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Sabato 10 DICEMBRE 2011
Aterosclerosi. Rallentare la malattia è possibile, ingannando le cellule epiteliali

Un gruppo di ricerca della Cornell University ha scoperto il modo di rallentare la malattia che provoca un irrigidimento delle arterie, portando a infarto e altri problemi cardiaci. La ricerca, pubblicata su Science Translational Medicine, apre la strada al trattamento delle fasi preliminari della patologia.

Sono molte ancora le malattie di cui non si conosce esattamente la causa e dunque la cui cura risulta complicata. Una di queste è l’aterosclerosi, una malattia infiammatoria cronica delle arterie. Ma alcuni ricercatori della Cornell University hanno forse scoperto l’origine di questa patologia, modificando il comportamento di alcune delle cellule che si trovano nei vasi sanguigni. Lo studio, che potrebbe portare allo sviluppo di opzioni terapeutiche per le prime fasi della malattia, è stato pubblicato su Science Translational Medicine.
 
Dove agire? Secondo i ricercatori, la patologia si sviluppa quando sostanze grasse, come il colesterolo, si accumulano sulle pareti delle arterie, creando delle placche che induriscono i vasi sanguigni e che possono portare a problemi cardiaci e infarto. Invece di agire sull’irrigidimento provocato dall’accumulo di grassi, gli scienziati statunitensi hanno provato a ridurre gli effetti dell’aterosclerosi variando il comportamento delle cellule endoteliali dei vasi sanguigni, senza rendere effettivamente i vasi stessi più flessibili. In che modo? Semplicemente alleviando dall’esterno la risposta infiammatoria che si ha quando i vasi sanguigni si induriscono troppo e che è alla base della malattia. In questo modo, dunque, i ricercatori hanno ingannato le cellule endoteliali, portandole a “pensare” che i vasi non fossero più rigidi.
“Invece che trattare direttamente i vasi sanguigni malati, abbiamo provato ad agire sulla risposta delle cellule endoteliali a questo indurimento, sperando che questo ci potesse aiutare a curare l’aterosclerosi”, spiegano i ricercatori nello studio. “In alcuni casi lavorare direttamente sull’irrigidimento delle pareti dei vasi può essere la scelta migliore, perché in questo modo affatica meno il cuore e dunque ci sono meno rischi cardiaci. Tuttavia, una terapia che agisca anche sull’endotelio può avere dei lati positivi, come ad esempio la velocità”.
 
La terapia potrebbe essere utile, ad esempio, per le prime fasi della patologia. “Volevamo capire quale fosse il meccanismo che si innesca nell’aterosclerosi, per provare a fermarlo”, ha specificato Cynthia Reinhart-King, coordinatrice dello studio. “Abbiamo scoperto che agire direttamente sulle cellule epiteliali può rallentare la crescita delle placche che causano la malattia, anche se purtroppo non siamo in grado di recuperare le lesioni che la malattia ha già provocato”.

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