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Venerdì 03 AGOSTO 2018
Carenza medici specializzati. Grasselli (Fvm): “Emergenza cronica, proposta provocatoria”

Se il Mef non aumenta le risorse per le borse di studio per avere più specializzandi? Allora c’è solo una altra opzione possibile: con le stesse risorse occorre aumentare il numero delle borse di specializzazione. Come? Direte voi. Forse si potrebbe fare se, nel rispetto delle regole dell’UE, si riducessero gli anni dei corsi di specializzazione. Non si può fare? E allora per quale ragione invece si può fare lavorare nel Ssn uno specializzando come se fosse uno specialista?

Si è svolto ieri, 2 agosto, al Ministero della salute, in presenza della Ministra Grillo e del Coordinatore degli assessori alla sanità Saitta, un incontro con le Organizzazioni Sindacali dei medici, dei veterinari e dei sanitari per affrontare il problema delle carenze di specialisti nelle strutture del Ssn; la data stessa esprime tutta la criticità del problema.
 
Dopo un’interruzione durata due anni, la lodevole iniziativa del Ministro Grillo ha riaperto un tavolo di confronto che si era arenato per una serie di veti incrociati e di mancanza di risorse.

Il confronto sviluppatosi ha permesso di sottolineare che da almeno dieci anni si sta accumulando un ritardo nella programmazione del ricambio generazionale dei professionisti che si stanno avviando alla pensione in modo massiccio lasciando sguarniti interi reparti ospedalieri e servizi territoriali.
Il numero chiuso nelle facoltà mediche ha regolato il flusso dei nuovi medici in modo adeguato al fabbisogno nazionale, ma l’assenza di programmazione dei percorsi di specializzazione ha impedito a decine di migliaia di medici laureati e abilitati di accedere alle scuole di specializzazione e di ottenere i titoli indispensabili per operare nel Ssn.

In questo scenario grottesco si palesa la più ottusa incongruenza dello Stato che ha bisogno di nuovi medici specializzati, produce medici ma non li specializza, e non avendo specialisti a sufficienza chiude o raziona i servizi sanitari e aumenta di conseguenza le liste d’attesa a favore della sanità privata che, invece, può assoldare medici senza specializzazione e con trattamenti economici spesso umilianti.

La storia del nostro paese ci insegna che le grandi iniziative di riforma vengono adottate solo se il quadro è emergenziale. Così fu nel 1978 quando il governo di solidarietà nazionale, l'esecutivo monocolore DC guidato da Andreotti, grazie alla «non sfiducia» sopravvisse per tutta la legislatura con l'astensione di Pci, Psi, Psdi, Pri, resistendo nei mesi dell’assassinio di Moro ad una violenta aggressione della democrazia repubblicana e nel contempo fece nascere il Servizio sanitario nazionale. Il Governo del Contratto ha una maggioranza sufficiente per effettuare il cambiamento necessario e non più rimandabile.

L’Assessore Saitta dice amaramente che tutte le Regioni devono affrontare una situazione enormemente peggiorata rispetto al 2016 essendosi sbloccato il pensionamento di molti medici e sanitari che erano stati fermati dalla Legge Fornero.

Mese dopo mese le situazioni si aggravano e le decisioni in merito si fanno sempre più urgenti. Il Ministro della salute ha preannunciato interventi di decretazione d’urgenza.

Che cosa si sta preparando nel Governo ?

Proviamo a ragionare sulle ipotesi che sono state avanzate in merito, e sulle loro criticità.

Qualcuno propone di inserire immediatamente nei reparti carenti i medici specializzandi dell’ultimo anno di specializzazione. Ma per fare cosa? Se non sono specialisti non possono fare gli specialisti!

Ma se sono quasi specialisti non sono più solo studenti, ergo: non hanno più lo status di semplici specializzandi se debbono entrare in servizio attivo nel Ssn. Quindi dovranno essere considerati in un nuovo stato giuridico, ma certamente questo stato giuridico “nuovo” non può essere quello dei medici dipendenti.

Se uno specializzando può sopperire alla carenza di un dirigente, in primo luogo non è più solo “studente” ma essendo un medico abilitato alla professione sarà dotato di una particolare autonomia professionale, quindi non potrà più essere remunerato solo con una borsa da specializzando, anche solo per la quota di rischio professionale che si assume in prima persona e che da specializzando non doveva assumersi. E qui qualche costo nuovo forse compare all’orizzonte, anche solo per gli aspetti assicurativi.

Rischiamo forse che nel tempo questa soluzione tampone, rabberciata d’agosto, si trasformi in un percorso ciclico di “formazione attiva”? Abbiamo quindi inventato il “dirigente medico in formazione” che ha superato il concorso previsto dalla Costituzione all’atto dell’accesso alla scuola di specializzazione e può quindi essere inquadrato nei ruoli della dirigenza del Ssn a tempo indeterminato?

Ma quei medici che si specializzano in discipline che non sono carenti perché dovrebbero essere dotati di meno diritti e non avere paritariamente un percorso e una stabilizzazione simile?

Tutte queste acrobazie sono necessarie per un motivo molto semplice, che potrebbe avere soluzioni altrettanto semplici.

Proviamo a fare una provocazione.

Se mancano specialisti occorre farli, per farli occorrono più risorse, il MEF deve mettere in gioco le risorse necessarie per un numero adeguato di borse, quanto meno per evitare di aver finanziato la formazione di medici che senza uno sbocco in Italia regaleremmo ai paesi UE o alla sanità privata che fa concorrenza alle “aziende” del Ssn.

Tutto chiaro, si potrà poi discutere se anche gli IRCCSS e gli Ospedali di un certo livello di complessità e casistica potranno accogliere e formare nuovi specializzandi che verranno comunque “battezzati” dall’Università al termine dei percorsi.

Ma se il MEF non aumenta le risorse per le borse di studio per avere più specializzandi?
Allora c’è solo una altra opzione possibile: con le stesse risorse occorre aumentare il numero delle borse di specializzazione.
Come? Direte voi. Forse si potrebbe fare se, nel rispetto delle regole dell’UE, si riducessero gli anni dei corsi di specializzazione.

Se da 4 o 5 anni di durata si contenesse la formazione in 3 o 4 anni, si libererebbero ogni anno il 20-25 % di risorse utili per un equivalente incremento del numero di borse di specializzazione.

Se si possono modificare i percorsi formativi, si concentra la formazione e si riduce la durata dei corsi di specializzazione, si riduce il tempo per avere un prodotto finito, e contemporaneamente con le risorse liberate si aumenta il numero di borse per avere medici specializzati ogni anno.
Non si può fare? E allora per quale ragione invece si può fare lavorare nel Ssn uno specializzando come se fosse uno specialista? Ministro Grillo ci rifletta insieme al suo collega del MIUR!
 
Aldo Grasselli
Presidente FVM – Federazione Veterinari Medici e Dirigenti sanitari

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