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Venerdì 07 SETTEMBRE 2018
Carenza Mmg. No al taglio di un anno di formazione



Gentile direttore,
mentre ad Astana ci si prepara a celebrare il quarantesimo anno dalla dichiarazione di Alma Ata (1978), che sostiene come le Cure Primarie ed il Medico di Medicina Generale/Medico di Famiglia siano fondamentali nei sistemi sanitari, è sorprendente leggere alcune proposte politiche che, al contrario, ne sminuiscono ruolo, importanza e competenze.
 
Difatti è recente l’ipotesi che la paventata carenza dei Medici di Famiglia, attori principali delle Cure Primarie, possa trovare una risoluzione attraverso la riduzione di un anno del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG), purché sia stato svolto un periodo di frequenza presso un ambulatorio di Medicina Generale riconosciuto dalle Università prima di iniziare il triennio, ovvero durante il corso di laurea (QS, 31 agosto - Carenza di medici. Fnomceo: “C’è sintonia con Ministero sulle possibili soluzioni”).
 
Tale periodo di frequenza*, essendo precedente all'ingresso nel CFSMG è affidato alle decisioni dei singoli atenei e potrebbe risultare assai disomogeneo sul territorio nazionale.
 
La sola frequenza in un ambulatorio di Medicina Generale non può sostituire aspetti didattici, organizzativi e logistici propri del CFSMG in particolar modo se effettuato prima del completamento degli studi. Anche qualora lo scopo fosse consentire la riduzione degli anni di Formazione Specifica per stanziare più borse di studio e diminuire la carenza di Medici di Famiglia, tale modalità ci sembra inappropriata e svilente la formazione stessa.
 
Affermiamo questo in ragione di svariate rilevazioni che hanno sondato come gli atenei abbiano introdotto la Medicina Generale nei corsi di laurea in modo disomogeneo: alcuni atenei dedicano qualche CFU, un tirocinio e un esame specifico; altri erogano solo qualche lezione frontale; altri ancora escludono completamente dal programma didattico la Medicina Generale, che in realtà è, da quando esiste, il percorso professionalizzante post-laurea più numeroso in assoluto.
 
La proposta di accorciare di un anno il CFSMG, reiterata più volte negli anni in varie declinazioni e da vari interpreti, cela al suo interno un assunto implicito: cioè che non serva una specifica formazione, finalizzata al raggiungimento di obiettivi ben definiti, con una durata ben determinata e contenuti specifici per fare il Medico di Famiglia.
 
Il Corso di Formazione Specifica presenta un’importante variabilità inter e intraregionale; le sue criticità, note da anni e mai organicamente affrontate, hanno sicuramente diminuito l’interesse dei giovani medici verso il corso stesso e verso la professione di Medico di Famiglia, ma non si può pensare di risolvere il problema delle carenze vocazionali e della pianta organica dei Medici di Medicina Generale riducendone ulteriormente la dignità e conseguentemente la qualità della formazione post-laurea. Mancheranno tantissimi Medici di Famiglia anche all’estero, ma nessuno si è sognato di proporre una riduzione degli anni di specialità della Scuola di Medicina di Famiglia
 
Ad oggi la carenza di professionisti che affligge il Nord è meno rilevante al Sud e al Centro, dove medici privi di formazione specifica, i cosiddetti “equipollenti”, iniziano a lavorare nell’ambito dell’assistenza primaria inviando banalmente una raccomandata in Regione per l’iscrizione in graduatoria; questo è il frutto di un meccanismo scellerato che permette di assegnare un ruolo fondamentale per il SSN, quello del Medico di Famiglia, a colleghi ormai prossimi al termine della loro carriera, non motivati di certo da una spinta vocazionale e carenti di una formazione adeguata.
 
Una formazione che meriterebbe di evolversi e di diventare una scuola di specializzazione a tutti gli effetti, di stampo universitario o erogata dal SSN. Quest’ultima puntualizzazione non è meramente orientata all’equiparazione letterale dei titoli, ma ad un’equiparazione sostanziale di diritti e doveri del medico in formazione ed al pieno riconoscimento di una professionalità troppo spesso svilita.
 
Condividiamo la considerazione sull’opportunità che l’assistenza primaria sia svolta dai Medici di Famiglia e non da altre figure che si reinventano medici delle cure primarie per mancanza di alternative; condividiamo pure la necessità urgente di una direzione ministeriale di una appropriata programmazione del quantitativo di Medici di Famiglia e di una proposta organica di cambiamento del modello organizzativo territoriale.
 
Per aumentare l’interesse dei giovani medici nei confronti della Medicina Generale e delle Cure Primarie, ridurre il numero di medici che abbandonano il nostro Paese per lavorare all’estero vanificando la spesa sostenuta per formarli, ma soprattutto per garantire un accesso equo alle cure ed una copertura a tutti i cittadini, senza dimenticare i più fragili e vulnerabilli, pensiamo sia necessario innalzare il livello qualitativo della formazione, non diminuirne la durata col rischio di svilirne l’efficacia.
 
Questa lettera, firmata a titolo personale da medici che credono fermamente nel valore e nella bellezza della professione del Medico di Medicina Generale, vuole contrapporsi fermamente ad un’apertura anacronistica a scorciatoie e sanatorie volte solo ad adeguare il numero dei Medici di Medicina Generale a scapito della loro qualità formativa e dunque professionale.
 
Valentina Andrei, Giuseppe Andrisani, Tommaso Barnini, Salvatore Caiazza,  Giovanni Calusi, Cosimo Capodarca, Stefano Celotto, Simone Cernesi, Francesco D’Angeli, Jacopo Demurtas, Sabrina, Gianazzetti, Eleonora Leoni, Charilaos Lygidakis, Marco Nardelli, Gabriella  Pesolillo, Elena Polato, Simone Quintana, Silvio Tuccillo, Giuseppe Tartaglione, Giorgio Tiranti, Leonardo Vaglio, Cristina Vito

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