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Venerdì 12 OTTOBRE 2018
Testamento biologico. Case di cura cattoliche: “No all’accanimento terapeutico, sì ad alimentazione e idratazione artificiali”

"Rimandiamo a quello che ha detto Papa Francesco citando il Catechismo della Chiesa cattolica, dunque no all'accanimento terapeutico, ma restiamo convinti che lasciar morire di fame o sete una persona apre le porte all'eutanasia". Questa la posizione presa in una nota dall'Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari sulle Dat. 

No all'accanimento terapeutico, ma lasciar morire di fame o sete una persona apre le porte all'eutanasia. Così l'Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari prende posizione su testamento biologico e Dat. 
 
"Da sempre più parti ci viene chiesto cosa faranno le strutture sanitarie della Chiesa di fronte ad una richiesta di applicazione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, le ormai famose Dat divenute legge dello Stato. Qualche 'Solone' di turno già nei giorni in cui era viva la discussione parlamentare sulla proposta di legge si arrogò il diritto di rispondere per noi. 'Nel Vangelo - disse un deputato il cui nome non citiamo per pudore – c’è scritto che Gesù ha detto ‘Date a Cesare quel che è di Cesare’ intendendo con ciò sostenere l’obbligo a sottostare alle legge dello Stato anche da parte delle opere di Chiesa. Certamente siamo convinti di dover rispettare le leggi dello Stato a patto però che quel versetto del Vangelo citato per far valere le proprie ragioni fosse citato per intero - cioè con la prosecuzione della risposta di Gesù ai Farisei che volevano tendergli un tranello: '… e a Dio quel che è di Dio' – e parimenti accettato, come di solito si usa in una comunità che si dice democratica", spiega in una nota l'Aris.
 
"Quanto alla posizione delle strutture associate all’Aris sulle Dat rimandiamo a quello che ha detto Papa Francesco citando il Catechismo della Chiesa cattolica e dunque siamo contro l’accanimento terapeutico ma a favore di alimentazione e idratazione artificiali, almeno sino a quando non dovessero procurare – ma dovrebbe essere clinicamente accertato - ulteriori e inutili sofferenze. Restiamo convinti che lasciar morire di fame o sete una persona piuttosto che per il corso naturale della sua malattia sia come aprire le porte all’eutanasia", conclude l'Associazione. 

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