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Giovedì 26 LUGLIO 2018
Perché mi sento “tradito” dal programma della Grillo

Con questo programma il ministro Grillo ha scelto la strada dell’ossimoro, cioè, da una parte si dichiara parte dì un “governo per il cambiamento”, dall’altra, cioè in sanità, rifiuta deliberatamente qualsiasi cambiamento riformatore, cioè, qualsiasi cosa seriamente candidata a produrre un cambiamento vero e duraturo

Come forse qualcuno di voi ricorderà, all’indomani del voto elettorale del 4 marzo, scrivevo su questo giornale due editoriali (QS 7/19 marzo 2018) con i quali “senza ipocrisie” mi dichiaravo contento per la sconfitta del PD perché pensavo, ma penso ancora adesso, che essa apriva di fatto “una possibilità di fare altre politiche sanitarie e forse financo una ‘quarta riforma’”.

Ieri ho seguito in streaming l’audizione del ministro Grillo in Parlamento, invitata a illustrare il suo programma politico (il punto 21 del programma di governo) e con grande delusione e financo amarezza e con addosso il disagio di sentirmi in qualche modo politicamente tradito, devo dire che questa possibilità non solo non l’ho vista ma l’ho vista scientemente e deliberatamente negata.
 
Il programma.
Con questo programma il ministro Grillo ha scelto la strada dell’ossimoro, cioè, da una parte si dichiara parte dì un “governo per il cambiamento”, dall’altra, cioè in sanità, rifiuta deliberatamente qualsiasi cambiamento riformatore, cioè, qualsiasi cosa seriamente candidata a produrre un cambiamento vero e duraturo. Secondo me, il programma pur contenendo come è ovvio molti spunti interessanti e molte buone intenzioni, riduce l’idea di cambiamento a qualcosa di banale, di troppo semplificato, di superficiale, quindi a qualcosa non solo destinato a non essere efficace ma con il rischio di essere nel tempo perfino dannoso alla stessa sanità pubblica. Non si tratta solo per ragioni di inesperienza, di “farla facile” ma quel che è peggio si tratta di chiudersi dentro un orizzonte di amministrazione dello status quo che è esattamente l’errore fatto in questi anni dal PD ma anche l’errore politico di un riformismo sanitario incompleto, parziale, approssimativo.
 
Per cui tutto quanto scritto e sostenuto a proposito di “pensiero debole” di “riformista che non c’è” vale in tutto e per tutto tanto per il PD che per il programma del ministro Grillo. Con questo programma, anche questo ministro, dal quale onestamente per ovvie ragioni logiche e non solo mi sarei aspettato qualcosa di più e di diverso, resta nell’ambito del “pensiero debole” della sanità e si propone esattamente, come chi l’ha preceduto, cioè “il riformista che non c’è” di turno.
 
Ciò che è inconcepibile non sarà mai possibile.
Per fortuna, vecchio del mestiere, negli articoli, che ho richiamato sopra, avevo adottato le mie brave clausole di salvaguardia, per cui scrivevo: “per non fare la figura dell’imbecille che viene giù dalla montagna con la piena chiarisco, ancora una volta, che dire che si è aperta la possibilità di fare altre politiche non significa che sia tutto facile”.
 
Il programma del ministro Grillo dimostra, senza tema di smentita, che riformare la sanità è difficile, che le idee di riforma non si trovano nell’orto sotto casa, che le idee di riforma non si costruiscono dalla mattina alla sera, e chi non sa riformare si difende da chi vuole riformare, negandolo, cioè negando la necessità primaria di cambiare nel tentativo di amministrare quello che c’è, e che il cambiamento è prima di ogni altra cosa non una questione di rapporto tra la realtà/possibilità ma è una questione di rapporto tra la realtà/concepibilità.
 
