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Martedì 16 OTTOBRE 2018
Gravidanza. Ancora troppi parti cesarei nel mondo

The Lancet ha pubblicato una ricerca che ha fatto il punto sul ricorso al parto cesareo nel mondo. Tra il 2000 e il 2015 la percentuale di questi parti è passata dal 12% al 21%. La Repubblica Dominicana è la nazione in cui si registra l’incidenza più alta: 58,1%

(Reuters Health) – La percentuale di parti cesarei nel mondo è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015, passando dal 12% al 21%, con una crescita del 3,7% all’anno.
È quanto emerge da una ricerca pubblicata da The Lancet. Il lavoro ha riscontrato che il 60% dei Paesi fa un uso eccessivo di questo intervento chirurgico, mentre il 25% vi ricorre troppo poco.
 
I dati
. In almeno 15 Paesi, oltre il 40% di tutti i bambini vengono fatti nascere con parto cesareo. Il tasso più elevato, del 58,1%, è stato registrato nella Repubblica Dominicana. Gli esperti stimano che tra il 10% e il 15% dei parti richiedano un cesareo a causa di complicazioni come sanguinamento, distress fetale, ipertensione o posizione anomala del neonato.
 
“Il grande  aumento dei parti cesarei – soprattutto negli ambienti più ricchi per motivi non medici – preoccupa per i rischi che corrono donne e bambini”, dice Marleen Temmerman, esperta della Aga Khan University in Kenya e della Ghent University in Belgio, coautrice dello studio.
Il cesareo continua ad essere eccessivamente utilizzato in Nord America, Europa occidentale, America Latina e Caraibi, dove i tassi sono saliti del 2% all’anno tra il 2000 e il 2015, raggiungendo rispettivamente il 32%, il 27% e oltre il 44%.

Secondo gli autori dello studio è importante che le donne e i professionisti sanitari comprendano i “piccoli ma seri rischi” associati alla procedura e garantiscano il suo utilizzo solo in caso di necessità.

I parti cesarei hanno un decorso più complicato per la madre e portano alla cicatrizzazione dell’utero, associata a sanguinamento, sviluppo anomalo della placenta, gravidanza ectopica, parto pretermine e parto di neonato morto nelle successive gravidanze.

Fonte: The Lancet, online 2018

 
Kate Kelland
 

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Nutri&Previeni)

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