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Martedì 28 FEBBRAIO 2012
Statine. Un’arma in più contro la depressione?

I farmaci che tengono sotto controllo la colesterolemia potrebbero avere anche l’effetto di ridurre il rischio di sviluppare patologie dell’umore. Il risultato arriva dalla California, se confermato potrebbe migliorare non solo i sintomi depressivi, ma anche l’aderenza alle cure cardiache.

Le statine potrebbero non essere utili solo per abbassare il colesterolo, ma avrebbero anche l’effetto di prevenire la depressione. Questo quanto emerge da uno studio condotto dall’Università della California: le percentuali di persone depresse tra i pazienti che assumono i farmaci sarebbero più basse del normale, troppo perché si tratti di pura coincidenza. Lo studio che ne parla è stato pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Psychiatry.
 
Per affermarlo, i ricercatori hanno esaminato un campione di 965 pazienti con malattie cardiache, alla ricerca di persone clinicamente depresse. Così facendo, hanno scoperto che la patologia era presente molto meno tra chi faceva uso di statine per tenere sotto controllo la colesterolemia. Per essere sicuri dei risultati gli scienziati hanno seguito i 776 pazienti non affetti da disturbo depressivo – di cui 520 usavano il farmaco, contro 226 che non lo assumevano – in un follow-up di sei anni.
Gli scienziati hanno così scoperto che dei primi solo il 18,5% sviluppava la malattia, contro il 28% delle persone nel secondo gruppo. In altre parole, i fruitori di statine avevano il 38% in meno di possibilità di diventare depressi, rispetto agli altri. “Questo suggerisce che le statine possano avere una sorta di effetto protettivo a lungo termine contro la patologia dell’umore”, ha spiegato Mary Whooley che ha condotto lo studio. “Uno dei motivi potrebbe essere che queste prevengono la formazione di placche aterosclerotiche nel cervello, che hanno effetti anche sulle emozioni, non solo sulle capacità cognitive”.
I ricercatori hanno anche osservato gli effetti positivi delle statine sull’endotelio, che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni. Questo, sotto l’effetto dei farmaci, rimaneva più flessibile e dunque si adattava con maggiore facilità ai cambiamenti all’interno dell’organismo. “Non sappiamo ancora perché questo succeda, ma ciò potrebbe avere un ruolo nello sviluppo del disturbo depressivo”, ha continuato la ricercatrice. “Potrebbe anche darsi che i pazienti che assumono le statine abbiano una salute migliore in generale rispetto agli altri, e che questo abbia ripercussioni in molti ambiti che prima non consideravamo. Questo tipo di effetti è infatti difficile da analizzare: anche se si correggono i risultati per fattori come il fumo, l’attività fisica o i livelli di colesterolo, non si riesce a dare un quadro preciso del livello di ‘benessere’ di ciascun paziente”.
 
Se si avesse conferma che le statine hanno questo effetto di protezionerispetto alle patologie dell’umore, potrebbero essere usate per ridurre il peso dei sintomi depressivi nei pazienti con malattie cardiovascolari, e dunque, forse, anche di migliorare i risultati dei loro trattamenti nel complesso. La ricercatrice aveva infatti dimostrato in precedenti studi che i pazienti depressi con problemi cardiaci spesso si impegnano meno negli esercizi e nel seguire le cure, aumentando dunque il rischio di infarti, ictus e altri eventi cardiovascolari gravi. “Anche perché – ha concluso Whooley – le statine sono tra i farmaci più prescritti al mondo e risultano abbastanza sicuri e generalmente ben tollerati. Tutte caratteristiche che li rendono adatti ad essere sfruttati al massimo delle potenzialità”.
 
Laura Berardi

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