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Venerdì 26 LUGLIO 2019
Laurea da medico e stipendio da colf



Gentile Direttore,
il nostro martoriato Paese, dove abbondano le chiacchiere e latitano i fatti, è ricco di analisi socioeconomiche e di dati spesso contraddittori e quindi suscettibili di interpretazioni antitetiche. Manca il lavoro, no il lavoro c’è, a mancare sono le professionalità richieste dalle Aziende. La disoccupazione è calata, no sono aumentati i contratti a tempo determinato ma anche i senza lavoro e i cassintegrati. Il reddito di cittadinanza e i “navigator” servono per trovare un’occupazione, no aiutano solo i nullafacenti e chi non vuole lavorare. E via di questo passo, tra litigi Tv, scazzi via twitter, annunci in diretta facebook e sarabande in Parlamento.
Una tristezza quotidiana.
 
Su un dato di fatto però sono tutti d’accordo, maggioranza e opposizione, sindacati e Confindustria: il vero dramma dell’Italia è che il lavoro è pagato poco. Sono troppi i lavoratori che rasentano la soglia di povertà a causa del salario basso.
In attesa di provvedimenti finora solo sbandierati (flat tax, abbattimento del cuneo fiscale, salario minimo etc.)  poiché “piuttosto di niente è meglio piuttosto”, c’è chi lucra sulle necessità altrui, fottendosene della tanto strombazzata “dignità del lavoro”.
 
È sacrosanto il principio che il lavoro sia dignitoso a prescindere, e che nello svolgerlo vada riconosciuta dignità a chi tiene le strade pulite e agli ingegneri elettronici, alle collaboratrici domestiche e ai medici, agli usceri dei tribunali e agli avvocati, alle segretarie e ai dirigenti, ai baristi e ai grandi chef. Ma altrettanto sacrosanto dovrebbe essere il principio del riconoscimento delle competenze e della retribuzione che da queste conseguono.
 
Alla “dignità del lavoro” deve corrispondere la “dignità del salario”.
In Italia le cose non vanno così e la Sanità ne è un triste esempio. Non parliamo del contratto per i colleghi che operano nella Sanità pubblica, rinnovato dopo dieci anni, ma del sempre più frequente ricorso a “medici a gettone” forniti da cooperative o srl messe frettolosamente in piedi da furbi imprenditori (spesso medici pensionati) alle quali Istituti e cliniche private si affidano per coprire buchi in organico o servizi, come i PS, molto costosi da mantenere con medici strutturati.
 
Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni da giovani colleghi che effettuano guardie diurne/notturne, feriali/festive pagate dai 12 ai 16 euro lordi l’ora. Uno scandalo, con buona pace della “dignità del salario”.
Senza nulla togliere alla “dignità del lavoro”, le collaboratrici domestiche, in città come Milano o Roma, vengono retribuite mediamente 12 euro l’ora, esattamente come un giovane medico che è anche obbligato a sottoscrivere una onerosa polizza assicurativa per garantirsi da sempre possibili errori. Deve esserci qualcosa che non funziona nella nostra società!
 
Anche al “piuttosto di niente è meglio piuttosto” ci sono limiti che riteniamo invalicabili, e che nel caso dei giovani “medici a gettone” vengono cinicamente calpestati.
 
L’Ordine si è già attivato per supportare, anche legalmente, i giovani colleghi che vogliano denunciare questo scandaloso sfruttamento e ha richiesto alla Sanità pubblica come siano i contratti dei “medici a gettone” ai quali anche gli ospedali fanno ricorso.
 
Così stanno le cose, e allora, per favore, smettiamo di stracciarci le vesti per i giovani che cercano fortuna all’estero: meglio una brioche in riva alla Senna che un tozzo di pane raffermo in riva al Bacchiglione.
Vergogniamoci!  
 
Michele Valente
Presidente Ordine Medici Vicenza

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