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Venerdì 08 MARZO 2019
Quattro punti da discutere per questo 8 marzo



Gentile direttire,
come ogni anno, all'8 marzo puntuale come il destino o come un mantra ritorna la celebrazione della Festa delle donne. E’ “l’eterno ritorno”, direbbe Eliade il grande storico delle religioni, che si ripete come un meccanismo automatico quanto inarrestabile. Qualsiasi celebrazione è sempre la reiterazione di un rito e un rito è sempre un complesso di norme che regolano un culto e un culto è sempre una forma di adorazione.
 
Con la festa della donna noi donne viviamo la grande contraddizione di trovarci tra adorazione e mortificazione, tra l’essere almeno per un giorno il più grande valore e l’essere poco o niente per il resto dell’anno, prigioniere di una antitesi che difficilmente riesce a farsi sintesi cioè a produrre una civiltà nella quale le donne sono semplicemente delle persone rispettate, stimate e considerate per quello che sono.
 
Gli uomini attraverso il culto e il rito, adorandoci per un giorno, si auto assolvono collettivamente per un bel po' di peccati, specie di omissione, che continuano a compiere verso il nostro genere. E noi li lasciamo fare, accettiamo i loro fiori e i loro auguri, probabilmente i loro regali e le loro gentilezze, sapendo che finita la festa si torna ad essere donne in tutto e per tutto.
 
L'8 marzo è tutto uno stracciarsi le vesti a favore delle donne che hanno bisogno di politiche familiari e sociali di sostegno, che devono avere leggi a tutela della maternità, asili nidi nei posti di lavoro, che devono occupare più posti di direzione negli organismi che contano, che devono essere aiutate ad emergere ( per carità dimostrando quanto valgono certo) .... Improvvisamente il mondo (ovviamente quello occidentale) scopre le donne e i sui bisogni.
Di fatto il rito si ripete ogni anno con tanto di partecipazione delle donne, ma senza che nulla si sposti e che nulla cambi.

Anzi forse se proprio vogliamo essere precisi quest'anno qualche novità c'è ma in senso regressivo se dobbiamo leggere i segnali che arrivano a partire dal decreto Pillon fino al manifesto “a difesa delle donne “pubblicato dalla lega di Crotone.
Non meno regressivo appare ai miei occhi l'annuncio fatto da Treni Italia di regalare una caramella alle viaggiatrici (tutte? No solo quelle che viaggiano in executive) nel giorno della festa delle donne e solo fino ad esaurimento scorte.

Noi medici abbiamo avuto una donna alla presidenza della Fnomceo ma la polemica sulla partecipazione delle donne medico è scoppiata solo quando al suo posto è subentrato un presidente maschile.

Questo presidente ha ereditato dal suo predecessore donna, suo malgrado un sistema che dire maschile è dire poco, e dimostrando una grande apertura ha fatto quello che ha potuto, cioè ha riconosciuto a certe donne medico dei compiti di rappresentanza specifica delle donne medico, le ha distribuite in ogni dove nella organizzazione della Fnomceo, per cui oggi non c’è un posto della Federazione che non sia “presidiato” da una donna medico. E quale è il risultato? Niente, tutto è come prima e come sempre,nessuna traccia della questione femminile nei temi trattati.

La Fnomceo ha lanciato gli stati generali e il mondo medico ha accolto con entusiasmo la possibilità di confrontarsi per costruire una nuova medicina e un nuovo medico. La parola chiave lanciata dal presidente Anelli è racchiusa all'inizio delle 100 tesi: è necessario un cambio di passo.

Mi sarei aspettata che chi rappresenta le donne medico in Fnomceo, negli ordini, nei sindacati, prendessero una posizione, anche perchè nelle 100 tesi curate come è noto dal prof Cavicchi, ve ne sono ben 3 che ci riguardano (24,25,26) precedute da una analisi che mi permetto di giudicare per la sua profondità e intelligenza, preziosa.

Mi sarei aspettata che le donne medico che rappresentano le donne medico organizzassero in Fnomceo un lavoro di analisi e di discussione su l’intero capitolo che, nelle 100 tesi, ha il titolo “il genere e la professione medica” per organizzare un confronto tra le tesi poste in discussione e la questione della femminilizzazione. Forse questa idea, in mancanza di una iniziativa diretta delle donne, potrebbe essere assunta dal presidente Anelli e nel quadro delle iniziative per la preparazione degli stati generali si potrebbe organizzare a Roma un momento di discussione tra le 100 tesi e le donne medico.

E' pensabile un cambio di passo senza un pensiero riformatore che parta dalle donne? A leggere le tesi non è possibile, anche perché oggettivamente le donne sono una maggioranza, ma noi donne medico, cosa diciamo?

Mi rivolgo alle donne medico, a quelle (non molte per la verità) che occupano posti significativi nel nostro sistema di rappresentanza ma anche a quelle che ogni giorno vivono in trincea a contatto con il malato: c'è una professione da rinnovare, quale contributo possiamo dare noi donne oggi? Come far emergere un pensiero riformatore che porti la visione femminile dentro a un mondo medico evidentemente coniugato al maschile?

Serve, come dice sempre il presidente Anelli, un cambio di paradigma ma è evidente che questo cambio non può non includere il pensiero femminile.
Ma quale è il nostro pensiero femminile? E’ quello espresso nelle tesi? O è altro cioè ancora è inesplicato?

E' del tutto evidente che le nostre battaglie come donne medico necessitano per essere vinte di un cambiamento paradigmatico, come è del tutto evidente che le 100 tesi ci propongono un cambiamento paradigmatico, ebbene che aspettiamo come donne cioè come maggioranza ad appoggiare questo cambiamento?

Una maggioranza che appoggia un cambiamento vale come se il cambiamento derivasse da questa maggioranza. Questo è il punto.

Mi permetto quindi di lanciare un appello a tutte le donne medico che ritengono doveroso contribuire a un “cambio di passo” dentro la professione che valorizzi le donne, che ne affronti i problemi, che dia risposte alla crescente femminilizzazione: lavoriamo a costruire un pensiero riformatore che possa dare un contributo significativo agli stati generali della professione perché noi donne dobbiamo essere protagoniste e motori del cambiamento.

Vorrei concludere usando l’8 marzo in modo simbolico ma anche in modo polemico per mettere in discussione alcune questioni previste nelle tesi che ci riguardano:
- la crescita numerica delle donne medico rappresenta un valore aggiunto per l’intera professione, le donne migliorano la professione, questo valore va deontologicamente riconosciuto (tesi 24)
- le donne quale maggioranza devono esser adeguatamente rappresentate dalle donne questo al fine di accrescere il grado di adeguatezza della rappresentanza nei confronti delle sfide da affrontare (tesi 25)
- l’alta presenza delle donne deve farsi pensiero cioè tradursi in una idea più avanzata di medicina (tesi 25)
- definire le implicazioni a tutto campo del concetto di “genere” come espressione del valore della singolarità (tesi 26)
 
Se oggi potessimo discutere di questi 4 punti questo sì che sarebbe un bel 8 marzo.
 
Ornella Mancin
Medico di famiglia Cavarzere (VE) 

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