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Sabato 12 GENNAIO 2019
Aggressioni agli operatori sanitari. Ci troviamo di fronte ad un chiaro rischio psico-sociale

I danni legati a questo fenomeno, indubbiamente in costante crescita nel nostro Paese, sono dovuti a disturbi post-traumatico da stress, disturbo d’ansia generalizzato e depressione che danno luogo ad una ridotta attenzione sul lavoro, una sottovalutazione del rischio con distrazione e mancata osservanza degli obblighi per la salute e sicurezza sul lavoro. 

Decremento della produttività del personale, aumento dell’assenteismo, incremento di congedi per motivi di salute, elevato turnover sono le prime conseguenze di tipo organizzativo, sociale ed economiche, cui vanno incontro gli operatori sanitari vittime di aggressioni e violenze in sanità. I danni legati a questo fenomeno, indubbiamente in costante crescita nel nostro Paese, sono dovuti a disturbi post-traumatico da stress, disturbo d’ansia generalizzato e depressione che danno luogo ad una ridotta attenzione sul lavoro, una sottovalutazione del rischio con distrazione e mancata osservanza degli obblighi per la salute e sicurezza sul lavoro.
 
Ci si trova di fronte ad un chiaro rischio psico-sociale che può generare se non opportunamente valutato, gestito, rimosso o minimizzato, secondo gli schemi di valutazione del rischio collegati alla corretta applicazione del d.lgs.81/2008, sia infortuni sul lavoro, sia malattie professionali. I fattori di rischio psicosociale sono quegli aspetti di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni alla salute psico-fisica del lavoratore.
 
Le malattie da rischio psico-sociale, se si considera la European Statistic of Accident at Work sono indicate chiaramente nei codici 82 (violenza tra dipendenti in servizio nella stessa azienda) e codice 83 (Violenza da persone esterne all’azienda) quali patologie legate a causa violenta in occasione di lavoro subita da terzi sia di tipo fisico che di tipo psicologico. Si tratta di tecnopatie “non tabellate” di cui si può ottenere il riconoscimento dall’INAIL attraverso il cosiddetto “sistema misto” dove è necessario l’onere della prova da parte del lavoratore. I risultati di un interessante studio osservazionale prospettico su 50 aggressioni della durata di due anni condotto da Michele Sanza, direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche AUSL Romagna-Cesena, e collaboratori “La valutazione dell’impatto delle aggressioni sul benessere psicologico del personale sanitario”, pubblicato l’anno scorso dalla rivista “Politiche Sanitarie”, confermano, tra l’altro, l’insorgenza della depressione, insieme ad altri disturbi più o meno gravi, tra chi è stato oggetto di aggressioni psicologiche.
 
Lo studio Soap, sottolinea Michele Sanza nella sua pubblicazione, a nostra conoscenza il primo condotto in Italia su questo tema, apre ad una riflessione sulla necessità di migliorare le strategie di prevenzione della violenza nei luoghi di lavoro sanitari e sulle modalità di trattarne le conseguenze individuali. Questi episodi interessano quasi il 70 per cento delle violenze psichiche tra quelle di cui si è avuta notizia dalle diverse rilevazioni fino ad oggi registrate. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità entro il 2020 proprio la depressione diventerà la seconda causa di malattia (con annessi costi sociali ed economici) nel Mondo sviluppato.
 
Quali sono i segnali, gli indizi, di una depressione incipiente?
Eccone alcuni:
• ci si sente tristi per buona parte della giornata;
• si perde interesse per ciò che si sta facendo;
• ci si sente stanchi ed esausti;
• non si riesce a trovare piacere in attività precedentemente considerate piacevoli;
• si ha difficoltà nel prendere decisioni.
 
Nel lavoro scientifico di Michele Sanza vengono descritti i Sintomi cognitivi, emotivi e somatici riscontrati nel campione esaminato, utilizzando una Scala, a parer nostro, alquanto esaustiva la SVBPA (Scala di Valutazione del Benessere Psicologico dopo l’Aggressione) da cui emergono, tra l’altro, tra i sintomi cognitivi il pensare di essere impotenti e non aver alcun potere sugli altri e/o sul corso degli eventi, preoccupazioni di conseguenze negative che potrebbero influenzare la propria via; tra i sintomi emotivi: sentirsi delusi nei confronti dei colleghi, avere sbalzi di umore, sentirsi irritabile ed impaziente, creando conyinui litigi e conflitti; tra quelli somatici: cefalea ed emicrania, palpitazioni o tachicardia, difficoltà ad addormentarsi e a mantenere il sonno, risveglio precoce, sudorazione.
 
Tutto ciò presuppone di trovarsi di fronte ad una chiara “costrittività organizzativa”, condizione prevista dalla non più in uso Circolare INAIL 73/2003, il cui contenuto è stato ripreso in termini diversi ma con analoghe finalità, dalla Lettera Circolare del 18.11.2010 del Ministero de Lavoro “in ordine all’applicazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del Rischio Stress Lavoro-Correlato di cui all’art.28, c.1/bis del d.lgs.81/2008.
 
La costrittività organizzativa è una disfunzione dell’organizzazione del lavoro: L’insieme delle decisioni ed azioni intraprese nell’ambito dell’organizzazione del lavoro che possono produrre danni psico-fisici al lavoratore. Le cause che sono alla base di questi fenomeni, come confermato anche da Michele Sanza nel suo pregevole lavoro, sono una insufficiente formazione degli operatori sulla gestione delle situazioni di emergenza comportamentale (Allen, 2014; American association of occupational health nurses, 2014; Edward et al, 2014), il sovraffollamento (Becattini et al, 2007), l’abuso di alcol e droghe da parte dei pazienti (Crilly et al, 2004) e l’inadeguatezza delle strutture.
 
Ecco perché va tenuta nella giusta considerazione la delibera del 5 marzo 2018 dell’Agenas, dove viene indicata tematica di interesse nazionale “La gestione delle situazioni che generano violenza nei confronti dell’operatore sanitario” per la quale sono previsti specifici corsi ECM, con tre obiettivi proposti (20, 32 e 33) “acquisizioni di nozioni tecnico-professionale, di processo e di sistema”, assolutamente indispensabili “per far fronte alle specifiche emergenze sanitarie”.

Domenico Della Porta
Docente titolare di Medicina del Lavoro Università Telematica Internazionale Uninettuno – Roma Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali Università di Salerno

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