quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 21 GENNAIO 2019
Sfide e opportunità degli operatori che svolgono funzioni educative



Gentile Direttore,
quanta confusione nella numerosa famiglia professionale degli educatori e quante domande restano ancora disattese! La storia italiana assegna alle funzioni educative un ruolo importante. L’educatore è quel soggetto presente in tutte le fasi della vita di un individuo e presiede numerosi e fondamentali servizi di sostegno alla cittadinanza: opera interventi di recupero e di riabilitazione; sostiene il pieno raggiungimento dell’autonomia da parte di quegli individui che, per motivi diversi, possono esserne privi; infine, è al centro del percorso formativo in molte fasi della vita dei nostri figli.
 
Le funzioni svolte dagli educatori, dunque, sono innumerevoli e diffuse lungo tutto l’arco della vita dei cittadini. Già nei primi anni dopo la nascita, gli operatori professionali svolgono una prima e fondamentale azione educativa all’interno degli asili nido. Crescendo, entrando nell’adolescenza, sopraggiunge invece l’impegno a far procedere parallelamente la formazione culturale e il sostegno alle numerose criticità che i giovani affrontano in una fase così delicata della loro vita. Gli educatori, ancora, sono presenti in età adulta, a sostenere quelle donne e quegli uomini che, in difficoltà, devono integrarsi in una società che tende a “scartare” l’umanità sofferente. Infine, nella fase in cui l’autonomia tende a diminuire a causa dell’età, gli educatori sono presenti nella fase di accompagnamento e sostegno agli anziani.

Se è vero, dunque, che nella vita questa figura professionale è costantemente con noi, in una sorta di continuum, durante la crescita nei nido, negli asili, nelle scuole primarie e secondarie, nelle strutture di sostegno, nei centri culturali, ricreativi e nelle cliniche, a chi giova “frammentare” una figura professionale che è, invece, costantemente al centro di un processo che inizia si sviluppa lungo tutto l’arco della vita? Perché non ricomporre il percorso formativo, offrendo una professionalizzazione completa che permetta alle donne e agli uomini che si avviano in un percorso di studio, di poter un giorno rispondere ai bisogni dei cittadini nei diversi ambiti d’intervento in cui l’educatore può portare il proprio contributo?

È per questo motivo che noi della Cisl Fp, con la Fp Cgil e la Uil Fpl, insieme alle centrali cooperative, auspichiamo da tempo l’avvio di un percorso che prenda atto dell’esistente, riconosca il lavoro fino a oggi realizzato e, con uno sguardo rivolto al futuro, cerchi di andare verso una ricomposizione di tale figura professionale.

L’argomento va affrontato con una rilettura della situazione attuale e una pianificazione di interventi di Legge che siano coordinati e rimettano mano ad una normativa che ha il carattere della frammentarietà e dell’estemporaneità, in mancanza di una coerente e chiara visione d’insieme sulla professione. Noi riteniamo che questa necessità di “definire il campo”, i percorsi formativi e le mansioni, non possa che essere interpretata dalle organizzazioni sindacali rappresentative della categorie e consegnata al legislatore. Noi crediamo, sempre mantenendo un approccio corretto di tutela dei lavoratori attualmente in servizio, che vada affrontato il tema della formazione: come vogliamo guardare a coloro che usciranno dalle scuole universitarie e dovranno collocarsi nel mondo del lavoro, affinché il loro titolo accademico sia un titolo spendibile appieno e abilitante alla professione?

Il nostro obiettivo è che questa riflessione già avviata in alcuni contesti (da associazioni datoriali e dalle associazioni di rappresentanza sindacale e professionale) si possa riproporre presso le sedi istituzionali e formative, affinché tutti gli attori vengano coinvolti per costruire e ridefinire la preparazione della figura dell’educatore, ai fini del suo inserimento nei vari ambiti educativi, socio-educativi, socio-assistenziali, socio-sanitari e sanitari.
Direttore, abbiamo sicuramente un problema occupazionale, un problema di mancanza di adeguati titoli di formazione e di preparazione ed è indispensabile, per risolverlo, il coinvolgimento dell’università nonché dei Ministeri interessati. Non siamo i soli a pensare che questa riflessione sia ormai irrinunciabile: l’interrogazione parlamentare del 10 gennaio 2019, primo firmatario la Senatrice Paola Binetti, esplicita chiaramente le tre richieste non rinviabili ai Ministeri competenti. Brevemente le riporto:
1) se i Ministri in indirizzo intendano o meno quantificare il numero di persone e le condizioni alle quali si riconoscerebbe l'equipollenza del titolo di educatore professionale socio-sanitario;
 
2) se ritengano di aprire o meno una seria e approfondita discussione per valutare la possibilità di riunificare le professioni educative, arrivando a definire una professione polivalente in questi ambiti ed evitando ogni tipo di ricaduta occupazionale negativa derivante da queste problematiche;
 
3) nell'evenienza di una riunificazione delle professioni, se il Ministro dell'istruzione non ritenga di specificare quale titolo di studio e quale curriculum formativo diverrebbero punto di riferimento per la formazione degli educatori in ambiti così delicati e così eterogenei.
 
All’interno del dibattito, nell’ultimo anno molto animato, sono state proposte molte riflessioni interessanti, ma crediamo che il modo più efficace per rileggere l’intera vicenda sia quello proposto dal professor Giovanni Valle dell’università Cattolica di Milano. Così inizia il suo articolo sulla rivista "Vita": 
"Servono veramente competenze diverse a seconda di dove si opera? O il punto cruciale è il percorso professionalizzante specifico? Se si eludono queste domande, non si farà altro che rinforzare l’idea, spesso sottaciuta però insistentemente evocata, che in fondo per fare l’educatore sia sufficiente essere buoni, non essere bravi".
 
Da qui dobbiamo avviare la riflessione progettuale. Dobbiamo riconoscere che molti servizi alla persona - servizi ottimi - vengono sovente erogati da lavoratori e volontari motivati, ma non sempre dotati di adeguata o completa preparazione. Il risultato è che oggi abbiamo servizi, in risposta ai bisogni dei cittadini, che sono parte del nostro sistema e che costituiscono un valore, in alcuni casi, anche un’eccellenza riconosciuta. Non possiamo oggi perdere l’occasione di fare un’operazione di chiarezza, sostenendo interventi legislativi che vadano nella direzione del definitivo riconoscimento professionale e formativo degli attori in campo, salvaguardando i livelli occupazionali e facendo ordine in un comparto nel quale oggi regna solo tanta confusione.
 
Impegniamoci affinché tutta questa discussione non si riduca ad un nulla di fatto, ad un’occasione persa o, peggio, che finisca per lasciar “buttare il bambino con l’acqua sporca”. Noi, come Cisl Fp, siamo pronti.
 
Franco Berardi
Segretario Nazionale Cisl Fp 

© RIPRODUZIONE RISERVATA