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Martedì 07 FEBBRAIO 2012
Droghe. Cambiano il funzionamento del cervello. Tranne che tra fratelli

Il cervello di chi fa uso di droghe funziona diversamente da quello di tutti gli altri. Tranne che da quello di fratelli o sorelle, anche se questi non hanno mai sviluppato dipendenze. I ricercatori non sanno ancora perché, ma la ricerca promette di trovare nuove terapie per i tossicodipendenti.

Il cervello di un cocainomane non sembra funzionare diversamente da quello di suo fratello o sua sorella che non ha problemi di dipendenza dalla droga. Ma le connessioni e le aree che si attivano negli organi del loro sistema nervoso sono diverse da quelle del resto della popolazione. Questa la scoperta fatta da un team di ricerca dell’Università di Cambridge e pubblicata su Science.

La dipendenza da droghe è uno dei problemi che colpisce la società contemporanea, che ha ripercussioni non solo sulla salute, ma anche sulla vita personale dei cittadini e sulla società intera. La ricerca condotta da questi ricercatori inglesi potrebbe però aver fatto un passo avanti verso la soluzione di questa questione, seppure la strada possa risultare ancora lunga: la dipendenza da droghe pesanti, come cocaina o crack, non sembra essere completamente una scelta, quanto una sorta di “disordine del cervello”. Dunque come tale un giorno potrebbe essere curata.
Per dimostrarlo gli scienziati hanno confrontato l’attività cerebrale di 50 tossicodipendenti con quella dei loro rispettivi fratelli o sorelle che non avevano mai provato ad assumere droghe. I partecipanti venivano sottoposti a prove di attenzione e a risonanza magnetica cerebrale. Dimostrando di presentare la stessa anormalità nella zona del cervello che controlla il comportamento, ovvero il sistema frontostriatale.
Nonostante questo, chiaramente, i fratelli reagivano in maniera opposta di fronte alla possibilità di diventare tossicodipendenti. I ricercatori non sanno ancora il perché, ma sono sicuri che studiare il cervello dei fratelli che resistono alle droghe potrà aiutare a sviluppare nuove terapie per controllare le dipendenze. “Fratelli e sorelle che non hanno di questi problemi potranno ‘insegnarci’ come aiutare i rispettivi parenti, mostrandoci quali meccanismi di autocontrollo sono capaci di mettere in atto”, ha spiegato Karen Ersche, ricercatrice che ha lavorato allo studio.

Sebbene gli scienziati abbiano ancora molto da scoprire, sembrano non essere sicuri che il problema possa essere genetico, sebbene sembri essere in qualche modo ‘ereditario’. “Come molti altri disordini psichiatrici, la dipendenza potrebbe prodotta non solo dalla natura, quindi un problema a livello di geni, ma anche da come queste persone sono state cresciute all’interno della loro famiglia”, ha spiegato Paul Keedwell, psichiatra dell’Università di Cardiff. “Ulteriori studi serviranno a dimostrare quanta parte è dovuta all’una e all’altra componente”. In ogni caso i ricercatori sono risoluti a portare avanti la ricerca, nella speranza di riuscire prima o poi ad individuare e trattare tempestivamente gli individui ad alto rischio.

Laura Berardi

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