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Martedì 22 GENNAIO 2019
Farmaci biologici. Pazienti e medici contro la Toscana. “No allo switch nello switch. Lesa la continuità terapeutica”

L’Anmar boccia la politica farmaceutica della regione in quanto impone una terapia scelta sulla base del minor costo e non su indicazione medica nel bene del paziente. Tonolo: “Convocare tavolo ad hoc sull’acquisto dei farmaci per dare una linea unica tra le regioni. Ci sono troppe disparità”

“Dobbiamo arrivare a un’unione di intenti nel bene dei malati e nel bene della sostenibilità economica delle regioni. I pazienti sono ben consapevoli della necessità di trovare soluzioni a quest’ultima criticità, per cui non si tirano indietro, in particolare per i pazienti naïve, sull’utilizzo dei biosimilari in grado di generare risparmi. Il problema si pone quanto viene imposta una terapia scelta sulla base del minor costo e non sulla base dell’indicazione medica nel bene del paziente”.
 
È molto arrabbiata Silvia Tonolo, Presidente dell’Associazione nazionale malati reumatici (Anmar). Il suo j’accuse è rivolto alla Regione Toscana rea di aver imposto a medici e pazienti la terapia con il farmaco che in gara ha spuntato il costo più basso, in barba alla liberta prescrittiva del medico. Un diktat che di fatto non assicura più ai malati la continuità terapeutica. Una prassi, aggiunge la Tonolo, “attuata in Toscana ma che si sta espandendo a macchia d’olio anche in altre Regioni”.
 
“La nostra preoccupazione non è legata allo switch da originator a biosimilare – ha spiegato – ma allo switch non medico che può essere fatto da un biosimilare a un altro biosimilare, magari perché costa sempre meno. Quello che si deve cercare di comprendere è che i pazienti si affidano al medico, sono speranzosi verso la terapia somministrata perché si fidano. Ecco perché questa scelta non può basarsi su mere finalità di bilancio”.
 
Due i rischi ai quali si va incontro applicando queste politiche: la perdita di fiducia verso il medico e l’abbandono dell’aderenza terapeutica. Non solo, dietro l’angolo c’è anche un altro rischio: “Tanti pazienti per paura di dover cambiare per l’ennesima volta terapia non comunicano le reazioni avverse del farmaco. E sono tante”.
 
“Capisco che il sistema debba fare cassa e attuare tagli – ha aggiunto – ma deve farlo in maniera razionale. Non si possono fare entrare nel sistema farmaci solo perché costano meno. I malati hanno il diritto ad avere tutta la gamma di medicinali a disposizione, soprattutto hanno il diritto a vedersi garantita la continuità terapeutica. In Toscana questo non avviene più. Si chiede ai cittadini di essere solidali, ma la Regione quanto è solidale con i pazienti?”
 
Anche perché, ricorda la Presidente Anmar, se la Toscana ha scelto la strada dell’imposizione ad oltranza, ci sono altre regioni come la Liguria, l’Umbria e la Campania che hanno scelto di assicurare è continuità nella dispensazione delle terapie. A dimostrazione quindi che una strada alternativa c’è.
“Quello che si sta verificando – ha concluso – è la difformità di offerta tra le Regioni e la migrazione dei pazienti verso quelle più “generose” che possono però anche chiudere le porte in faccia ai pazienti perché la regione di appartenenza non le rimborsa. Bisognerebbe quindi convocare tavolo sull’acquisto dei farmaci per dare una linea unica tra le Regioni”.
 
Ma il carico da novanta arriva da Mauro Galeazzi, Past president della Società italiana di reumatologia (Sir). “I farmaci biosimilari sono sicuramente una grande risorsa e possono essere sicuri ed efficaci come i biologici utilizzati da diversi anni – ha spiegato – ma questo non deve indurre a calpestare la continuità terapeutica, diritto costituzionale che va tutelato sia a livello regionale che nazionale. Quello che si deve comprendere è che lo switch non medico, da originator a biosimilare, non ha evidenze scientifiche che garantiscono la reale innocuità della procedura. Un punto questo – prosegue – sul quale concordano le maggiori Società scientifiche, nazionali e internazionali che hanno evidenziato rischi clinici, e anche legali, connessi con la pratica incontrollata dello switch non medico. Certo è che quando noi lo andiamo a proporre - cosa che in Toscana è stata effettuata nella totalità dei pazienti posti sotto la nostra tutela dopo la pubblicazione del Position Paper di Aifa – l’unica motivazione che giustifica lo switch non medico è quella del risparmio”.
 
Rischio reazione avverse. E ancora, prosegue: “Abbiamo segnalazione di numerose interruzioni di terapia per eventi avversi verificatesi, anche dopo lo switch, con i diversi farmaci biosimilari che includevano un numero imprecisato, ma inatteso, di recidive di malattia. Per questo ho chiesto con forza che venissero registrati”.
 
Da non trascurare le ricadute dal punto di vista legale: “Se in un paziente in remissione il farmaco originator perde di efficacia può essere normale, ma se la perdita di efficacia si verificasse dopo switch non medico, questo può avere ripercussioni legali gravi per il prescrittore” che in molti casi ha proceduto al cambio di terapia solo perché costretto da regole messe in essere da parte delle autorità sanitarie locali.
 
Insomma conclude Galeazzi: “Non sono in discussione qualità, efficacia e sicurezza dei biosimilari bensì le evidenze e le conseguenze di uno switch per ragioni non mediche. Anche la necessità di ottenere un risparmio sui costi della spesa farmaceutica ospedaliera credo possa ottenersi con metodi più scientifici e meno coercitivi nel rispetto delle leggi e dei diritti dei cittadini malati e dei medici prescrittori”.

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