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Venerdì 28 GIUGNO 2019
Smartphone e tablet cambieranno anche il nostro corpo? Pare proprio di sì, ecco come

‘La funzione crea l’organo’, affermava il naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829), ovvero un organo si sviluppa tanto più quanto maggiormente è utilizzato e si atrofizza se non viene sollecitato. Lo stesso principio potrebbe essere applicato all’uomo del terzo millennio, sempre più iperconnesso in maniera virtuale e disconnesso nelle relazioni reali. Un’azienda californiana di telecomunicazioni ha chiesto ad un gruppo di esperti di immaginare come sarà l’uomo alla fine di questo millennio. E loro hanno ‘disegnato’ Mindy

Mano destra (la sinistra per i mancini) ad artiglio, postura gobba, perdita di diversi centimetri in altezza, cranio più spesso, ma contenente un cervello più piccolo. E infine, la ciliegina sulla torta: la crescita di una terza palpebra. Dopo quella inferiore e quella superiore, ecco la palpebra ‘laterale’. Questo l’identikit dei dell’uomo di fine terzo millennio, frutto di spinte evolutive indotte dalle tecnologie digitali.
 
A preconizzare questi cambiamenti è la TollFreeForwarding.com una company californiana specializzata in telecomunicazioni internazionali che, in una sorta di esercizio di futurologia evolutiva, ha interpellato una serie di esperti e di graphic designer allo scopo di ‘costruire’ una ‘lei’ del quarto millennio, Mindy.
 
A suggerire quali parti del corpo potrebbero essere quelle più esposte a cambiamenti legati all’uso dei moderni oggetti tecnologici (già, ma chissà come evolveranno anche le tecnologie da qui a mille anni…) sono stati Caleb Bake, esperto di wellness e salute della Maple Holistics, Nikola Djordjevic di Med Alert Help, K. Daniel Riew del New York-Presbyterian Orch Spine Hospital, Adina Mahalli di Enlightened Reality, Kasun Ratnayake dell’Università di Toledo, Sal Raichbach dell’Ambrosia Treatment Center, Ellen Wermter della Charlottesville Neurology and Sleep Medicine.
 

 
Il collo. Dopo ore passate a guardare lo schermo del cellulare, il collo viene stressato da questa postura e la colonna vertebrale si disallinea rispetto alle anche; la stessa cosa succede stando seduti ore ed ore alla scrivania per lavorare al computer. Per questo, il collo e la schiena di Mindy appaiono ripiegati verso il petto.
 
La mano. Gli smartphone stanno già trasformando le mani dei grandi utilizzatori in una sorta di ‘artiglio’ (tecnicamente si chiama ‘sindrome del tunnel cubitale’) perché le dita risultano curvate in una posizione innaturale (per tenere in mano il cellulare) per periodi protratti di tempo.
 
Gomito ad angolo retto.Lo stesso motivo che induce la mano ad assumere una conformazione ad ‘artiglio’, fissa il gomito in una posizione a 90 gradi; è il cosiddetto ‘gomito da smartphone’ dovuto  alla necessità di portare il cellulare all’orecchio o di tenerlo davanti agli occhi per mandare messaggi o navigare su internet. Il nervo ulnare che decorre in un solco osseo sul versante interno del gomito ne viene stirato e compresso e questo può provocare parestesie a livello del mignolo e dell’anulare, dolori all’avambraccio e debolezza nelle mani.
 
‘Collo tecnologico’.Le tecnologie digitali potrebbero farci perdere diversi centimetri in altezza, in particolare a livello del collo. È il cosiddetto ‘collo tecnologico’. Quando si lavora per molte ore al computer o si sta piegati sullo schermo di un cellulare, i muscoli della parte posteriore del collo devono contrarsi per sostenere il peso della testa. Alla fine questi muscoli così stressati, diventano anche indolenziti.
 
Teca cranica ispessita. Una serie di ricerche effettuate sugli smartphone ha attirato l’attenzione sulla presunta pericolosità per il cervello delle radiofrequenze. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2011 ha classificato le radiazioni dei cellulari come ‘possibilmente cancerogene’ per l’uomo. Un recente studio ha suggerito che queste radiazioni possono avere un impatto sulla memoria. Non è ancora noto se abbiano un’influenza anche su altre aree cognitive. E a destare preoccupazione sono soprattutto i bambini che, assorbono fino a tre volte più radiazioni rispetto agli adulti poiché hanno uno spessore del cranio ridotto. Per questo i ‘futurologi’ hanno preconizzato che Mindy potrebbe sviluppare un ispessimento delle ossa del cranio per proteggersi dalle radiazioni.
 
Cervello rimpicciolito. Le tecnologie digitali potrebbero avere un impatto anche sulle dimensioni del cervello. In film del 2006, ‘Idiocracy’, un uomo si sveglia dopo 500 anni nel futuro e scopre di essere il più intelligente del pianeta. Il cervello degli altri si è infatti ‘rattrappito’ nel corso dell’evoluzione perché grazie alla tecnologia hanno sempre meno cose di cui occuparsi. Ma a rimpicciolirsi potrebbe essere non solo il cervello ma tutto l’organismo. In futuro dunque i nostri antenati potrebbero essere più piccini, perché per sopravvivere non servirà più essere i più robusti del gruppo.
 
La terza palpebra.Stare troppe ore davanti ad uno schermo, sia esso un tablet, un computer, un cellulare mette a dura prova gli occhi e secondo alcune ricerche può compromettere l’acuità visiva. Una ‘soluzione’ evolutiva potrebbe essere rappresentata dunque da un qualcosa in grado di proteggere gli occhi dall’esposizione alla luce degli schermi. Come una terza palpebra a partenza dall’angolo esterno dell’occhio o un cristallino in grado di bloccare la luce azzurrina (ma non quella di altre lunghezze d’onda) degli schermi digitali.
 
La salute mentale.Alcuni studi recenti dimostrano che chi sta troppo su Facebook vede crollare il livello del proprio benessere e che i social media ingenerano sindrome ansioso-depressiva nei bambini. Dipendenza da internet, cyberbullismo, adescamento da parte di pedofili, compromissione della carriera sono soltanto alcuni dei problemi indotti dalla rete e dai social. Un’altra categoria di problemi riguarda i disturbi del sonno: dormire con uno schermo acceso in camera (basta quello del cellulare o del tablet, non solo quello del computer) disturba il sonno e questo può avere ricadute negative sulla produttività lavorativa e scolastica.
 
Maria Rita Montebelli

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