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Giovedì 22 DICEMBRE 2011
Protesi Pip. Balduzzi: “Nessun allarmismo, ma le donne che le hanno impiantate contattino i medici” 

Non ci sono prove di maggior rischio di cancerogenicità, ma più alte probabilità di rottura e di reazioni infiammatorie. Anche i centri che hanno eseguito impianti al seno utilizzando le protesi bandite in Italia già dal 1° aprile 2010, si devono fare parte attiva nel contattare le pazienti.

Nessun allarme né preoccupazione per le protesi mammarie di tipo Pip impiantate in Italia. Per queste protesi non esistono prove di maggior rischio di cancerogenicità, ma sono state evidenziate maggiori probabilità di rottura e di reazioni infiammatorie.  Tuttavia le donne che hanno subito un impianto con questi dispositivi sono invitate a discuterne con il proprio chirurgo. Allo stesso modo, si chiede ai centri dove sono stati eseguiti gli impianti di contattare le pazienti interessate.
È questo il verdetto sulle famigerate “protesi low coast” arrivato al termine della riunione del Consiglio superiore di sanità convocato d’urgenza per discutere la questione alla luce dell’ennesimo allarme lanciato dalle autorità francesi.
 
“Sulla base delle primissime informazioni - ha spiegato oggi il ministro della Salute Renato Balduzzi - che abbiamo, non esiste alcuna situazione di preoccupazione. Sono in contatto con il mio collega francese, e la Francia ha annunciato che entro questa settimana verrà definito ufficialmente un piano degli interventi e delle azioni necessarie. Qualora dovessero arrivare ulteriori e nuove informazioni le valuteremo”.
 
Getta quindi acqua sul fuoco il ministro, corroborato anche dal parere "lampo" espresso dal Consiglio superiore di Sanità che in cinque punti ha definito il quadro della situazione. Si parte dalla constatazione che, secondo le indagini francesi, "le protesi Pip sono composte da materiale non corrispondente agli standard internazionali". Protesi peraltro ritirate dal commercio il 1° aprile 2010 e sulle quali non esistono prove di maggior rischio di cancerogenicità: sono state evidenziate infatti maggiori probabilità di rottura e reazioni infiammatorie. Alla luce di questo "le donne che hanno subito un impianto di protesi mammarie Pip sono invitate a discutere della loro situazione con il proprio chirurgo". Anche i centri dove sono stati eseguiti impianti con protesi Pip dovranno "essere parte attiva nel contattare le pazienti". In ogni modo "il Sistema sanitario nazionale si farà carico degli interventi medico/chirurgici laddove vi sia un’indicazione clinica specifica".

La preoccupazione per  gli impianti mammari Pip, vere e proprie protesi low coast con costi estremamente più bassi rispetto alla media dei dispositivi medici della stesso tipo, è nata in Francia dopo il verificarsi di un tasso di rottura degli impianti doppio rispetto alla media: su circa 30mila impianti, mille hanno subito la rottura del silicone. Più esattamente - secondo i dati dell’Agenzia francese dispositivi medici (Afssaps) riportati nel parere Css - in Francia si sono verificati ad oggi 1.051 casi di rottura delle protesi, 386 reazioni infiammatorie, 523 espianti preventivi ed 8 casi di cancro mammario. In Italia, dal 2005 ad oggi, rende noto il Css, si registrano 24 casi di rottura di protesi Pip.

"Per esse è stata accertata solo “la genotossicità e un particolare potere irritante - ha precisato Enrico Garaci, presidente del Css - ma non risultano in Italia episodi cangerogeni". E secondo le prime stime, effettuate "sulla base di quello che ha riferito alle autorità francesi la ditta produttrice", ha spiegato ancora Garaci, sarebbero tra le 4mila e le 5mila le donne che hanno utilizzato le protesi Pip in Italia.

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