quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 15 MAGGIO 2019
Meritocrazia, questa sconosciuta



Gentile Direttore,
un gruppo di medici appassionati alla Medicina Generale, che in una settimana ha raccolto su Facebook oltre novecento adesioni in costante aumento, esprime forti perplessità in merito all’art. 12 comma 3 del DL n. 35/2019 (Decreto Calabria) in questi giorni in discussione per la sua conversione in Legge. Premesso che ad oggi l’ammissione al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale avviene mediante il superamento di un relativo concorso, il Decreto consentirebbe anche a chi non dovesse superarlo di essere ammesso in sovrannumero e senza borsa di studio al suddetto Corso di Formazione, creando una situazione discriminatoria rispetto agli altri colleghi vincitori: unica clausola aver lavorato con almeno 24 mesi di incarichi anche non continuativi, indipendentemente dal numero di ore e turni effettivamente svolti, nei settori della medicina generale nei dieci anni precedenti.
 
Incarichi che, non essendo prevista una procedura selettiva, non vengono certo assegnati per merito, e che, in alcune realtà italiane, mancando la pubblicazione di graduatorie di sostituzione e reperibilità da parte delle ASL, sono sottoscritti per conoscenza personale ossia per chiamata diretta.

Graduatorie che ancora una volta, con questo Decreto, non tengono conto del merito, visto che i non vincitori del concorso con i predetti prerequisiti saranno inseriti in una graduatoria separata e a loro riservata, da cui comunque si attingerà per l’ammissione al corso, con il fiat a svolgere contemporaneamente ogni altra attività libero-professionale e ulteriori benefici per i medici già in possesso di altro titolo di specializzazione medica, attività che invece i vincitori il concorso, risultanti pertanto più meritevoli, non potranno svolgere per incompatibilità.

Ci saranno pertanto medici che avranno dovuto studiare per superare un concorso (discutibilmente perfettibile) e altri che avranno impiegato il loro tempo in maniera differente, ma che si ritroveranno a frequentare lo stesso corso e conseguire lo stesso titolo, in barba a ogni criterio meritocratico con l’esclusione dei colleghi posizionatisi tra i primi dei non vincitori in favore di chi avrà ottenuto un punteggio di 60/100 ma che verrà ammesso avendo lavorato qualche mese in continuità assistenziale negli ultimi 10 anni (situazione di dubbia costituzionalità). Sbaglio o questa è appunto una sanatoria (cfr. dicesi “sanatoria” l’atto che interviene a carico di situazioni giuridiche passibili di nullità ovvero l’atto in cui l’autorità competente legittima uno stato di cose irregolare o una situazione di fatto che si protrae da tempo anomalo)?

E se, come rivendicato da chi ha finora lavorato senza idoneo titolo, gli anni di servizio sono da equiparare a livello formativo al corso (al quale, pur consci che l’assunzione a tempo indeterminato prevedeva necessariamente il possesso del diploma, molti non hanno voluto consapevolmente partecipare o perché realmente interessati ad altra branca specialistica utilizzando la medicina generale unicamente come ammortizzatore sociale per arrotondare altri introiti economici o perché indolenti a rinunciare allo stipendio degli incarichi temporanei confrontato con la più esigua borsa di studio), che problemi avrebbero a sostenere il concorso alla pari di tutti gli altri e concorrere per un’unica graduatoria?

Se la formazione su campo è stata efficace – ipotesi tutta da verificare – non basterebbe a dare loro gli strumenti per la risoluzione positiva dei quesiti posti in sede concorsuale, basati su casi clinici e linee guida piuttosto che sul mero nozionismo, e quindi un conseguente buon posizionamento in graduatoria, senza ricorrere a favoreggiamenti che nulla hanno a che vedere col merito?

Se il servizio svolto prima del corso sarà già convertito in punteggio nelle graduatorie regionali post-diploma, senza penalizzazioni, come da ACN vigente, perché conteggiarlo due volte, anche al fine della graduatoria del concorso?

E la qualità della formazione che fine farà? Il Decreto, infatti, pur riconoscendo la necessità che ogni Regione attinga alle iscrizioni in sovrannumero in modo limitato e rapportato alle reali carenze di organico attuali, non fa riferimento alle capienze dei Poli Formativi regionali né esplicita come si sorveglierà affinché ciò avvenga di fatto, per non rischiare che un numero eccessivo di corsisti intasi le corsie ospedaliere e gli ambulatori con carente cura del rapporto tirocinante/paziente e, quindi, della formazione stessa; ciò appare importante soprattutto alla luce della proposta di modifica avanzata dalla Conferenza delle Regioni sull’abrogazione di ogni contingentazione del reale fabbisogno e sull’ammissione totalitaria e indiscriminata di circa ulteriori 6000 medici in eccesso nei prossimi tre trienni.

Di seguito la proposta del nostro gruppo di medici: stante l’impossibilità attuale da parte dello Stato a voler garantire l’erogazione di un numero di borse di studio sufficienti a ricoprire l’intera carenza di organico, adottare un unico criterio di ammissione – e conseguente unica graduatoria – al concorso con scorrimento della stessa e, per venire incontro alla situazione dei medici precari, priorità al maggiore di età in caso di eguale punteggio conseguito al test; sorveglianza sulle Regioni per salvaguardare il numero di tirocinanti nelle corsie ospedaliere, al fine di tutelare la qualità della branca della medicina generale e formazione obbligatoria part-time – con conseguente allungamento dei tempi di conseguimento del diploma – per tutti i medici che si iscriveranno senza borsa e che potranno pertanto conciliare formazione e lavoro extra.

Il bene ultimo deve essere la salute dei pazienti e un miglioramento della qualità della medicina generale italiana, un cammino che inizia con l’ammissione al concorso e che prosegue con la formazione e col ruolo primario dell’MMG nei percorsi clinici-assistenziali superando la visione tutta italiana di una medicina generale non specialistica e di secondo rilievo rispetto ad altre branche sanitarie, a differenza di quanto avviene nel resto d’Europa. Altro che “prim(i)a” gli italiani!
 
Gabriele Quarta
Medico di Medicina Generale

© RIPRODUZIONE RISERVATA