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Lunedì 20 MAGGIO 2019
Sostenibilità e equo accesso a cure di qualità: dall’ingegneria clinica un contributo prezioso 

Per continuare a garantire quell’equo accesso a cure di qualità è necessario avere il coraggio di cambiare: invertendo la rotta sul finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, ponendo in essere un’azione di reingegnerizzazione dello stesso e concentrando la propria attenzione sul valore delle componenti che lo costituiscono e degli outcome prodotti. In questa azione di valorizzazione del sistema, una figura preziosa ed un ruolo importante deve essere esercitato dall’ingegneria clinica

Equo accesso a cure di qualità: è ancora possibile ambire a tale obiettivo, governando le diverse peculiarità e necessità determinate dalla rapida evoluzione e ampia offerta tecnologica oggi disponibile, dal contesto economico italiano e dalle nuove caratteristiche della società? L’evoluzione della società ha nel tempo prodotto un miglioramento delle condizioni di vita generali, allungamento della vita media degli individui (e cronicizzazione di molte patologie), molteplici soluzioni e potenziali risposte ai bisogni di salute della popolazione, essi stessi variati e più alti rispetto al passato. 
 
Governare il sistema sanitario del nuovo millennio è oggi attività complessa, che richiede un’azione sinergica di diversi attori e competenze. Occorre aggiornare costantemente la conoscenza e la definizione del bisogno di salute, garantendo nel contempo che il danaro pubblico sia correttamente impiegato, fissando di fatto nuove priorità etiche.

L’art. 32 della Costituzione ha previsto il diritto alla salute delle persone, non l’utilizzo illimitato di risorse per erogare prestazioni e servizi senza l’esercizio di una forma di controllo sulla opportunità e appropriatezza delle stesse.

Tale principio, sempre vero, è ancor più necessario se si tiene conto degli effetti che la grave congiuntura economica dell’ultimo decennio ha prodotto nella nostra nazione. Ed il rischio di implosione aumenta se si considera che sino ad oggi i maggiori interventi hanno prodotto l’applicazione di tagli lineari, individuati come primo intervento per gestire l’urgenza economica nazionale, ma che di fatto hanno inevitabilmente deteriorato la qualità dei servizi resi, obbligando nella sostanza ad una indiscriminata riduzione dei fattori produttivi (risorse umane, posti letto, presidi tecnologici, ecc).

L’equo accesso a cure di qualità è ancora un obiettivo realizzabile nel sistema sanitario nazionale? Sino a quando sarà possibile garantire un sistema pubblico di tutela della salute equo, solidale e universalistico?

La sostenibilità di un sistema si configura, nella definizione data dalla World Commission on Environment and Development, Brundtland Commission del 1989, come “la capacità di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità di soddifare i bisogni delle generazioni future”.
E prevede diverse dimensioni di applicazione, nel campo economico, sociale e ambientale, interagendo strettamente con il concetto della responsabilità associata alle scelte.

L’effetto della presenza simultanea di tante criticità che singolarmente sarebbero risultate di più semplice gestione può essere simbolicamente rappresentato da una tempesta perfetta.
Criticità e segni di involuzione del sistema risultano di immediata evidenza nei risultati presentati dai numerosi studi condotti negli ultimi anni (Programma Nazionale Esiti, Rapporto Osservasalute, Rapporto PIT Cittadinanzaattiva, ecc).

Aumentano, in particolare, i bisogni assistenziali e la spesa necessaria per soddisfarli, che si concentra maggiormente nel settore della cronicità delle malattie date dall’allungamento dell’età, come evidenzia il rapporto Osservasalute 2018.
Aumenta inoltre la percentuale delle persone che rinunciano alle cure per motivi economici.

Come ci ricorda la Fondazione Gimbe, sono molti i punti che minano l’attuale sistema sanitario, tra i quali i principali:
1) L’importante definanziamento del SSN;
2) Alcuni sprechi e inefficienze;
3) I livelli LEA sproporzionati rispetto ad un sistema definibile come sostenibile;
4) L’eccessivo sviluppo del cosiddetto secondo pilastro (fondi e assicurazioni);
5) Il depauperamento del capitale umano;
6) L’istituzionale conflitto tra Stato e Regioni in merito alle scelte strategiche;
7) Le aspettative cresciute e a volte irrealistiche di cittadini e pazienti.
Si intravede una sola via di uscita per il futuro: una vera rivoluzione copernicana del sistema, che lo ristrutturi profondamente e che individui nuove prospettive. Il sistema sanitario ha subito una profonda trasformazione dal lontano 78’, transitando per diversi modelli, superando il concetto esclusivamente aziendalistico degli anni 90’, che vedeva il paziente come un mero cliente, affermandosi via via il principio solidaristico della presa in carico del cittadino da parte di una rete integrata di professionisti. Ma il cittadino è realmente al centro di questa rete?

