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Venerdì 03 FEBBRAIO 2012
Donne e lavoro. Sottopagate e discriminate. Casa e assistenza restano sulle loro spalle

Svolgono il 76% degli incarichi domestici e familiari. Per questi motivi il 30% delle donne ha dovuto anche lasciare il lavoro, contro il 3% dei uomini. L’8,7% è stata licenziata o messa in condizione di dimettersi a causa di una gravidanza. I dati a un convegno promosso dal Cnel (ecco gli atti).

Donne discriminate sul lavoro e sottopagate. Ma anche in casa le condizioni tra uomini e donne sono molto sbilanciate e a svantaggio di queste ultime. In media, infatti, ancora oggi il 76% del lavoro familiare, sia di tipo domestico che di cura, è fatto dalle donne. Quando si parla di salari, invece, il gap tra uomini e donne raggiunge anche il 13,8% del 2008 contro il 10,3% del 1995.
Sono alcuni dei dati presentati ieri in occasione degli Stati generali sul Lavoro delle donne organizzati al Cnel e derivanti da alcuni studi condotti da Bankitalia, Isfol e Istat.
Un quadro che contrasta con l’impegno, sempre più elevato, che le donne mettono per entrare nel mondo del lavoro, a partire dall’istruzione. Le donne tra i 24 e i 44 sono infatti in media più istruite dei loro coetanei, e il gap con le coorti più anziane (tra cui ad essere istruiti sono soprattutto gli uomini) si è colmato.

Tuttavia le donne fanno ancora fatica ad entrare nel mondo del lavoro. Il tasso di occupazione nella fascia di età 18-29 anni è del 35,4% tra le donne e del 48,4% tra gli uomini. E il 35,2% delle donne hanno contratti a termine o sono collaboratori contro il 27,6% degli uomini. Nel 52% svolgono un lavoro per il quale è richiesto un titolo di studio inferiore a quello che possiedono, contro il 41,7% dei casi maschili.

E il gap persiste in fatto di salari, appunto. Il differenziale grezzo è circa del 6% (min 4,9% del 2000, massimo 7,7% nel 2002). Controllando però il campione per le caratteristiche del lavoratore, come già detto, il gap è più ampio e crescente nel tempo: da 10,3% nel 1995 a 13,8% nel 2008
L’ampliamento del divario rispetto alle stime grezze emerge anche quando si aggiungono le caratteristiche del lavoro e del datore di lavoro: da 9,4% nel 1995 al 10,2% nel 2008. Anche tenendo conto della selezione del campione, il gap si conferma ampio e dell’ordine del 13% alla fine dello scorso decennio.

Ancora. Tra le madri il 30% interrompe il lavoro per motivi familiari contro il 3% dei padri. Sono circa 800 mila (pari all’8,7% delle donne che lavorano o hanno lavorato) le madri che hanno dichiarato di essere state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere, nel corso della loro vita lavorativa, a causa di una gravidanza: le cosiddette dimissioni in bianco.
Hanno poi ripreso l’attività solo quattro madri su dieci, tra quelle costrette a lasciare il lavoro, ma con valori diversi nel Paese: una su due al Nord e soltanto poco più di una su cinque nel Mezzogiorno. Le interruzioni imposte dal datore di lavoro riguardano più spesso le generazioni più giovani: si passa infatti dal 6,8% delle donne nate tra il 1944 e il 1953 al 13,1% di quelle nate dopo il 1973.

 

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