quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 24 OTTOBRE 2018
Rischio affossamento della ricerca pubblica biomedica in Italia



Gentile Direttore,
vogliamo porre alla sua attenzione la situazione paradossale in cui si troveranno a breve parecchie centinaia di ricercatori e personale di supporto alla ricerca altamente specializzati e responsabili della ricerca clinica traslazionale e della sorveglianza epidemiologica negli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) e negli IZS (Istituti Zooprofilattici Sperimentali) pubblici Italiani.

A seguito della Riforma Madia (DL 74-75/2017) che giustamente vieta l’utilizzo reiterato dei contratti flessibili nella pubblica amministrazione, nella legge di Bilancio 2018 (205/2017, art 1 commi 421-434), è stata approvata la norma nota come “Piramide del Ricercatore”, nata con l’intento di disciplinare i contratti di lavoro e regolamentare la figura del ricercatore all’interno degli IRCCS ed IZS tramite la creazione di un settore della Ricerca nel CCNL Sanità.

Nonostante la norma sia affetta da alcuni limiti abbastanza oggettivi - il solo inquadramento a comparto, l’impossibilità di accedere ai ruoli dirigenziali, la mancanza di fondi strutturali - questa riforma è stata considerata dalla maggior parte dei ricercatori come un primo passo contro l’utilizzo improprio dei contratti di lavoro flessibile perpetrato da anni. Infatti, per la prima volta dall’Istituzione degli IRCCS/IZS pubblici, verrebbe finalmente riconosciuta la figura professionale del Ricercatore in Sanità.

A questo iniziale processo di regolamentazione (non si tratta di “stabilizzazione”, bensì di contratti comunque a tempo determinato di 5+5 anni), avrebbe accesso “il personale in servizio presso gli Istituti alla data del 31 dicembre 2017, con rapporti di lavoro flessibile instaurati a seguito di apposita procedura selettiva pubblica, che abbia maturato un'anzianità di servizio di almeno tre anni negli ultimi cinque” (cit. comma 432).

Gli Istituti stanno conteggiando in modo restrittivo e non univoco quale porzione di precari abbia il diritto di accedere direttamente alla nuova forma contrattuale. In particolare, i ricercatori che per anni sono stati pagati tramite borse di studio/ricerca sono stati esclusi in quanto le borse di studio non rappresentano formalmente un rapporto di lavoro flessibile. Questo, nonostante i borsisti abbiano gli stessi anni di anzianità e le stesse mansioni dei colleghi ricercatori precari impiegati con rapporti di lavoro flessibili, quali Co.Co.Co, P.IVA e tempi determinati. Vogliamo ricordare che fra gli “esclusi” si annoverano, inoltre, tutti quei ricercatori che per anni hanno svolto la loro attività di ricerca presso un IRCCS o un IZS, contribuendo a far accrescere il valore, l’impatto scientifico e quindi l’attribuzione del carattere scientifico degli Istituti stessi, pur essendo stipendiati da Enti finanziatori esterni (Università, Fondazioni etc..).

Da un nostro recente censimento condotto all’interno di 14 IRCCS e di 4 IZS pubblici, per un totale di 1797 ricercatori precari censiti, emerge che l’applicazione della norma nella sua forma più restrittiva (3 anni di co.co.co o p.iva o TD negli ultimi 5) garantirebbe l’accesso alla piramide a soli 724 ricercatori, vale a dire il 40,3% dei precari impiegati al 31/12/17.

All’atto pratico questo si traduce in una tagliola per una grande parte di ricercatori esperti che, oltre ad aver subito l’abuso prolungato delle borse di studio, che - è giusto ricordare - sono prive di qualsiasi forma di tutela previdenziale, ora vivono la beffa dell’esclusione dalla riforma con una labile prospettiva di continuazione delle proprie attività di ricerca e una totale incertezza per il proprio futuro.

Altro dato che emerge limpidamente dal censimento, è che la proposta “piramide”, nella migliore delle ipotesi, non concederà a circa il 38% dei ricercatori attualmente precari (giovani borsisti o nuovi co.co.co. che non rispettano i criteri di cui al comma 432) neanche l’illusione di un possibile inserimento a breve termine nel percorso, con l’inevitabile rischio di dispersione di giovani talenti verso strutture di ricerca private o all’estero.

L’ Associazione Ricercatori in Sanità - Italia (ARSI) unitamente al Coordinamento Nazionale dei Ricercatori precari in Sanità, chiede che il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, si impegni a far riconoscere la figura del ricercatore a tempo indeterminato (l’unico contratto riconosciuto dal Parlamento europeo) in Sanità nel CCNL, sia nel comparto che nella dirigenza, dando finalmente dignità ad una figura professionale essenziale per l’eccellenza della sanità pubblica italiana, e che venga garantito, in un piano programmatico concreto, lo stanziamento di fondi stabili e strutturali, per il fabbisogno organico della ricerca negli IRCCS e negli IZS, allo scopo di assicurare il giusto riconoscimento a lavoratori bistrattati da anni di politiche di taglio.

L’assenza di ulteriori fondi strutturali, l’esclusione dei borsisti, ed il perpetuarsi del precariato non potrà che tradursi in un affossamento della ricerca pubblica biomedica in Italia.

Associazione Ricercatori in Sanità, Italia (ARSI), e il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori Precari degli IRCCS e IZS 

© RIPRODUZIONE RISERVATA