E in più, riescono i diversi sistemi sanitari a definire percorsi di accesso equivalenti per tutti i cittadini, sin dalla fase di prevenzione, muovendosi attraverso il territorio, sino a giungere, in via residuale, all’ospedale, per la sola cura delle fasi acute e l’erogazione di attività specialistiche?

Quale il modello di cura di oggi e del futuro? Quale il ruolo degli operatori sanitari e della medicina, quale la corretta declinazione del concetto di salute/sanità in un sistema nazionale composto da tanti sistemi regionali estremamente diversificati? E’ il singolo o è il sistema che fa la differenza? E’ sufficiente avere singoli professionisti o è necessario che gli stessi siano parte integrata e collaborativa di un sistema evoluto? I confini tra le specialità sono diventati sempre più labili, la collaborazione tra le diverse figure professionali è divenuta fondamentale: abbiamo bisogno di un sistema meno ospedale-centrico e meno medico-centrico caratterizzato da una forte integrazione interprofessionale ed un approccio multiprofessionale. Il cittadino presenta un bisogno globale, non determinato dal semplice atto sanitario, ma dall’assistenza globale che egli riceve. E le risorse non sono sufficienti per garantire richieste infinite.

Dunque per continuare a garantire quell’equo accesso a cure di qualità è necessario avere il coraggio di cambiare: invertendo la rotta sul finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, ponendo in essere un’azione di reingegnerizzazione dello stesso e concentrando la propria attenzione sul valore delle componenti che lo costituiscono e degli outcome prodotti.

In questa azione di valorizzazione del sistema, una figura preziosa ed un ruolo importante deve essere esercitato dall’ingegneria clinica, che ha il compito, per percorso di studi e formazione professionale, di “partecipare alla cura della salute garantendo un uso sicuro, appropriato e economico delle tecnologie nei servizi sanitari”.

E il tema scelto per la 19a edizione del Convegno annuale dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici, “Tecnologia, accessibilità, esiti: l’ingegneria clinica per una sanità di valore”, testimonia come questa figura abbia un’assoluta autorevolezza per sedere al tavolo dei soggetti che possono e devono giocare la sfida per continuare a garantire la sopravvivenza del sistema sanitario nazionale e la sanità del futuro.

L’Ingegnere clinico, è la figura strategica che, agendo insieme alle altre figure in modalità multidisciplinare, è coinvolto in processi critici quali:
- Healthcare Procurement;
- Health Technology Maintenance;
- Health Operations Management.

E nel confronto con questa professione emergono prepotentemente due aspetti fondamentali per il loro coinvolgimento nell’unità di crisi da istituire per garantire la sopravvivenza del nostro sistema sanitario.

Il primo è la competenza tecnica, il know how e l’expertise, elementi necessari per fornire ai decisori strumenti utili alla definizione di scelte quanto più oggettive e ponderate, di “valore”, nelle delicate fasi di sviluppo di un progetto tecnologico e nella gestione del ciclo di vita della tecnologia, dei rischi e dei costi alla stessa associati.

Il supporto e la competenza tecnica di questa figura risultano preziosi sin dalla nascita di tali progetti, governando correttamente le diverse fasi:
1) innovazione, cui si associa il classico binomio dispendio di risorse/perdita di salute;
2) programmazione, utilizzando correttamente gli strumenti disponibili;
3) acquisizione, fornendo un supporto nella delicata collaborazione tra le singole aziende e le centrali di acquisto;
4) introduzione e utilizzo, garantendo una certosina attività di verifica e di controllo del corretto funzionamento.

Ma ciò che maggiormente caratterizza questa figura, e la rende indispensabile per chi voglia mettere in atto la sfida del cambiamento sanitario, è il secondo aspetto, dato dalla propensione intrinseca al lavoro di gruppo e multidisciplinare, necessari per ottimizzare e moltiplicare, non solo sommare, la gestione e gli effetti dei diversi saperi.

Ingegneri clinici benvenuti nella task force chiamata a compiere la faticosa, complicata ma stimolante opera di difesa e tutela del sistema sanitario pubblico.
 
Joseph Polimeni
Dg Asm Matera
Presidente Federsanita Anci Basilicata 

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