Se per il ministro Grillo è, come a me pare, inconcepibile avere una sanità “altra”, una medicina “altra”, un lavoro “altro”, una cura “altra”, un cittadino “altro”, dei servizi “altri” rispetto a quello che c’è , anche se quello che c’è cade a pezzi , allora per lei, non sarà mai possibile riformare un bel niente, al massimo si potrà permettere, come dimostra il suo programma, una “romanella” cioè di imbiancare la casa per appigionarla meglio.
 
Esattamente come è stato fatto sino ad ora. Solo che non è difficile prevedere come andrà a finire: non ha senso imbiancare la casa quando la casa cede nelle sue fondamenta, cioè quando i muri si crepano, e entra acqua dal tetto.
 
Il guaio, non per il ministro Grillo, ma per tutti noi è che la sanità senza seri interventi di riforma è destinata inevitabilmente a soccombere.
 
Cara il mio ministro Grillo, la “quarta riforma” non è un vezzo intellettuale di qualcuno o peggio una idea fissa campata per aria, cioè non è, come pensa lei, una teoria, ma è una necessità non rinviabile di questo sistema e che nasce da uno studio approfondito dei suoi problemi. Da essa dipende il futuro dei diritti, la qualità della vita della nostra popolazione, la sopravvivenza del nostro sistema universalistico, la possibilità di fare una nuova medicina, la possibilità di andare avanti senza essere costretti con le mutue a tornare in dietro.
 
Come si fa a giudicare un programma?
C’è solo un modo per giudicare un programma, valutare il suo grado di pertinenza nei confronti della realtà che si vuole governare. Un programma “in-pertinente” non solo è un programma inefficace ma dannoso. In sanità si ha l’abitudine di valutare solo gli effetti di quello che la politica   fa (leggi è quanto altro) ma mai di valutare gli effetti di quello che la politica non fa ma che dovrebbe fare.
 
I più grandi problemi del sistema e riconducibili a parole chiave come “sostenibilità” “sfiducia sociale” “crisi” ecc nascono più da quello che non si fa che da quello che si fa. Cioè nascono dalle grandi invarianze del sistema quelle che la politica, cascasse il mondo, per qualche ragione non mette mai in discussione. Compreso, da quel che par, il neo ministro Grillo.
 
Se assumiamo per esempio i problemi di questa società, i problemi del sistema, i problemi del lavoro, quelli della medicina, delle professioni, oltre naturalmente quelli finanziari, quali riferimenti della realtà, il programma proposto dal ministro Grillo tradisce un grado di pertinenza molto basso. Per esempio è vero che le liste di attesa sono un grande problema per la gente, per altro non di semplice soluzione come crede il ministro, (le consiglio di leggere la lettera al direttore di Elisabetta Canitano su QS del 23 luglio con la quale può comprendere la complessità che esiste dietro le liste di attesa) ma è altrettanto vero che il contenzioso legale e il fenomeno della medicina difensiva ci dicono che i più grandi problemi la gente ce l’ha   altrove, nei servizi, nei loro modelli anacronistici, nel genere di cura e di medicina che viene praticata, nella crisi delle professioni, nelle vecchie organizzazioni che non cambiano mai, ecc.
 
E’ vero che bisogna qualificare controllare e  valutare i direttori generali, per altro una cosa non nuova, già avviata dai precedenti governi, ma è altrettanto vero che in Campania per esempio i Dg hanno sempre lavorato in piano di rientro, cioè non hanno mai fatto per davvero i Dg, cioè che sui dg non si possono fare i ragionamenti del “castigamatti” usando il pugno duro senza prima decidere che azienda vogliamo perché quella che abbiamo è fallita, senza decidere quale governance, cioè senza sciogliere quel nodo che esiste, cara ministro Grillo dal 1992 , (anno di istituzione delle asl) e che è la definizione del rapporto tra gestione e politica. Fare il “mazzo” ai dg abituati ad attaccare l’asino dove vuole il padrone, è facile ma mettere fine al ‘regionismo’ (QS 23 luglio 2018) e affermare un vero regionalismo è molto più difficile di quello che si crede. Il ministro sulla situazione delle aziende non ha detto una sola parola.
 
