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Mercoledì 11 SETTEMBRE 2019
ESC/ Le ultime linee guida di trattamento delle dislipidemie: LDL mai così basso

Dopo aver guardato con una certa perplessità alle recenti linee guida per il trattamento del colesterolo prodotte dalle società scientifiche americane, inizialmente considerate molto, forse troppo restrittive, la società europea di cardiologia (ESC), congiuntamente a quella dell’aterosclerosi (EAS) hanno rilasciato la loro ultima versione delle linee guida, che è ancora più restrittiva di quella stelle-e-strisce. Per i soggetti ad altissimo rischio di mortalità cardiovascolare ormai l’LDL può essere abbassato virtualmente senza più limiti inferiori; anche nei soggetti a basso rischio, l’asticella dell’LDL viene abbassata al di sotto dei 116 mg/dl.

Le nuove linee guida congiunte delle società europee di cardiologia (ESC) e dell’aterosclerosi (EAS) adottano il ‘pugno duro’ contro il colesterolo, abbassando gli obiettivi di trattamento per diverse categorie di pazienti a rischio, a livelli mai visti finora.
 
Presentate qualche giorno fa a Parigi nel corso dell’ultima edizione del Congresso dell’ESC e pubblicate in contemporanea su European Heart Journal, le nuove linee guida si ispirano al mantra ‘tanto più basso è, meglio è’, riferendosi ovviamente al colesterolo LDL. E nei soggetti a più elevato rischio cardiovascolare, addirittura si consiglia di ridurre l’LDL ‘quanto più possibile’, senza praticamente stabilire più un limite verso il basso.
 
L’indicazione è dunque quella di portare l’LDL sotto 55 mg/dl e almeno di dimezzare i valori iniziali di LDL (cioè se un paziente si presenta con 70 mg/dl, l’obiettivo sarà di portarlo a 35 mg/dl)  nei pazienti ‘very high risk’ (quelli con rischio di mortalità > 10% a 10 anni). Gli esperti consigliano inoltre di scendere sotto i 40 mg/dl nei soggetti ‘very very high risk’.
“Ci sono ormai prove schiaccianti – commenta il professor Colin Baigent dell’Università di Oxford e Chairperson delle linee guida – del fatto che l’LDL colesterolo sia una potente causa di infarti e ictus. Abbassandone i livelli, si riduce questo rischio, a prescindere dalle concentrazioni di base. Questo significa che, nelle persone ad altissimo rischio di infarto o ictus, ridurre i valori di LDL rappresenta una misura efficace, anche se i livelli basali di LDL sono al di sotto della media.”
 
“Bisogna far sì che le persone a rischio alto o altissimo  – spiega il professor Alberico Catapano, Chairperson delle linee guida e professore di Farmacologia presso l’Università di Milano - ricevano un trattamento intensivo per abbassare le LDL. Ai pazienti già prossimi al target e già in trattamento dovrà essere offerto un farmaco aggiuntivo, che consenta loro di arrivare almeno a dimezzare i valori di LDL attuali”.
 
Ecco dunque i nuovi target di trattamento a seconda delle diverse categorie di rischio (valgono sia per la prevenzione primaria che per la secondaria e la terapia va sempre associata al ‘lifestyle advice’ cioè al cambiamento dello stile di vita):
-          pazienti ad altissimo rischio(rischio di mortalità cardiovascolare a 10 anni > 10%): ridurre l’LDL di almeno il 50% rispetto ai livelli basali e adottare un obiettivo terapeutico di LDL < 55 mg/dl
-          pazienti ad altissimo rischio che facciano un secondo evento vascolare entro 2 anni dal primo (i cosiddetti very very high risk), durante terapia con statine al dosaggio maggiore tollerabile: ridurre l’LDL sotto i 40 mg/dl
-          pazienti ad alto rischio (rischio di mortalità cardiovascolare a 10 anni >5% <10%): ridurre di almeno il 50% i valori di LDL rispetto a quelli iniziali e adottare un obiettivo terapeutico di LDL < 70 mg/dl
-          pazienti a rischio moderato(rischio di mortalità cardiovascolare a 10 anni >1% <5%): ridurre l’LDL sotto i 100 mg/dl
-          pazienti a basso rischio (rischio di mortalità cardiovascolare a 10 anni <1%): ridurre l’LDL sotto i 116 mg/dl
Unica eccezione a questi target così severi è l’anziano (> 75 anni) in prevenzione primaria, per il quale  gli obiettivi di trattamento sono stati un po’ ‘ammorbiditi’.
Le statine non vengono raccomandate nelle donne in pre-menopausa che non siano in terapia anti-contraccettiva. “Sebbene non sia mai stato dimostrato che questi farmaci causino malformazioni fetali – spiega il prof. Catapano - quando presi inavvertitamente nel primo trimestre di gravidanza, è bene che le donne in età fertile li evitino, visto che non è mai stato realizzato uno studio per rispondere appositamente a questo dubbio”.
 
Per arrivare a questi traguardi i pazienti dovrebbero essere trattati con statine ad alti dosaggi con l’eventuale aggiunta di ezetimibe e di un PCSK9 inibitore. E per chi fosse pronto ad alzare un sopracciglio, preoccupato dall’eccessiva ‘aggressività’ dei trattamenti proposti, gli esperti sottolineano che “non sono noti effetti indesiderati correlati a valori estremamente bassi di LDL”.
 
Per quanto riguarda gli effetti indesiderati delle statine, gli autori delle linee guida ricordano che raramente le statine provocano un danno muscolare (miopatia e rabdomiolisi), mentre più frequentemente posso dare una ‘intolleranza’, gestibile modificando la tipologia di statina o il suo dosaggio nella maggior parte dei casi. Insomma, medici e pazienti sono caldamente invitati a mantenere la statina a bordo.
 
Al fine di individuare i pazienti a altissimo rischio, per la prima volta compare nelle linee guida l’indicazione ad effettuare dei nuovi esami, come la coro-TAC con il calcolo del CAC (coronary artery calcium), che se basso, esclude l’alto rischio.
Per completare il profilo di rischio le linee guida suggeriscono di effettuare una valutazione ecodoppler dei vasi epiaortici o degli arti inferiori.
Il dosaggio dell’ApoB può essere utile nei soggetti con trigliceridi elevati, diabete, obesità che presentino bassi livelli di LDL (che potrebbero portare a sottostimare il rischio cardiovascolare).
Tutti, secondo le nuove linee guida, dovrebbero fare una tantum (idealmente intorno ai 40 anni d’età) un dosaggio della Lp(a) (lipoproteina ‘a piccola’) nell’ottica di individuare quei soggetti che, presentando elevati livelli di Lp(a), risultino ad alto rischio cardiovascolare, ma anche per meglio stratificare i soggetti ad alto rischio e quelli con anamnesi familiare positiva per eventi cardiovascolari precoci.
 
Sul versante dei trigliceridi, le nuove linee guida raccomandano ovviamente di misurarli e di utilizzare EPA ad elevato dosaggio (icosapent etile) nei pazienti ad alto rischio con livelli di trigliceridi compresi tra 135 e 499 mg/dl, già in trattamento con statine.
 
A differenza delle linee guida americane, quelle europee sottolineano l’importanza di continuare a rivedere e a seguire i pazienti, facendo controllare loro periodicamente le LDL. Il tutto al fine di migliorare la complicanze al trattamento. Anche la migliore prescrizione terapeutica, se resta dimenticata in un cassetto, non risulterà di alcuna utilità per il paziente e farà spendere inutili soldi allo Stato.
 
Maria Rita Montebelli

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