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Mercoledì 03 OTTOBRE 2018
Eterologa. Donazione di oociti, si parla di diritto delle coppie ma mai dei rischi



Gentile Direttore,
vorrei rispondere alla consigliera regionale piemontese Stefania Batzella che con preoccupazione ricorda che i diritti di molte coppie sterili, quando necessitano di tecniche eterologhe, continuano a essere ignorati. Bisogna chiedersi le ragioni di tale situazione in Italia, dopo che una sentenza della Corte Costituzionale ha consentito le pratiche eterologhe, senza però permettere una ricompensa monetaria per tale donazione come effettuata in molti paesi all’estero.

Io ritengo che quando ci si interroga sui diritti sia necessario farlo prendendo in considerazione i diritti di tutti alla salute e in questo caso i diritti di tutti coloro che hanno un ruolo nelle procedure di ovodonazione, dunque i donatori/donatrici, le persone sterili e i bambini che nascono dalla donazione. I problemi sono più ampi di quelli comunemente noti e comprendono aspetti di salute sia fisica che psicologica di tutte le persone coinvolte.

Senza entrare qui nel merito di tutti i rischi di salute, è importante che a livello politico i decisori ne abbiano informazione ampia ed adeguata perché possano avere a disposizione gli elementi per valutare un equo rapporto rischi/benefici per tutti quanti e per la società in toto, esattamente come si fa per ogni altro aspetto della vita pubblica.

Per conoscere i rischi è fondamentale il monitoraggio a breve e lungo termine della salute di tutti i soggetti coinvolti (donatrici, riceventi, bambini), comprese le complicanze in gravidanza e gli eventi avversi. Il monitoraggio è oggi tanto essenziale che la massima società europea nel settore della fertilizzazione in vitro (ESHRE) nel 2014 ha emesso linee guida che richiedono, ad esempio, il monitoraggio dei bambini per almeno 25 anni dalla nascita, questo anche solo per la fertilizzazione in vitro semplice senza altre manipolazioni di oociti od embrioni (Provoost V e al., Hum Reprod. 2014; 29: 413-417).

Il problema di come avere oociti a disposizione è molto serio e variamente affrontato in tutto il mondo. Gli oociti vengono ottenuti dalle donne sottoposte a iperstimolazione ovarica in modo da avere molti oociti a disposizione, poi generalmente crioconservati.

In effetti in tutto il mondo a questo scopo le donatrici vengono ricompensate con pagamenti più o meno cospicui a seconda dei paesi e a seconda della qualità della donatrice (oociti di donne appartenenti ad alcune particolari etnie o di donne con migliori caratteristiche in USA vengono molto apprezzati).

Certamente la pratica del pagamento o dell’adeguato rimborso per il disagio e il tempo perso per la donazione all’estero viene considerata dagli operatori sanitari la migliore dal punto di vista della possibilità di avere oociti a disposizione, ma può mettere in atto una situazione di conflitto di interessi tra il medico del centro di PMA e le diverse pazienti, poiché si corre il rischio di sopravvalutare la necessità della ricevente (paziente n. 1) che è disposta a pagare e di sottovalutare il rischio di salute della donatrice (paziente n.2) che deve essere pagata dal centro stesso.

In Europa la situazione è diversa rispetto agli USA e le donatrici di paesi dell’Est sono donne che sono disposte a vendere oociti e quelli vendono per necessità economiche, mentre in Spagna si tratta in genere di ragazze di 25 anni di età media, generalmente studentesse che si pagano gli studi (900 € a donazione di 15 oociti circa) (Ahuja KK e al., Reprod Biomed Online 2015;30:447-450).

In Inghilterra la donazione avviene generalmente sotto la forma dell’”egg sharing” (una donna che si sottopone per sua necessità a fertilizzazione in vitro può donare oociti dietro uno sconto almeno 750 sterline sul suo trattamento, con il rischio emotivo che rimanga gravida la ricevente e non la donatrice stessa e con la necessità di una stimolazione ormonale più pesante di quella per lei necessaria. Questo ha comportato una carenza di donatrici In Inghilterra, ma è stata la conseguenza di un monitoraggio degli esiti a breve sulle donne donatrici.

In Inghilterra il ricorso privilegiato all’egg sharing è avvenuto dal 2005 dopo la morte di 5 giovani donne, verosimilmente donatrici per necessità economiche, e da allora si è ritenuto poco etico mettere a rischio la vita di giovani donne (Spar D. New Engl J Med 2007; 356:1289-1291). Inoltre in Inghilterra non è previsto l’anonimato per le donatrici, quindi sovente le donne inglesi si recano in Spagna.

In ogni modo in tutto il mondo non vi è registrazione e monitoraggio della salute delle donatrici sul breve e lungo termine e non vi è chiarezza se nei consensi informati che le donne donatrici dovrebbero firmare vi sia indicazione dei rischi di salute che eventualmente corrono, proprio perché non vi è stato adeguato monitoraggio.  

Acquisire oociti all’estero rende molto difficile avere chiarezza su questi aspetti, eventualmente con risvolti legali, e solleva dubbi di sfruttamento delle donne più  povere.  Queste considerazioni devono fare parte delle decisioni politiche sul tema in questione data l’implicazione sulla salute a lungo termine dei soggetti coinvolti.

Una soluzione che taluni intravedono sarebbe incoraggiare le giovani donne a mettere da parte i propri oociti per poterli usare in caso di necessità più tardi (social freezing). Una tale pratica consentirebbe di accumulare nel giro di un decennio (prima dovrebbero essere a disposizione di chi li dona) abbastanza oociti per colmare ogni difficoltà di reperimento per altre donne. Tale pratica è molto discussa sempre per motivi di analisi di costi/benefici anche in USA, dove i costi hanno grande rilevanza e dove pure è di moda, perché non ne sono noti i rischi, anche tumorali su chi la praticasse, dato che come la donazione di oociti richiede una o più stimolazioni ovariche certamente non lievi.

Il rischio non noto mette d’accordo sulla necessità di allestire un registro delle donatrici, come pure di chi ricorre al social freezing, al fine di un loro monitoraggio a lungo termine sia chi è preoccupato per i rischi e sia chi lo non lo è (Schneider J e al., 2017 ; Fauser BCJM e Garcia Velasco J., 2017).  

Le affermazioni che ho fatto in tale lettera sono tratte dalla letteratura scientifica sull’argomento, anche se non sono a disposizione del grande pubblico.

Ritengo che sia sempre necessario in campo di salute pubblica poter con tutte le informazioni a disposizione bilanciare i rischi di salute di tutti i soggetti coinvolti, in questo caso riceventi, donatrici e bambini, considerando tutti i soggetti coinvolti egualmente bisognosi di adeguate tutele di salute.

La Corte Costituzionale, facendo il suo bilancio di tali rischi, ha ritenuto etico che la donazione non fosse ricompensata, altrimenti non sarebbe stata una donazione e avrebbe dovuto essere definita compravendita, si è dunque espressa con prudenza, la stessa prudenza richiesta ai medici e ai responsabili della sanità pubblica.

Non posso offrire soluzioni semplici al problema, ma ritengo che si tratti di un problema di salute pubblica con implicazioni troppo serie sul lungo termine per essere affrontato senza conoscenza, per quanto possibile, delle stesse.
 
Clementina Peris
Già Responsabile Struttura Semplice di Ginecologia Endocrinologica dell'ospedale S. Anna di Torino

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