior parte dei paesi. I posti di lavoro vacanti hanno anche raggiunto livelli record in Giappone, nell'area dell'euro, negli Stati Uniti e in Australia. Si prevede che il tasso di disoccupazione dell'OCSE continuerà a scendere, raggiungendo il 5,3% alla fine del 2018 e il 5,1% l'anno successivo. Tuttavia il quadro continua a essere misto in termini di qualità e sicurezza del lavoro, mentre la povertà è cresciuta tra la popolazione in età lavorativa, raggiungendo il 10,6% nel 2015 rispetto al 9,6% un decennio prima.
 
La crescita dei salari rimane notevolmente più lenta rispetto a prima della crisi finanziaria. Alla fine del 2017, la crescita dei salari nominali nell'area OCSE era solo la metà di dieci anni prima: nel secondo trimestre 2007, quando la media dei tassi di disoccupazione dei paesi OCSE era più o meno la stessa di oggi, la crescita media dei salari nominali era 5,8% contro il 3,2% nel quarto trimestre 2017.
 
Più preoccupante, la stagnazione salariale colpisce i lavoratori a basso reddito molto più di quelli al vertice: i redditi da lavoro reali del primo 1% dei percettori sono aumentati molto più velocemente di quelli dei lavoratori a tempo pieno mediani negli ultimi anni, rafforzando una tendenza di vecchia data .
 
"Questa tendenza alla crescita senza agevolazioni di fronte all'aumento dell'occupazione mette in evidenza i cambiamenti strutturali nelle nostre economie che la crisi globale ha approfondito, e sottolinea l'urgente necessità che i paesi aiutino i lavoratori, specialmente quelli meno qualificati", ha affermato il segretario dell'OCSE General Ángel Gurría, presentando il rapporto a Parigi. "Sono necessarie misure politiche ben mirate e una più stretta collaborazione con le parti sociali per aiutare i lavoratori ad adattarsi e trarre vantaggio da un mondo del lavoro in rapida evoluzione, al fine di raggiungere una crescita inclusiva".
 
La bassa inflazione e il forte rallentamento della produttività hanno contribuito alla stagnazione dei salari e a un aumento dei posti di lavoro a bassa retribuzione. L'Outlook rileva un significativo peggioramento dei guadagni medi per i lavoratori part-time rispetto ai lavoratori a tempo pieno. Anche la diminuzione della copertura delle indennità di disoccupazione in molti paesi e il persistere della disoccupazione di lunga durata possono aver contribuito. Meno di una persona su tre in cerca di lavoro riceve in media i sussidi di disoccupazione in tutta l'OCSE, e la tendenza al ribasso a lungo termine della copertura dei sussidi è proseguita in molti paesi dopo la crisi.
 
Nuove evidenze in Outlook mostrano che sistemi di contrattazione collettiva coordinati, con parti sociali forti e autoregolate e organismi di mediazione efficaci, contribuiscono a livelli elevati di occupazione, a un ambiente di lavoro di migliore qualità, tra cui maggiori opportunità di formazione e maggiore capacità di recupero del mercato del lavoro a shock.
 
Per l’Italia in particolare, però, le cose vanno a rilento rispetto agli altri paesi Ocse.

Nei paesi OCSE, le condizioni del mercato del lavoro continuano a migliorare: nel primo trimestre del 2018 il tasso di occupazione è circa il 2% al di sopra il livello pre-crisi. Le previsioni sono per un ulteriore miglioramento nel 2018 e 2019. Tuttavia, la crescita dei salari reali su base annua (0.6% nel quarto trimestre 2017) è sorprendentemente bassa, quasi un punto percentuale sotto il trend pre-crisi per livelli simili di disoccupazione.
 


La situazione del mercato del lavoro in Italia è migliorata negli ultimi anni ma più lentamente che in altri paesi. L'occupazione in percentuale della popolazione tra i 15 e i 74 anni è aumentata di 2,3 punti percentuali dal livello più basso nel 2013; al 50,9%, è quasi tornata al livello pre-crisi (51%). Le proiezioni OCSE suggeriscono che la tendenza positiva continuerà nei prossimi due anni.

