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Martedì 24 GENNAIO 2012
Leucemia mieloide cronica. Nilotinib approvato in Italia come trattamento di prima linea

Lo studio "ENESTnd" ha dimostrato come il numero di persone che sviluppano la fase terminale sono dimezzate per il nilotinib rispetto al precedente imatinib. Allo stesso modo sono il doppio le persone che con il nuovo farmaco raggiungono la remissione

Buone notizie per le persone affette da leucemia mieloide cronica, uno dei quattro tipi di leucemia più frequenti, che colpisce in Italia circa 900 nuovi pazienti l'anno: a seguito dello studio di fase III "ENESTnd" che ne ha mostrato la superiorità in efficacia rispetto ad altri farmaci per il trattamento della malattia, nilotinib è stato approvato in Italia per il trattamento in prima linea della patologia.

In particolare il farmaco, sviluppato da Novartis, ha dimostrato di essere più efficace di imatinib nel raggiungere le risposte molecolari profonde e nel ridurre la progressione della malattia. I risultati della sperimentazione di fase III parlano infatti chiaro: i pazienti dalle cosiddette 'risposte molecolari profonde' – ovvero quelli che raggiungono livelli tanto bassi di cellule leucemiche residue che queste non sono più rilevabili – raggiungono per nilotinib il 30% di quelli trattati, contro il 15% del farmaco usato in precedenza. “Questo risultato fa ben sperare che presto una percentuale sempre maggiore di persone possa entrare in remissione molecolare completa, ovvero sia nella possibilità di interrompere la terapia senza il rischio che la malattia si ripresenti”, ha spiegato Giuseppe Saglio, docente dell'Università di Torino, che ha presentato i dati dello studio oggi a Napoli, nell'ambito del Convegno “Sindromi mieloproliferative: i vantaggi di un approccio integrato per la cura del paziente”, al quale partecipano oltre 300 esperti.
Il campione dello studio "ENESTnd" è stato di 846 pazienti, trattati in 217 centri specializzati in 35 diverse nazioni. I farmaci usati sono stati appunto nilotinib (nelle dosi di 300mg o di 400mg al giorno) e imatinib (in dose giornaliera di 400mg).

Oltre a questo risultato, quando si tratta di curare la leucemia mieloide cronica, bisogna anche evitare che la malattia entri nella fase più avanzata, quella di crisi blastica. Questa rappresenta lo stadio terminale della patologia per la quale l'esito è ancora oggi molto spesso negativo.
Oggi con questi farmaci di nuova generazione, questo compito sembra riuscire più spesso: i farmaci come nilotinib e imatinib, bloccano infatti la causa genetica della malattia, ovvero l'attività dell'oncogene Brc-Abl, che sintetizza l'omonima proteina che è alla base della produzione di cellule tumorali nella malattia. “Il numero di pazienti trattati con imatinib che sono evoluti in crisi blastica sono stati all'interno dello studio 12, contro solo 5 che in tutto hanno avuto la stessa evoluzione se trattati con nilotinib”, ha illustrato Saglio. “E in generale anche il numero di morti nel campione trattato col nuovo farmaco è minore, anche se ancora non azzerato”.

Si pensa che in Italia vi siano tra i 6000 e i 9000 pazienti in Italia, con una prevalenza che è in aumento, visto che i pazienti si ammalano ancora, ma muoiono meno di questa malattia. “La leucemia mieloide cronica, rappresenta oggi uno dei simboli dell'ematologia e dell'oncologia: fino a qualche anno fa era il prototipo del cancro inguaribile, adesso è diventato il prototipo del tumore guaribile. E guaribile in maniera intelligente”, ha spiegato Michele Baccarani, docente di ematologia dell'Università di Bologna. “Con l'introduzione di nuove terapie la sopravvivenza a 10 anni è passata dal 20% all'80%. E la ricerca oggi sta continuando, facendoci ben sperare per il futuro”. Il docente ha poi concluso con una battuta: “Ad oggi sempre più persone evitano la fase di crisi blastica, ma quello è l'obiettivo minimo. Ora bisogna lavorare perché aumentino i pazienti che vanno in remissione completa”.

Laura Berardi
 

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