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Sabato 20 OTTOBRE 2018
Cronicità. Le “Comunità di Pratica” come modello d’avanguardia per la presa in carico complessa

Le Comunità di Pratica possono essere definite come un luogo in cui le persone che condividono un interesse comune, un set di problemi o una passione rispetto ad un certo argomento, approfondiscono la conoscenza e la comprensione di questi aspetti attraverso l’interazione e l’impegno reciproco. Inoltre ogni Comunità di Pratica si struttura e personalizza trovando la propria definizione nella personale modalità di funzionamento

L’Azienda Sanitaria Locale di Rieti ha avviato un profondo cambiamento in termini di appropriatezza ed efficacia delle cure, queste sempre più centrate sullo sviluppo processi decisionali che vedono il paziente protagonista dei percorsi assistenziali. Lo scopo del cambiamento è quello di generare valore, certezza di operare risposte sociali e sanitarie adeguate e personalizzate rivolte ai cittadini (1).

A tal riguardo un’attenzione specifica è stata posta al Piano Aziendale delle Cronicità 2018-2020 presentato da questa Azienda Sanitaria, che può essere considerato “uno strumento di governance multidisciplinare e multiprofessionale costruito attraverso l’interrelazione di tutti i componenti delle filiere assistenziali esaltando il carattere multisetting ed il valore del contributo di ognuno nella chiarezza dei ruoli e delle responsabilità” (2).

Il Piano Aziendale citato, oltre a contenere un attenzione particolare alla Medicina Narrativa (3), quale strumento di umanizzazione e presa in carico dei significati del vissuto del paziente riguardo la sua malattia, centra, un focus sulle Comunità di Pratica, come modello inclusivo e partecipativo caratterizzato da un obiettivo comune ove i componenti sono strettamente interconnessi fra loro e i loro rapporti caratterizzati da una forte reciprocità (4).

Alla luce di quanto emerso, si vuole rappresentare la buona prassi della Comunità di Pratica come modello d’avanguardia per la presa in carico complessa delle cronicità.

È di piena evidenza che la cronicità ha le stesse variabili significative di un sistema complesso eguale necessità di una visione olistica d’intervento che tenga conto dei bisogni Biologici, Sociali e Psicologici del paziente. A tal riguardo e al fine di rispondere adeguatamente alla complessità multifattoriale, bisogna utilizzare modelli costo-efficacia e attivare politiche adattive centrate sulla persona, rendendo possibile dare risposte di qualità, sicure ed economicamente sostenibili.

La presa in carico deve tener conto, quindi, del fatto che la complessità di un sistema è caratterizzato da uno “stream” in cui le interconnessioni delle variabili risultano essere imprevedibili e dove ci si accorge che il nostro “caro” senso compiuto, derivante da deduzioni logiche, ha scarsa efficacia per fronteggiare la complessità sistemica di cui l’individuo è portatore. Le fondamenta di attuazione di tale logica vanno ricercate in un sistema di governance di tipo collaborativo, inteso nella sua azione cooperante, e quindi distinto dal classico modello gerarchico, in quanto caratterizzato da un alto grado di cooperazione all’interno di reti istituzionali e organizzative integrate. In tal senso il governo clinico, è inteso nell’attuazione di un sistema complesso e cooperante attraverso il quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili per il miglioramento continuo dei loro servizi e garantiscono elevati standard di performance assistenziale. Stream necessario per fronteggiare la cronicità e raggiungere lo stato di salute possibile del paziente (6).

Quanto detto in termini di attuazione operativa si declina nei seguenti livelli:
•    Attraverso i setting: continuità assistenziale per i pazienti che passano da un contestoa d una altro;
•    Attraverso la persona: continuità attraverso il team assistenziale multidisciplinare , popolazioni e le relative condizioni;
•    Attraverso i dati: continuità ed analisi olistica di tutti i tipi di dati e informazioni;
•    Attraverso il tempo, continuità, engagmenat proattivo per tutto l’arco della vita di una persona.

E’ chiaro che tali output operativi hanno carattere di implementazione longitudinale e prevedono azioni di sistema integrate tra il comparto sociale e sanitario, azione che questa ASL ha posto come obiettivo strategico in grado di differenziare sempre più bisogni semplici e bisogni complessi e fornire, come detto, risposte dove il carattere semantico è connotato da una forte qualità dell’intervento.

