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Mercoledì 03 LUGLIO 2019
PA. Pari opportunità: stop a qualsiasi discriminazione di genere, età, orientamento sessuale, razza, origine etnica, disabilità, religione e lingua

Emanata la la nuova direttiva del ministro della Pubblica amministrazione. Queste le azioni previste oltre alla prevenzione e rimozione delle discriminazioni: piani triennali di azioni positive; politiche di reclutamento e gestione del personale; organizzazione del lavoro; formazione e diffusione del modello culturale improntato alla promozione delle pari opportunità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; rafforzamento dei Comitati unici di garanzia. E il monitoraggio della direttiva, a cui nel dettaglio dei copiti previsti, le PA si dovranno adeguare. LA DIRETTIVA.

L’obiettivo è promuovere e diffondere la piena attuazione delle disposizioni sulle pari opportunità, aumentare la presenza delle donne in posizioni apicali, sviluppare una cultura organizzativa di qualità per promuovere il rispetto della dignità delle persone all’interno delle amministrazioni pubbliche.

In questo senso le pubbliche amministrazioni dovranno rivedere la loro organizzazioni in base alla nuova direttiva emanata dal ministro della Pubblica Amministrazione sulle pari opportunità, che sostituisce la precedente del 2007 e prevede che le nuove indicazioni siano destinate, in particolare, ai vertici delle amministrazioni, ai titolari degli uffici responsabili delle politiche di gestione delle risorse umane e dell'organizzazione del lavoro - sia a livello centrale che a livello decentrato – ai dirigenti pubblici, a chiunque abbia responsabilità organizzativa e di gestione di personale, nonché ai Comitati unici di garanzia (CUG) e agli Organismi Indipendenti  di valutazione (OIV).

La nuova direttiva – la n. 2/2019 – prevede sei azioni.

La prima riguarda la prevenzione e rimozione delle discriminazioni. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a garantire e a esigere l’osservanza di tutte le norme vigenti che, in linea con i principi sanciti dalla Costituzione, vietano qualsiasi forma di discriminazione diretta o indiretta in ambito lavorativo quali quelle relative al genere, all'età, all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua.
La violazione dei vari divieti che evitano queste situazioni e che la direttiva elenca, divieti, ribaditi dalla normativa comunitaria (articoli 4, 5 e 14 direttiva 2006/54/CE), comporta la nullità degli atti, l’applicazione di sanzioni amministrative, l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro, oltre naturalmente alle conseguenze risarcitorie nel caso di danno.

La seconda prevede i “Piani triennali di azioni positive”: la promozione della parità e delle pari opportunità nella pubblica amministrazione necessita di un’adeguata attività di pianificazione e programmazione, strumenti ormai indispensabili per rendere l’azione amministrativa più efficiente e più efficace.

Poi, terza azione, le politiche di reclutamento e gestione del personale che devono rimuovere i fattori che ostacolano le pari opportunità e promuovere la presenza equilibrata delle lavoratrici e dei lavoratori nelle posizioni apicali. Occorre, inoltre, evitare penalizzazioni discriminatorie nell’assegnazione degli incarichi, siano essi riferiti alle posizioni organizzative, alla preposizione agli uffici di livello dirigenziale o ad attività rientranti nei compiti e doveri d’ufficio, e nella corresponsione dei relativi emolumenti.

Quarta azione l’organizzazione del lavoro: le amministrazioni pubbliche agiscono affinché l’organizzazione del lavoro sia progettata e strutturata con modalità che garantiscano il benessere organizzativo, l’assenza di qualsiasi discriminazione e favoriscano la migliore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.

Quinta azione, la formazione e la diffusione del modello culturale improntato alla promozione delle pari opportunità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

In questo senso le amministrazioni pubbliche per diffondere e agevolare l’innovazione e il cambiamento culturale, promuovono, anche avvalendosi del CUG, percorsi informativi e formativi che coinvolgano tutti i livelli dell’amministrazione, inclusi i dirigenti, a partire dagli apicali, che assumono il ruolo di catalizzatori e promotori in prima linea del cambiamento culturale sui temi della promozione delle pari opportunità e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

La formazione e la sensibilizzazione diffusa e partecipata rappresentano, infatti, una leva essenziale per l’affermazione di una cultura organizzativa orientata al rispetto della parità e al superamento degli stereotipi, anche nell’ottica di una seria azione di prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione o violenza e di generale miglioramento dei servizi resi ai cittadini e alle imprese.

E devono anche prevedere moduli formativi obbligatori sul contrasto alla violenza di genere in tutti i corsi di gestione del personale organizzati, ivi compresi i corsi per la formazione di ingresso alla dirigenza, utilizzando anche gli strumenti messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio- Dipartimento della funzione pubblica, Dipartimento per le pari opportunità e Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Inoltre, devono promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, eventualmente adottando anche apposite “Carte della conciliazione”.

La sesta azione prevede il rafforzamento dei Comitati unici di garanzia.
L’ordinamento italiano, con la legge n. 183 del 2010, ha apportato modifiche rilevanti agli articoli 1, 7 e 57 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevedendo, in particolare, che le pubbliche amministrazioni costituiscano al proprio interno il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, che ha sostituito i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing (art. 57, comma 01, del d.lgs. 165/2001).

Il Comitato unico di garanzia, in una logica di continuità con i Comitati per le pari opportunità e i Comitati per il contrasto del fenomeno del mobbing precedentemente istituiti, si afferma come un soggetto attraverso il quale si intende:

- assicurare, nell’ambito del lavoro pubblico, parità e pari opportunità, prevenendo e contrastando ogni forma di violenza fisica e psicologica, di molestia e di discriminazione diretta e indiretta;

- ottimizzare la produttività del lavoro pubblico migliorando le singole prestazioni lavorative;

- accrescere la performance organizzativa dell’amministrazione nel suo complesso, rendendo efficiente ed efficace l’organizzazione anche attraverso l’adozione di misure che favoriscano il benessere organizzativo e promuovano le pari opportunità ed il contrasto alle discriminazioni.

La direttiva prevede infine la realizzazione di relazioni e monitoraggio.
Le amministrazioni sono tenute ad adottare tutte le iniziative necessarie alla sua attuazione, anche promuovendo la collaborazione fra CUG, OIV e gli altri Organismi previsti.

E per ridurre gli oneri informativi a carico delle amministrazioni e facilitare l’accesso e la comprensibilità delle informazioni relative allo stato di attuazione delle disposizioni in materia di pari opportunità, dall’entrata in vigore delle direttiva non dovranno più redigere, entro il 20 febbraio di ciascun anno, la relazione prevista dalla direttiva 23 maggio 2007, ma trasmettere al CUG ogni anno una serie di informazioni:

- l’analisi quantitativa del personale suddiviso per genere e per appartenenza alle aree funzionali e alla dirigenza, distinta per fascia dirigenziale di appartenenza e per tipologia di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n. 165 del 2001;

- l’indicazione aggregata distinta per genere delle retribuzioni medie, evidenziando le eventuali differenze tra i generi;

- la descrizione delle azioni realizzate nell’anno precedente con l’evidenziazione, per ciascuna di esse, dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse impiegate;

- l’indicazione dei risultati raggiunti con le azioni positive intraprese al fine di prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione, con l’indicazione dell’incidenza in termini di genere sul personale;

- la descrizione delle azioni da realizzare negli anni successivi con l’evidenziazione, per ciascuna di esse, dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse da impegnare;

- il bilancio di genere dell’amministrazione.

Il tutto è previsto che parta dal 2020.

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