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Lunedì 28 GENNAIO 2019
Dat/2. Perché l’emendamento 5 Stelle potrebbe complicare le cose



Gentile Direttore,
merita approfondimento il tema introdotto con l’articolo pubblicato in QS il 24 gennaio, intitolato “M5S snatura e depotenzia legge sul testamento biologico. Ma anche lo spirito del movimento”, in cui sono riportati ampi stralci di alcune puntuali dichiarazione della senatrice Paola Boldrini. La questione è la seguente:  è stato approvato, nella seduta notturna del 22 gennaio in Commissione 1a e 8a riunite del Senato, l'emendamento 9.0.38 al Ddl  n. 989 di conversione del  decreto legge "semplificazioni" n. 135/2018,  recante alcune modifiche alla legge n. 219/2017 relative alla tematica generale delle DAT (disposizioni anticipate di trattamento).
 
Sono evidenti le conseguenze negative delle modifiche proposte dall'emendamento su alcuni aspetti pratici: a) il deposito delle DAT; b) la concreta disponibilità delle stesse, pur regolarmente consegnate.
 
Il deposito delle DAT è reso difficoltoso dall'emendamento
Il comma 6 dell'art. 4 della legge n. 219/2017 prevede che la scrittura privata contenente le DAT  sia "consegnata personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo"; l'emendamento prescrive che "questa sia consegnata dal disponente all'ufficio dello stato civile ove fu iscritto o trascritto il proprio atto di nascita".
 
La identificazione del comune di nascita come sede di consegna delle DAT origina oggettiva difficoltà per coloro che risiedono in  comune diverso da quello di nascita e vogliano depositare le proprie DAT: queste persone devono sottostare ad una trasferta nel comune di nascita. Non è individuabile una qualsiasi ragione a sostegno del cambiamento di sede introdotto dall'emendamento 9.0.38. Oltretutto, come osserva la Senatrice Boldrini, l'emendamento crea una complicazione che è in evidente contrasto con l'obiettivo "semplificazione" che si pone il decreto legge.
 
E la complicazione potrà divenire ostacolo insormontabile, qualora la trasferta nel luogo di nascita costituisse impedimento per le precarie condizioni di salute dell'interessato. È ben vero che la legge n. 219 contempla che la consegna possa avvenire presso "strutture sanitarie" ma limita questa eventualità a condizioni  non esistenti nelle regioni italiane. Pertanto i problemi legati alla consegna delle DAT al comune di nascita saranno risolvibili solo rivolgendosi ad un notaio per redigerle per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
 
Sarà comunque necessario valorizzare in sede interpretativa che l'avverbio "personalmente", che figura nel testo vigente, non compare nell'emendamento, raccomandando agli uffici dello stato civile di accogliere le DAT qualunque sia la modalità di consegna.
 
Anche la disponiblilità delle DAT diventa difficoltosa
Stante la mancanza, nella legge n. 219,  di regole specifiche, i soggetti aventi titolo a richiedere le DAT  a chi sono state consegnate dal disponente sono identificabili facendo riferimento al concetto di "relazione di cura" che ispira tutta la legge. Così, è facile indicare che sono legittimati a chiedere le DAT tutti coloro che, a vario titolo, rientrano nella relazione di cura; in pratica, di volta in volta, in presenza di persona incapace di prendere decisioni consapevoli circa la propria cura, le DAT potranno essere chieste da uno o più dei soggetti indicati nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 219, perché partecipi della relazione di cura: il medico (curante), un professionista sanitario dell'equipe, un familiare, la parte civile, il convivente, il fiduciario della persona.
 
Ciò è coerente con la ratio della norma. Di fronte ad una persona che versi in condizioni cliniche tali da impedirle manifestazioni di volontà consapevoli rispetto ai trattamenti da praticare, qualunque soggetto coinvolto nella relazione  di cura, che sia a conoscenza o che presuma l’esistenza di DAT, non può non attivarsi per salvaguardare la dignità di quella persona  chiedendo alla struttura in cui sono depositate che siano rese disponibili a coloro i quali – medico curante e fiduciario – dovranno applicarle. Al massimo, l'ufficio dello stato civile, prima di rendere disponibili le DAT,  potrebbe chiedere prova delle condizioni cliniche che inibiscono l'autodeterminazione della persona, per esempio mediante certificazione medica.
 