Il tasso di disoccupazione in Italia è sceso ma, all'11,2% nell'aprile 2018, rimane il terzo più alto tra i paesi dell'OCSE e 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008.

I salari reali sono scesi dell'1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017, rispetto a una media OCSE del +0,6% nello stesso periodo. La stagnazione della produttività e una percentuale significativa di lavoratori a basso reddito con contratti temporanei e/o part-time involontario contribuiscono a spiegare perché i salari reali in Italia scendano invece di risalire con la ripresa economica.

Gli indicatori di qualità e inclusività del mercato del lavoro mostrano un quadro variegato per i paesi OCSE. In media negli ultimi dieci anni si sono registrati miglioramenti con una riduzione del divario tra i redditi da lavoro, migliori prospettive per i gruppi svantaggiati e riduzione dello stress lavorativo. Tuttavia, il livello di insicurezza nel mercato del lavoro è ancora al di sopra dei livelli pre-crisi e la povertà è cresciuta tra la popolazione in età lavorativa.
 


La performance del mercato del lavoro italiano è al di sotto della media OCSE in tutti gli indicatori, tranne per quanto riguarda la qualità del reddito da lavoro.

Non sorprende che, dato l’ancora elevato tasso di disoccupazione e l’incidenza di contratti a termine, il livello d’insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito) sia il quarto più alto tra i paesi OCSE, dopo Grecia, Spagna e Turchia.

La povertà è aumentata: il 13,6% delle persone in età lavorativa vive in famiglie con un reddito inferiore al 50% del reddito medio. Erano il 10,7% nel 2006.

Il divario occupazionale per i gruppi svantaggiati, come madri con figli, giovani, lavoratori anziani, stranieri e persone con disabilità parziali, è il quarto più alto tra i paesi OCSE ma è sceso un po’ negli ultimi dieci anni. Il divario tra i redditi da lavoro di genere è anch’esso superiore alla media.

Ogni anno, tra l'1% e il 7% della forza lavoro dei paesi OCSE perde il posto di lavoro per ragioni economiche. In alcuni paesi questi lavoratori riescono a trovare un nuovo posto di lavoro molto più rapidamente che altrove, suggerendo che politiche ben mirate possono fare la differenza. In particolare, intervenire subito dopo la notifica e prima dell’effettivo licenziamento è cruciale per minimizzare il tempo di ricerca di un altro lavoro.
La creazione ell'Anpal (Agenzia nazionale politiche attive lavoro) è stata un passo importante, ma l'Italia deve continuare secondo l'Ocse a invetsire nelle politiche attive.

La priorità è assicurare uno stretto coordinamento con le regioni. Fornire ai centri per l’impiego personale adeguato e sviluppare strumenti di profilazione di chi cerca un lavoro è altrettanto importante per gestire un alto numero di persone in cerca di lavoro.



È, inoltre, necessario sviluppare una strategia d’intervento precoce per favorire il rapido reinserimento lavorativo. Chi perde il lavoro deve potersi registrare al centro per l’impiego appena ricevuta la notifica di licenziamento, anche prima della fine del contratto. Questa strategia sarà di più facile attuazione se l’erogazione del sussidio sarà legata all’avvenuta registrazione e a una ricerca attiva di un nuovo posto di lavoro.

I sussidi di disoccupazione sono uno degli strumenti principali per legare favorire un contatto tempestivo e continuativo dei disoccupati con i centri per l’impiego e il loro reinserimento lavorativo. Ma nella maggior parte dei paesi, meno di un disoccupato su tre li riceve. Nella prima fase della crisi alcuni paesi hanno reso l’accesso ai sussidi più facile e ne hanno esteso la durata. Tuttavia, nei paesi OCSE, il numero dei beneficiari continua a scendere seguendo il trend già in corso prima della crisi.

In Italia meno di un disoccupato su 10 riceveva il sussidio di disoccupazione nel 2016, una delle percentuali più basse tra i paesi UE. Ciò deriva dalla combinazione di un’alta percentuale di disoccupati di lungo periodo e di una durata massima del sussidio relativamente bassa.

La percentuale di disoccupati coperti dal sussidio, però, dovrebbe migliorare con l’entrata a pieno regime della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nel Jobs Act.
 

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