Le Comunità di Pratica poggiano sulle basi di un'altra nozione cioè quella d’identità. Come emerge dalla letteratura e come emerge dalla partica di cura quotidiana la cronicità è nella maggior parte dei casi connotata da pluri-patologia. Tale stato oltre ad avere delle complicanze sul piano organico ha delle ricadute notevoli sul piano sociale e psicologico in termini di identità. La persona perde il suo senso unitario e nei casi più gravi diviene il sistema malattia di cui è affetto. A tal riguardo, il nucleo profondo intaccato è l’immagine di sé. “Un’ immagine ferita, sofferente che da luogo a una visione del mondo dove la percezione individuale, le relazioni interpersonali e di rapporto con i luoghi e l’ambiente, il nostro modificare gli eventi ed essere modificati è estromessa” (7). “Il processo che consente di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla dallo stato di identificazione proiettiva con la propria malattia” (8), viene meno con il risultato critico di una non aderenza al piano delle cure ed un aggravamento della prognosi.

La Comunità di Pratica col suo senso epistemologico, permette ed offre intrinsecamente la possibilità di far fronte a tali variabili di disturbo dal carattere significativo. Affinché ci sia una appropriata aderenza alla cura, il curante deve essere modello specifico per consentire al paziente di attivare per rispecchiamento una funzione psicologica intrapsichica somigliante, come ponte per elargire le risorse necessarie atte a fronteggiare lo stato di cronicità e raggiungere lo stato di salute possibile. Tale ultima riflessione applicata al senso epistemologico di Comunità offre l’ unitarietà della cura e quindi l’attivazione di più funzioni psicologiche capaci di stimolare comportamenti di coping. Il paziente non è più solo ad affrontare la sua malattia, ma anzi ha al suo fianco un’intera Comunità dove viene considerato persona e non solo malattia.

Le Comunità di Pratica possono essere definite come un luogo in cui le persone che condividono un interesse comune, un set di problemi o una passione rispetto ad un certo argomento, approfondiscono la conoscenza e la comprensione di questi aspetti attraverso l’interazione e l’impegno reciproco (9).

Inoltre ogni Comunità di Pratica si struttura e personalizza trovando la propria definizione nella personale modalità di funzionamento(10).

Chiariti questi concetti fondamentali la ASL di Rieti per facilitare la trasferibilità delle esperienze e dei modelli organizzativi dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali all’interno delle filiere assistenziali integrate generate fra tutti i soggetti in esse operanti deve tendere alla promozione e costituzione di Comunità di Pratica secondo un modello inclusivo e partecipativo in un approccio bottom up sulla base del quale:
•    I gruppi sono strettamente connessi all'interno dell'organizzazione di appartenenza;
•    I componenti della Comunità di Pratica s'incontrano;
•    Esiste una forte reciprocità tra i partecipanti alla Comunità di Pratica;
•    Si realizza un flusso di conoscenze diretto, sia implicito che esplicito, tra gruppi differenti della stessa organizzazione.

Nello specifico le dinamiche di interazione delle Comunità di Pratica sono riassumibili in quattro fasi essenziali:

•    La comunicazione – fase in cui ci si scambia domande e risposte supportandosi reciprocamente nel lavoro quotidiano, solitamente ci si trova nello stesso ambito professionale con una certa eterogeneità del livello di esperienza. In questa fase iniziale si sviluppa un senso di “aiuto reciproco” nel breve periodo.

•    La condivisione – fase in cui si hanno interessi comuni (ad es: problema di salute specifico) per i quali si hanno risorse comuni alle quali far riferimento per risolvere ciascuno i propri problemi, interagendo con persone che provengono da ambiti disciplinari simili si migliora la formazione personale. In questa fase si sviluppa l’ “apprendimento individuale” nel lungo periodo.

•    La collaborazione – fase in cui si ha un problema comune da risolvere separatamente (ad es: creare PDTA, percorsi integrati), ma avvalendosi del supporto reciproco, solitamente si è tutti attori dello stesso processo e la finalità̀ è quella di migliorare continuamente le prestazioni del processo. In questa fase si sviluppa il “supporto ai processi” aziendali nel breve periodo.

•    La cooperazione – fase in cui si lavora per produrre un unico “prodotto” (che può identificarsi in un prodotto, un servizio, un progetto, ecc.) e il risultato dovrà essere il migliore da ogni punto di vista scartando le proposte inadeguate, così facendo si sviluppano le capacità innovative dell’impresa. In questa fase si sviluppa l’”apprendimento organizzativo” nel lungo periodo (11).

