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Martedì 25 GIUGNO 2019
Quanto si fuma nel mondo. La ‘ciminiera’ indiscussa è la Cina

Il consumo di tabacco è una delle principali causa di mortalità nel mondo ed è causa di 6 milioni di morti potenzialmente prevenibili ogni anno. La prevalenza del fumo quotidiano si è ridotta dagli anni ’80 al 2012 sia tra gli uomini che nelle donne ma il numero dei fumatori è passato nelle stesso periodo da 720 milioni ad oltre un miliardo. L’OMS prevede che il numero complessivo dei decessi correlati al tabacco passerà dai 100 milioni del ventesimo secolo a un miliardo nel ventunesimo secolo, a meno che non vengano prese misure urgenti. Uno studio canadese fotografa la prevalenza del fumo nel mondo oggi e la confronta con quella degli anni ’70.

Una ricerca siglata da una serie di università canadesi (primo nome Steven Hoffmann della York University di Toronto), pubblicata su BMJ è andata a valutare i trend relativi al fumo di sigaretta in 71 nazioni del mondo a partire dal 1970, realizzando una nuova preziosa banca dati ad accesso libero, l’International Cigarette Consumption Database (ICCD). I dati raccolti sono molto significativi in quanto rappresentano il 95% del consumo globale di sigarette e coprono l’85% della popolazione mondiale.
 
Tante le fonti utilizzata per questa gigantesca raccolta dati, ma i ricercatori hanno attribuito un peso maggiore alle fonti governative ufficiali. I dati così raccolti sono stati inoltre standardizzati  in ‘unità di sigarette consumate per anno’ per ogni nazione considerata.
 
Dalla ricerca appena pubblicata emerge una netta riduzione nel consumo di sigarette dagli anni ’70 ai giorni nostri in quasi tutte le nazioni considerate, con l’eccezione di Cina, Indonesia e Russia, dove negli anni immediatamente successivi al collasso della ex Unione Sovietica, il consumo di sigarette è raddoppiato. In cima alla classifica delle nazioni maggiormente avvezze al fumo di sigaretta spicca oggi la Cina, che nel 2013 ha consumato 2,5 milioni di tonnellate (MMT) di sigarette, molto più della Russia (0,36 MMT), degli Usa (0,28 MMT) e dell’Indonesia (0,28 MMT), del Giappone (0,20MMT) e della somma delle successive 35 altre nazioni a più elevato consumo messe insieme.
 
Stati Uniti e Giappone sono riusciti a tagliare il consumo di oltre 0,1 MMT rispetto alla decade precedente, mentre in Russia i consumi sono rimasti stazionari. Cinesi e indonesiani hanno fatto invece segnare un incremento nei consumi rispettivamente i 0,75 MMT e di 0,1 MMT nello stesso lasso temporale.
 
Quello appena pubblicato è il primo studio con dati di grande attendibilità rispetto al consumo di sigarette, che consente di tracciare le traiettorie dei consumi in buona parte del mondo nell’arco degli ultimi trent’anni. Se dall’analisi scaturisce una tendenza al ribasso nei consumi nella maggior parte dei Paesi considerati, i consumi specifici per nazione restano molto variabili e sempre comunque inaccettabilmente alti.
 
Gli autori auspicano che vengano implementati dei sistemi di monitoraggio permanente ufficiali e trasparenti dei consumi per valutare appieno l’impatto della Framework Convention on Tobacco Control dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (un trattato internazionale adottato nel 2003 da 181 firmatari) e di altri interventi di controllo sul consumo di tabacco.
 
Ricerche condotte in passato hanno dimostrato che un’implementazione piena delle tasse sul tabacco, delle leggi anti-fumo, del divieto di pubblicità e del supporto alla cessazione del fumo attraverso leggi rigorose, produce una sostanziale riduzione nella prevalenza dei fumatori. Ma molto resta da fare soprattutto nei Paesi a basso e medio income.
 
Maria Rita Montebelli

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