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Lunedì 18 MARZO 2019
La desertificazione medica del Pronto soccorso



Gentile Direttore,
chi le scrive ha fatto il medico di Pronto Soccorso presso l’Ospedale di San Donà di Piave e di Jesolo in Veneto tra il 1988 ed il 1991. Mi ricordo tutto come se fosse ieri. Inoltre in qualità di medico di guardia della Chirurgia vengo costantemente chiamato in consulenza e quindi vivo comunque in quell’ambiente.

Avevo sempre ammirato da ragazzo e da studente i medici di PS - A causa delle grave cardiopatia di mia madre sono diventato un frequentatore di ospedali molto presto nella mia vita, in versione parente di paziente.
 
La serie televisiva E.R. Emergency Room ha celebrato più di ogni altra cosa questo tipo di specialità , una volta passaggio quasi obbligato per molti colleghi, ma anche scelte di vita professionale definitiva per tanti altri. Certo i ritmi della fiction sono un pò forzati e tagliati sulla realtà americana, ma molte situazioni e conflittualità sono sovrapponibili.
 
Si deve arrivare formati in PS, con una buona pratica clinica alle spalle, da specialista in una branca almeno affine, perché si è soli nella decisione ed ognuno ha il suo ambulatorio.
 
Non esiste la struttura gerarchica classica del reparto di degenza , ognuno è autonomo e responsabile delle sue azioni.
 
Certo si può sempre chiedere una consulenza ad un collega dei reparti o del pronto soccorso stesso più esperto ma non funziona sistematicamente così, la maggior parte delle richieste devi evaderle da solo o verrebbe rallentata troppo l’attività dei tuoi colleghi: esiste un certo grado di collaborazione e tolleranza ma ognuno deve essere in grado di fare il suo.
 
A questi medici non si chiede l’onniscienza ma ci si arriva vicino, anche le soddisfazioni professionali quindi vanno di conseguenza. In PS fai la medicina diretta senza troppe interposizioni usando la tua testa e vedi subito i risultati.
 
Certo è stancante e stressante ma, in un recente passato c’era anche molto tempo libero con orari assolutamente definiti e rispettati, e senza reperibilità che adesso in molte realtà sono state inserite nei trasporti medicalizzati, e questo vuol dire orario aggiuntivo.
 
I turni erano adeguatamente distanziati e essenzialmente si faceva i medici , il problema gestionale sempre in bilico fra ricovero motivato e ricovero sociale, c’è sempre stato, ma non era così asfissiante come oggi, con la fila della barelle in attesa che si liberi un posto ovunque nell’ospedale per il prossimo ricovero “in appoggio” della Medicina. Mentre i posti letto in Veneto sono arrivati al minimo sull’intero Sistema Sanitario Nazionale e la gente vede nel camice bianco sempre e comunque la soluzione ai proprio problemi.
 
Ma in particolare si è quasi obbligati a fare ore in più sotto forma di interi turni aggiuntivi o guardie notturne per mancanza di colleghi: lo stipendio, falcidiato alla fonte dalle tasse e fermo da 10 anni migliora un pò, ma lo stress aumenta vertiginosamente di conseguenza.
 
Quindi si esce prima se proprio non si regge più il ritmo, i medici con laurea ante 1994 possono accedere direttamente alla graduatoria per la medicina del territorio, e cambiare carriera, fai sempre il medico ma non fai più notti ed hai il week end libero come tutti i professionisti anche non medici. E adesso questa uscita è facilitata anche dalla mancanza di medici nel territorio, c’è chi si prepara per quota 100 e lo capisco benissimo ma il problema peggiore è che questa particolare branca viene evitata all’inizio.
 
In Azienda Zero nel Veneto sono stati fatti 2 concorsi di recente, 21 posti a bando per 11 idonei nell’ ottobre 2018 e 81 posti a bando per 3 idonei in data 20 gennaio 2019.

E’ possibile quindi che in Regione programmino un altro bando a breve termine sperando in un maggiore entusiasmo ma le motivazioni di base non sono cambiate.
 
La pletora medica non c’è più e l’accesso alle specialità è stato sottostimato per anni per tutti, i pochi specialisti che escono sanno già dove andare e lo fanno senza problemi, usano la loro specialità e non passano per il Pronto Soccorso, non lo vogliono fare, non ne hanno il bisogno, non ci sono le motivazioni.
 
Oltre alla difficoltà della professione che c’è sempre stata, adesso la violenza sugli operatori ha assunto frequenze allarmanti come il ritmo delle denunce più o meno motivate dell’utenza spinte anche da organizzazioni che hanno fatto del contenzioso medico legale una nuova forma dii reddito.
 
Queste ultime condizioni allontanano coloro che per spirito idealistico volevano fare questa specialità per scelta convinta.
 
La programmazione di una formazione adeguata, l’aumento dello stipendio - avete capito bene ho detto aumento - e che non sia ridicolo ma proporzionato ai rischi ed alla professionalità necessari, il rispetto dei turni di servizio, la protezione di tutti gli operatori dalla violenza e la tutela legale adeguata anche da parte delle amministrazioni, che tuteli parimenti paziente e professionista, sono le basi di un corretto ricambio generazionale per un servizio da sempre fondamentale per ognuno di noi.
 
Inoltre fare il medico di PS è una carriera che deve avere una sua continuità e sviluppo.
 
L’innata capacità di definire una situazione clinica in pochi minuti, a volte secondi, di lavorare velocemente, è tipica di un sottoinsieme molto particolare di colleghi che comunque devono migliorare nel tempo attraverso l’esperienza e la continuità di servizio.
 
Esattamente il contrario della soluzione “medici a gettone” che va in voga di questi tempi perché risulta in primis più vantaggiosa economicamente per le Aziende.
 
Ma di tutto questo stato di cose dominato da una miope ricerca dell’economia sanitaria sulla pelle altrui pochi parlano e non negli uffici dedicati, non vogliono proprio sentirselo dire.
 
Il mitico Ufficio Programmazione Sanitaria dell’ “Isola che non c’è“ ha responsabilità immense nella costruzione progressiva di questa situazione.
 
Ma i cittadini non sono stupidi, sono certo che stanno cominciando a comprendere questo stato di cose, mi resta la fiducia in loro, ne va della loro pelle e di quella dei loro congiunti.
 
Dott. Giovanni Leoni 
Segretario CIMO Regione Veneto 

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