La ASL di Rieti individua nei Distretti Sanitari i luoghi delle Comunità di Pratica che avranno la funzione di definire i piani di gestione della cronicità/fragilità avviando modelli di clustering della popolazione, condividendo/implementando i percorsi clinico-assistenziali specifici, organizzando gli accessi tramite i Punti Unici di Accesso, monitorando le attività verso la popolazione fragile e cronica nel tempo.

Le Comunità di Pratica vedranno la partecipazione dei MMG, PLS, Medici Specialisti Ospedale/Territorio, Specialisti della fragilità (Fisiatri e Geriatri), ADI, UVMD ed équipe itineranti, comunità protette, i referenti dei servizi di dimissioni ospedaliere, Assistenti sociali e Psicologi della ASL e dei Distretti Sociali/Ambiti territoriali, rappresentanti delle Associazioni dei malati. Ruolo del Management (Direttori dei Distretti Sanitari e del Presidio Ospedaliero, gli altri Dirigenti delle strutture aziendali, Formazione, Controllo di Gestione, Farmacisti, e servizi informatici, etc), sarà quella di incoraggiare, supportare, incentivare e indirizzare la Comunità di Pratica verso il raggiungimento degli obiettivi aziendali, stimolando la creazione di un senso di appartenenza, facilitando la comunicazione e la condivisione di informazioni e conoscenze, incoraggiando l’utilizzo della tecnologia a disposizione per la comunicazione e agendo in collaborazione con i servizi degli Enti Locali per una piena integrazione multidisciplinare finalizzata alla attuazione del Piano delle Cronicità (12).

Marinella D’Innocenzo
Direttore Generale ASL Rieti.

Veronica Piras
Assistente Sociale Gruppo di Coordinamento Obiettivi di Piano Gestione delle Cronicità per l’ASL di Rieti.

Umberto Mauro Salvatore Caraccia
Psicologo Gruppo di Coordinamento Obiettivi di Piano Processi di Umanizzazione delle Cure per l’ASL di Rieti


Bibliografia
1)    Jani, M. Gray, Promoting triple value healthcare in countries with universal healthcare, Canada, pp. 1-8;
2)    Piano Aziendale Cronicità ASL Rieti, 2018 -2020, p.43;
3)    Ibidem, p. 28
4)    Ibidem, p. 44;
5)    S. Mariantoni, Identità sociale e sistema sociale complesso nei contesti di emergenza e post-emergenza: esperienze attive di un’istituzione resiliente. VI Comunità Montana Del Velino: prove di assestamento di un’istituzione resiliente. A cura di S. Mariantoni, A. Vaccarelli, Individui, Comunità e Istituzioni in Emergenza, Edizioni Franco Angeli Milano, 2018, p.78;
6)    M., D’Innocenzo, Resilinet clinic governance. Esperienze di governo clinico resiliente per una risposta di salute efficace: nuovi modelli proattivi di assistenza e di erogazione delle prestazioni sanitarie nella valle del velino dopo il sisma 2016. A cura di S. Mariantoni, A. Vaccarelli, Individui, Comunità e Istituzioni in Emergenza, Edizioni Franco Angeli Milano 2018, p.103;
7)    U. Caraccia, F. Scappa Dal trauma alla trama. Seta: strategie di elaborazione del trauma attraverso le arti performative A cura di S. Mariantoni A. Vaccarelli, Individui Comunità e Istituzioni in Emergenza, Edizioni Franco Angeli Milano, 2018, p. 333;
8)    C. Ottawa, 1986, For Healt Promotion, WHO_HPR_HEP_95.1.WHO, Geneva, p.113;
9)     Wenger E. Communities of practice: learning, meaning and identity, Cambridge University Press, New York 1998; tr. it. Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Raffaello Cortina, Milano 2006;
M. Tomassini “Comunità di pratica e reti professionali” Presentazione di una metodologia di autovalutazione dell’apprendimento organizzativo applicata al sistema sanitario dell’Emilia-Romagna;
10)     E. Wenger, Intervento durante il convegno: Promuovere E Sviluppare Comunità Di Pratica E Di Apprendimento Nelle Organizzazioni Sanitarie Nuove prospettive per la Formazione Continua in Sanità, 29-30 OTTOBRE 2009 Azienda Sanitaria Locale TO 3 e dall’Azienda Sanitaria Locale BI- Il presente documento è scaricabile dal sito: www.aslbi.piemonte.it , pp.242-294;
11)     Piano Aziendale Cronicità ASL Rieti, 2018 -2020, pp.44;
12)    Ibidem , 45.

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