Ora, l’emendamento del M5S al decreto legge "semplificazioni" vorrebbe introdurre nell'art. 6 il comma 1bis, secondo il quale le DAT, "in epoca antecedente al funzionamento della banca dati di cui all'articolo 1, comma 418, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono rese consultabili, anche mediante estrazione di copia, dal soggetto che le ha formate o ricevute esclusivamente al medico che sia in relazione di cura con il disponente ai sensi dell'articolo 1, e previa richiesta del medico stesso, da conservare agli atti".
 
Ciò significa che solo e soltanto il medico “in relazione di cura con il disponente“ ha titolo di consultare ed estrarre copia delle DAT. Sono esclusi dalla possibilità della richiesta tutti gli altri soggetti coinvolti nella relazione di cura, pur a conoscenza delle aspirazioni della persona e del deposito delle DAT. Anche il fiduciario che avesse smarrito la propria copia delle DAT sembrerebbe non poter consultare le DAT depositate.
 
Oltretutto, la norma si limita a facoltizzare il medico curante, e lui solo, a chiedere le DAT. L'emendamento non pone a carico del medico l'obbligato di verificare l'esistenza delle DAT.
 
Ergo: potrebbero crearsi situazioni in cui le DAT, per quanto regolarmente formulate e depositate, resterebbero lettera morta sulla carta. Mi riferisco, per esempio, ai casi in cui il medico non si attivasse per chiedere le DAT e, contemporaneamente, non  fosse disponibile la copia delle DAT in possesso del fiduciario, o perché questi non fu mai nominato, o perché deceduto, o perché lontano, o perché ha distrutto, smarrito o depositato in luogo non raggiungibile in tempo utile detta copia. In questi casi perderebbe significato il disposto del comma 5 dell'art. 4, per cui "il medico è tenuto al rispetto delle DAT": l'emendamento diventerebbe strumento che permetterebbe al medico di eludere il vincolo delle DAT, non obbligandolo a chiederle ed inibendo ad altri di farne richiesta.
 
I familiari si troverebbero, dunque, in questi casi, a sollecitare il medico curante a fare richiesta di disporre delle DAT. 
Anche in questo caso, l'emendamento realizza una complicazione che è in evidente contrasto con la dignità della persona e con l'obiettivo "semplificazione" che si pone il decreto legge.
 
Preferisco non soffermarmi, per non appesantire il testo, su un ulteriore aspetto dell'emendamento 9.0.38 che, introducendo il comma 8bis all'art. 4,  differisce la creazione della Banca nazionale delle DAT (dal 30 giugno 2018 al 30 giugno 2019) e contempla nuove procedure regolamentari. Anche questa parte dell'emendamento appare imperscrutabile ed è comunque meritevole di una riflessione specifica e approfondita da rinviare ad altra occasione.
 
Prospettive
Ho ancora fiducia che il contenuto dell'emendamento 9.0.38 non entri a far parte definitivamente della legge di conversione del decreto "semplificazioni", perché confido che, negli ulteriori passaggi parlamentari, il testo venga modificato nel rispetto della dignità della persona.
 
Spero anche che i medici italiani facciano sentire la loro voce e respingano il ruolo che l'emendamento attribuisce loro, indicandoli come unici possibili richiedenti delle DAT  depositate, da un lato ponendo un gravame ulteriore (comunque potenzialmente foriero di responsabilità giuridiche) cui non potranno sottrarsi nell'interesse della persona e dall'altro sottraendo ai familiari la possibilità di partecipare attivamente (chiedendo la disponibilità delle DAT) alla concretizzazione delle aspirazioni della persona che ha stilato le DAT.
 
Se fiducia e speranza fossero mal riposte e l'emendamento dovesse diventare legge, allora occorre avere ben presente che la legge n. 219 ha reso formalmente disponibile un altro strumento idoneo a realizzare la volontà della persona malata e privo dei vincoli formali delle DAT: si tratta della PCC (pianificazione condivisa delle cure). Sull'argomento ho già scritto diffusamente in QS lo scorso anno con la collega Anna Aprile.
 
Qui mi limito ad aggiungere che, applicata in sede ospedaliera a Padova,  la PCC si è rivelata  strumento conforme alla legge ed assolutamente efficace nel consentire il rispetto della volontà delle persone malate anche quando siano subentrate condizioni impedenti la loro capacità di autoderminazione.
 
La PCC non è attuabile in assenza di malattia cronica, talché non potrà mai sostituire le DAT delle persone che, in condizioni di buona salute (o apparentemente tale), intendano disporre del proprio futuro, quanto a cure accettabili. Per questo motivo, l'emendamento intacca uno degli elementi costitutivi ed insostituibili della legge n. 219/2017 e quindi snatura e depotenzia la legge stessa nella sua globalità.
 
Prof. Daniele Rodriguez
Medico legale

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