quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Sabato 13 APRILE 2019
Medici che fanno i politici. Il ruolo del Codice deontologico



Gentile Direttore,
è di questi giorni lo scambio di opinioni sulla radiazione del collega Sergio Venturi che, da assessore regionale alla Salute dell'Emilia Romagna, ha affidato funzioni proprie del medico ad altre figure sanitarie, ledendo il decoro professionale. La difesa del collega Venturi dice che quelle decisioni egli le avrebbe prese in funzione di “politico” e non di “medico”. Dichiara possibile, quindi, che ognuno di noi, medico o meno, nell’esercizio della funzione politica, dismetta la casacca di professionista e assuma quella di politico, invocando una sorta di sdoppiamento della personalità.

Un ingegnere politico può approvare un progetto di costruzione di un ponte solo con metro politico e non con gli occhi da ingegnere e, per assurdo, avallare la costruzione di un ponte che palesemente non sta in piedi? E’ questa la logica? Riflettiamoci bene. L’ordine professionale di Venturi pensa che ciò non sia possibile.

I medici sono candidati ambìti da qualsiasi partito, proprio perché medici, per il rapporto che hanno con le persone e quindi potenziali portatori di tanti voti. Se fossi eletta, sono certa però che mai potrei avallare scelte che vadano contro il mio essere. Ognuno, che partecipa alla politica, porta quello che è: io sono donna, terrona di nascita, polentona di adozione, figlia, moglie e medico. Dinanzi alle persone non vedo etnie o primati degli uni sugli altri. L’unico primato che riconosco è il bisogno di aiuto, la sofferenza da alleviare. Prima i più urgenti, poi gli altri.

Posso da medico rappresentare filosofie politiche che prevedano priorità diverse da queste e davanti ad un italiano ed ad uno straniero scegliere prima l’italiano trascurando il grado di bisogno? Posso da medico anche solo propagandare fuori dal mio ambulatorio idee discriminanti e, di fronte a persone che rischiano di annegare, dire “anneghino”? Posso da medico sostenere pubblicamente e cercare voti per persone che la pensano così? Posso, da medico consigliere comunale, approvare il regolamento che prevede di dare una scatoletta di tonno ad una bambina, discriminandola da tutti gli altri bambini, perché i suoi genitori sono poveri e inadempienti a pagare la retta per il pasto, indicandola come reietta, per ordine di partito? Devo rispettare il mio codice deontologico o è giusto che avalli e rappresenti una scelta discriminatoria senza ledere il decoro della mia professione?

In questi giorni alcuni colleghi del M5S si pongono la questione di non poter votare la non obbligatorietà delle vaccinazioni. A mio avviso, si stanno ponendo correttamente una questione etica da medici, prima di tutto. Sono ancora pochi i medici parlamentari a farlo, intanto però qualcuno solleva la questione. Questo è un bene per la nostra professione. Dovrebbero allargare la visione però.

Se da medico non puoi votare una legge che toglie l’obbligatorietà delle vaccinazioni, necessaria se la copertura è bassa, allo stesso modo devi pretendere da medico parlamentare che si dia un porto sicuro a persone naufragate in mare e bisognose di cure ed aiuto, per fare solo un esempio. E chi vota a favore della non obbligatorietà in caso di bassa copertura vaccinale, come li trattiamo? Lasciamo correre come ordine professionale?

Di questi fenomeni e comportamenti la FnomCeo e gli Stati generali della professione se ne devono occupare.

Se decidiamo che la politica deve avere il primato e quindi il pensiero politico dettare i nostri comportamenti da politici medici, allora togliamo dal codice questi dettami:
- di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l’indipendenza della professione; - di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
- di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;
- di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona;
- di affidare la mia reputazione professionale alle mie competenze e al rispetto delle regole deontologiche e di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
- di prestare soccorso nei casi d’urgenza e di mettermi a disposizione dell'Autorità competente, in caso di pubblica calamità.


Se invece decidiamo che sia il nostro essere medico a dover prevalere, molti Ordini dovrebbero iniziare ad attivare le procedure disciplinari nei confronti di tanti colleghi che li stanno violando.

La violazione del codice deontologico vale per tutti, non solo per Venturi.

Vincenza Truppo
Dirigente medico I livello
Già segretario di Ordine dei medici Rovigo

© RIPRODUZIONE RISERVATA