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Venerdì 03 AGOSTO 2018
Federspecializzandi a Grillo: “Non siamo tappabuchi. Non si confonda il problema della formazione con quello della carenza medica”

Lettera della Federazione al Ministro della Salute dopo l’annuncio di una riforma e l’incontro di ieri con sindacati, Miur, Mef e Regioni. “Ci sono investimenti da fare sul lungo periodo, non si può ricorrere ad una contingenza emergenziale per utilizzare gli specializzandi come “tappabuchi”; non bisogna, cioè, far ricadere sugli specializzandi il peso di politiche scellerate e miopi degli ultimi anni”

“Esiste un problema “quantitativo” relativo alle borse di specializzazione, ben noto anche ai media, che ha raggiunto ormai un paradossale cortocircuito: le Regioni chiedono da anni un numero maggiore di specialisti (circa 8500), i contratti di formazione specialistica sono ampiamente insufficienti a coprire tali richieste (meno di 7000) e allo stesso tempo i candidati al concorso aumentato vertiginosamente (16.000 solo quest’anno)”. È quanto scrive Federspecializzandi in una lettera al Ministro della Salute, Giulia Grillo in merito alle recenti affermazioni di voler mettere mano ad una riforma della formazione medica.
 
“Non ci sono tante formule magiche per arginare il problema – scrive la Federazione - , occorre ridefinire i fabbisogni complessivi e programmare da subito con il MEF e le Regioni (in vista della prossima Legge di Bilancio) un rilevante investimento economico per i prossimi anni, in modo da risolvere progressivamente sia il problema del cosiddetto “imbuto formativo” nell’accesso al percorso di Specializzazione, tramite l’aumento delle borse, sia quello dell’accesso al mondo del lavoro, tramite lo sblocco dei turnover e l’aumento dei contratti per i neo-specialisti”.
 
Per Federspecializzandi “si può poi intervenire con alcuni pratici accorgimenti su alcune criticità legate all’imbuto formativo, come il recupero delle borse perse secondo quanto previsto dalla legge o il numero di candidati che ritentano il concorso, senza stravolgere il test di accesso nazionale, uno dei più importanti traguardi ottenuti nella formazione medica post-laurea”.
 
No a proposta Regioni per specializzandi nel Ssn. “Le chiediamo – scrivono -  inoltre di non porre sullo stesso piano la questione della formazione medica e quella sollevata da diverse Regioni relativa alla carenza di organico in alcuni servizi. Ci sono investimenti da fare sul lungo periodo, non si può ricorrere ad una contingenza emergenziale per utilizzare gli specializzandi come “tappabuchi”; non bisogna, cioè, far ricadere sugli specializzandi il peso di politiche scellerate e miopi degli ultimi anni che hanno reso la programmazione di medici non sostenibile e non all’altezza del nostro Paese”.
 
“Siamo certi – evidenziano - che saprà trovare delle soluzioni creando una sinergia tra le Regioni, senza ripiegare sui medici in formazione che, anche se all’ultimo anno del loro percorso, non sempre hanno le competenze per affrontare in autonomia le complessità di alcuni reparti critici, quali ad esempio le unità di Pronto Soccorso. Ne va della tutela dello specializzando e soprattutto della Salute dei cittadini. Non si tratta di retorica o di astratti ideali, ma di una concreta necessità: Lei si sentirebbe tranquilla nell’essere operata da un chirurgo senza le opportune certificazioni? Farebbe visitare un Suo parente da un neo specialista le cui competenze non sono state valutate e verificate secondo rigorosi criteri definiti a livello nazionale? Andrebbe in un Pronto Soccorso gestito da uno specializzando al 3° o 4° anno o addirittura da un neoabilitato (come qualcuno ha proposto), entrambi usciti da un sistema formativo che deve ancora essere profondamente riformato?”.
 
Ma per Federspecializzandi c’è anche un altro problema che è quello della qualità della formazione. “Se vogliamo modificare davvero la formazione dello specializzando – scrivono - utilizziamo realmente l’ampio reservoir delle reti formative, rivediamo in toto i percorsi formativi, strutturiamoli per competenze, revisioniamo le metodologie didattiche, descriviamo strumenti certificativi e garantiamo controlli capillari su tutte le Scuole d’Italia, in modo che un medico possa potersi formare da Nord a Sud secondo gli stessi standard. Un primo, perfettibile ma prezioso, passo avanti è stato fatto lo scorso anno con il Decreto Interministeriale 402/2017, che ha istituito i requisiti minimi assistenziali delle reti delle varie Scuole: ora occorre lavorare su quelli didattici e formativi. Sia chiaro, non si tratta di un processo che si concluderà nel breve periodo, ma un di progetto di ampio respiro sul quale dovranno lavorare di concerto Ministeri, Regioni, rappresentanze ed esperti di medical education”.

 “Siamo fortemente convinti – conclude la lettera - che ciò che in questo Paese potrebbe essere realmente rivoluzionario sia quindi una “rivoluzionaria tenacia” nel portare a compimento un disegno con quei provvedimenti, in primis relativi alle risorse, che chiediamo da sempre e che, essendo stati colpevolmente ignorati dalla politica per un decennio, ora sono diventati responsabili di “un’emergenza”. Il rischio, altrimenti, è di essere fedeli al vecchio adagio de “Il Gattopardo”, cambiando tutto per non cambiare niente”.

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