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Giovedì 16 FEBBRAIO 2012
Il "cacciatore di virus". Un nuovo dispositivo li trova e li analizza in un colpo solo

Arriva dall’Università di Leeds e potrebbe trasformare il modo di diagnosticare le infezioni. Si tratta di un apparecchio che sa dire quante e quali particelle virali sono presenti nell’organismo, in maniera veloce, semplice e soprattutto economica.

Gli adenovirus sono responsabili di una lunga serie di infezioni comuni, dal comune raffreddore ad altre malattie infiammatorie come congiuntiviti, polmoniti o cistiti. Si tratta di organismi che la medicina ha imparato a sconfiggere, ma che risultano comunque estremamente resistenti, per via della loro capacità di sopravvivere a lungo al di fuori di un ospite, anche se l’ambiente in cui vivono viene sottoposto a cambiamenti fisici o chimici. Da oggi però, scovare questi virus potrebbe essere più semplice, grazie a un sensore sviluppato da ricercatori dell’Università di Leeds.
 
L’apparecchio, descritto sull’ultimo numero di Biosensors & Bioelectronics, sarebbe capace non solo di rivelare la presenza del virus, ma anche di capire di quale ceppo si tratta e il numero di particelle infettive presenti nell’organismo, il tutto in maniera non invasiva.“Per la prima volta siamo riusciti a sviluppare un metodo per evidenziare la presenza dell’intero virus, addirittura contando quante particelle virali ci fossero nell’organismo malato, invece che andare alla ricerca del materiale genetico dell’infezione”, ha spiegato Paul Millner, ricercatore dell’ateneo britannico che ha coordinato lo studio. “Per di più, siamo riusciti a fare tutto questo su un dispositivo portatile, di quelli che definiremmo lab-on-a-chip, ovvero gli apparecchi che riescono a riassumere le funzioni di un intero laboratorio diagnostico su un unico chip dalle dimensioni ridotte”.
La nuova tecnica si basa su un sensore elettrico, collegato agli anticorpi dei virus. Grazie ai cambiamenti che il sensore registra nell’organismo, i ricercatori sono in grado di contare le particelle virali in esso presenti, e di determinare di che agente patogeno si tratti.
 
Al momento attuale i test per alcuni di questi virus sono complicati, soprattutto perché richiedono tempo e specialisti che preparino i campioni di Dna e li studino attentamente. Con la nuova tecnica, invece, i ricercatori promettono delle analisi molto più veloci e semplici, nonché meno costose. E questo si potrebbe tradurre in tempi di cura molto minori, quindi in un beneficio per i pazienti, soprattutto per quelli – come i malati di Aids o i bambini più piccoli – i cui sistemi immunitari non funzionano bene oppure sono ancora immaturi.
Secondo i ricercatori, però, bisognerà lavorare ancora molto, prima che questo tipo di tecnologia possa arrivare in sala operatoria o negli ambulatori. “L’importante, per ora, è che abbiamo provato che l’idea funzioni”, ha spiegato Rebecca Caygill, autrice dello studio. “Ora dobbiamo ottimizzare lo strumento, aumentandone la sensibilità o migliorando ogni sua funzione. E poi, forse, saremo pronti per i trial clinici”.
 
Laura Berardi

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