Anche la questione del Riordino Agenzie nazionali ed Iss... Cosa molto giusta ma riordinare degli istituti centrali significa riordinare la funzione centrale dello Stato, ma come è possibile fare questo se non si mette fine agli effetti disastrosi del titolo V? Cioè se non si dice un bel No al “regionalismo differenziato” sul quale il ministro Grillo non ha detto una sola parola. Ma che oggi è il grande problema istituzionale per antonomasia.
 
Insomma, per non farla lunga, se dovessi confrontare il programma del ministro Grillo con i grandi problemi della gente, con le grandi crisi in atto nel sistema, che riguardano la medicina e le professioni  i servizi,  e se dovessi confrontare tale programma  con i  grandi problemi funzionali del sistema sanitario, (ospedali, territorio, medicina  convenzionata ecc)  e ancora se dovessi confrontare il programma con le cose che bisognerebbe fare da anni e non sono mai state fatte, viene fuori che il suo grado di pertinenza è bassissimo. Cioè è irreale.
 
Il programma è come se si appiattisse sulle tematiche di moda del momento (le violenze ai medici, per esempio, la trasparenza, ecc.) e nello stesso tempo è come se mettesse fuori moda tematiche ossessive del passato come l’appropriatezza, la sostenibilità, e un mucchio di altre cose. Il problema è che un programma non si decide in ragione delle mode ma in ragione dei problemi da risolvere.
 
Il post Pd
Personalmente dall’audizione, che ho seguito in diretta, sono stato colpito da molte cose:
l’assoluta inadeguatezza dei deputati e dei senatori  (unica eccezione Elena Carnevali del Pd) di valutare il programma come tale, la maggior parte di essi si sono limitati a trattare temi molto particolaristici quelli che a loro interessano personalmente, dai vaccini  alle malattie rare ecc. Per il Pd l’incapacità di valutare politicamente il programma del governo è una cosa grave mi chiedo su che base esso farà la sua opposizione a proposito di sanità al governo in carica,
 
- l’assoluta continuità tra il programma del ministro Grillo e le logiche delle politiche sin qui fatte sulla sanità dal Pd, nel senso che, come rilevato da Elena Carnevali, siamo al “se non è zuppa è pan bagnato” questo vale per i patti per la salute per gli stati generali per i criteri di allocazione e un mucchio di altre cose,
 
- il vecchio vizio di dire “tutto va bene ma solo se ci sono i soldi”, a parte il fatto che come ho detto prima  ci sono cose che non vanno bene con o senza soldi, tuttavia a mia volta accetto  il postulato posto soprattutto da Errani che senza soldi non si fa niente, ma  la sensazione che ho avuto è stata quella che ieri, non solo erano in pochi a credere che si possa andare effettivamente oltre il 6,5% del pil, ma che per fare tutto quello che ci ha proposto il ministro Grillo sia necessario almeno rimangiarci tutte le politiche di definanziamento di questi anni e attestarci almeno al 9% del pil.

Personalmente considero il programma del ministro Grillo un grande problema per i ministri economici e finanziari del governo che dovranno assegnare un mucchio di risorse alla sanità ma senza avere nessuna contropartita di riforma. Hai voglia dire che bisogna superare gli sprechi, oltre gli sprechi ci sono le anti-economie le grandi diseconomie sulle quali il programma non dice niente. Insomma il punto debole del programma è che oggi le riforme servono per fare soldi e i soldi servono per finanziare il Fsn.
 
Anche la questione delle diseguaglianze, ma davvero il ministro Grillo pensa di convincere le regioni del nord a costo zero a ridurre le loro quote capitarie in favore delle regioni del sud? Insomma rilancio lo slogan “riforme come soldi e soldi come riforme”. Il punto debole del programma è che la sua attuazione necessita di una crescita della spesa ma senza contropartite stabili e strutturali. Cioè non governa la natura incrementale della spesa sanitaria. Per quanto mi riguarda anche il governo Conte alla sanità darà la mollichella.
 
