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Martedì 07 FEBBRAIO 2012
Liberalizzazioni. Farmindustria. Via la norma sui generici o molte aziende se ne andranno

Il rischio è paventato dall'Assemblea straordinaria delle aziende farmaceutiche che si è riunita ieri per dire la sua sul decreto liberalizzazioni. Sotto accusa la norma che incentiva la prescrizione di generici. Per gli industriali una misura "senza alcun vantaggio, né per lo Stato, né per i cittadini".

"L’Assemblea straordinaria di Farmindustria, riunita a Roma, chiede con forza a Governo e Parlamento di considerare il valore industriale e di innovazione dell’industria farmaceutica in Italia, adottando politiche capaci di riconoscerne il ruolo fondamentale per la crescita del Paese e per l’accesso dei cittadini alle nuove terapie. Esattamente il contrario di quanto avviene da anni senza soluzione di continuità. Come dimostrato sia dalla norma recentemente adottata che privilegia i farmaci generici rispetto a quelli di marca, sia dalla forte penalizzazione dell’innovazione, confermata dalla manovra di luglio, che rischia di colpire in maniera insostenibile i farmaci ospedalieri ".
Così una nota ufficiale di Farmindustria diffusa oggi a conclusione dell'Assemblea che si è svolta ieri per esaminare le ricadute del decreto liberalizzazioni sulle imprese del farmaco.
 
"Per questo - prosegue la nota - chiede di eliminare la norma del decreto liberalizzazione o di modificarla  sostanzialmente favorendo una maggiore informazione del paziente, ma senza forme di coercizione sostitutiva nei confronti di medici e farmacisti. Ciò perché la misura provoca un’ingiustificabile discriminazione a favore dei generici, determinando il passaggio di quote di mercato da alcune imprese ad altre, con produzioni in larga parte estere. Una misura che compromette quindi i valori di un’industria manifatturiera di qualità e causerà a breve il trasferimento coatto delle produzioni dall’Italia ad altri Paesi. Con conseguenze devastanti per il settore (e le sue 165 fabbriche), che aggravano le crisi aziendali e mettono a rischio migliaia di posti di lavoro già nei prossimi mesi, sommandosi alla riduzione dell’occupazione di 10.000 addetti dal 2006 ad oggi. Tutto questo senza alcun vantaggio né per lo Stato, che sostiene oggi il solo costo del farmaco a prezzo più basso, né per il cittadino che poteva già scegliere quest’ultimo su segnalazione obbligatoria del farmacista.

"Farmindustria chiede anche con urgenza condizioni stabili e favorevoli all’innovazione, irrinunciabile per la crescita, sistematicamente penalizzata dai ritardi nell’accesso ai medicinali innovativi a livello nazionale e regionale, da condizioni al lancio in termini di prezzo e vendita decisamente peggiori rispetto agli altri Paesi e infine da tempi di pagamento pari mediamente a 262 giorni, con punte di oltre 700. L’industria farmaceutica esporta il 60% della produzione; impiega 65.000 addetti diretti (i laureati e i diplomati sono il 90% del totale) e 64.000 nell’indotto; investe oltre due miliardi di euro l’anno in ricerca e produzione. Valori che le garantiscono la leadership per presenza industriale tra i settori manifatturieri hi tech in Italia".

"Mai come in questo momento di crisi - conclude Farmindustria - le imprese del farmaco possono rappresentare parte della soluzione ai problemi del Paese. Perderle non aiuta nessuno".

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