Sub-razionalizzazione
Con questo termine definisco la riproposizione attraverso il programma del ministro Grillo ma in forma minimalistica della logica della legge 229 che ricordo è quella del Pd più esattamente della Bindi molto condizionata al tempo dall’Emilia Romagna e più esattamente dall’assessore alla sanità che all’epoca era Giovanni Bissoni, oggi incomprensibilmente consulente del ministro Grillo. È anche colui che tra gli altri è uno dei principali autori del titolo V cioè di un clamoroso errore di riforma istituzionale, errore che ci ha causato un grado intollerabile di diseguaglianze.
 
È incomprensibile che il ministro Grillo dichiari di voler combattere le diseguaglianze e si prenda come consigliere chi con le sue decisioni politiche ha contribuito a creare diseguaglianze.
 
La cosa comune tra la 229 e il programma è il presupposto che lo status quo può essere migliorato, quindi tesi della manutenzione, ma non cambiato. La differenza è che mentre la 229 era una legge a scala di sistema e che puntava a riproporre il sistema in quanto tale, il programma del ministro Grillo è puntiforme, incoerente, nel senso che non definisce tutte le inter-connessioni che il programma implica, quindi concepito  a spot.
 
La sub razionalizzazione è una politica ampiamente inadeguata. A parte il fatto che con i tagli lineari e il definanziamento si è praticamente detto che liberare risorse dal sistema per esempio con la spending review non basta a garantirne la sostenibilità, cioè che la sfida è ridurre strutturalmente la ‘costosità’ del sistema, ma insistere a razionalizzare uno status quo regressivo, invecchiato, non adeguato ai bisogni sociali è una politica perdente perché è inevitabilmente a insostenibilità crescente
 
Qualche apprensione e un po’ di diffidenza.
Nell’audizione il ministro Grillo non ha minimamente fatto accenno alle mutue aziendali e al problema degli incentivi finanziari volti a sostituire quote crescenti di sanità pubblica con sanità privata, nel documento di programma (comma 21) c’è scritto che il sistema pubblico sarà pubblico e sarà finanziato “prevalentemente” con lo strumento fiscale, mi unisco ancora una volta a Elena Carnevali che ha posto lo stesso mio quesito: cosa vuol dire prevalentemente? Vi è per caso la possibilità di finanziare la sanità pubblica anche in altro modo e con altre forme?

Sulla regionalizzazione differenziata il ministro Grillo ripeto non ha detto una parola; questo cosa vuol dire che il suo mandato si ridurrà ad eseguire meccanicamente solo ciò che è scritto nel programma? Cioè tutto quello che per ovvi motivi esorbita dal programma non sarà preso in considerazione?
 
Di questo sono molto preoccupato perché, se il ministro Grillo si pone come una sorta di “impiegata del programma” e nulla di più, allora vuol dire che, ad esempio alcune spinte interessanti verso un pensiero riformatore che stanno maturando nel sistema, saranno ignorate. Ricordo la proposta di Trento di riforma della deontologia, la proposta della Cimo e dell’Anaao di ripensare le forme della contrattazione, ricordo la Fnmceo e gli stati generali programmati nel prossimo anno, ecc.
 
Il programma è completamente tagliato fuori da queste realtà in movimento Signor ministro, che facciamo adattiamo la realtà in movimento al suo discutibile programma o il programma, proprio perché discutibile, si adatta alla realtà in movimento?
 
Pongo con forza il problema politico di cambiare il programma perché quello propostoci è visibilmente inadeguato.
 
Ivan Cavicchi
 
NB. Questo articolo volutamente ha assunto un profilo ricognitivo complessivo sulla questione “programma” limitandosi ad una analisi sommaria dei problemi ma mi riservo, dopo le vacanze estive, di riprendere punto per punto le questioni e di trattarle come si deve. Non vedo nessuna ragione importante per mettere fine al mio impegno riformatore.

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