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Martedì 17 SETTEMBRE 2019
Giornata nazionale sicurezza delle cure: un paziente su 10 in ospedale rischia evento avverso. Servono più consapevolezza del rischio, gioco di squadra ed eliminazione delle differenze regionali sulla sicurezza

Anche se fortunatamente solo una minima parte comporta danni permanenti o morte. Il dato diffuso oggi dal presidente dell'Iss Silvio Brusaferro nel corso della giornata di studio al Ministero della Salute dove Ministero, Regioni, Iss, Aifa e Agenas hanno fatto il punto sulle iniziative di prevenzione del rischio clinico. E il Ministero della Salute per celebrare la Giornata nazionale, illuminerà di arancione la piramide Cestia a Roma

Piena consapevolezza di tutti, cittadini e professionisti, che per prevenire gli eventi avversi in modo efficace, garantendo la sicurezza delle cure, serve un gioco di squadra con un impegno comune e costante. Non sottostimare mai la dimensione del problema, perché il rischio accompagna tutte le pratiche clinico assistenziali, per questo bisogno mettere in campo ogni strumento necessario per prevenirli, evitando però percezioni non sostenute dalle evidenze. Infine, accorciare le differenze regionali garantendo standard organizzativi comuni tra Regioni e strutture
 
Sono queste le tre direttrici lungo le quali muoversi per arrivare a garantire la sicurezza delle cure. Una delle priorità dei sistemi sanitari di tutto il mondo e, naturalmente, del nostro Paese che ha celebrato oggi la prima Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e delle persone assistite (che cade in coincidenza con la giornata mondiale della sicurezza dei pazienti, promossa dall’Oms) con un Convegno al ministero della Salute. Una kermesse che ha visto protagonisti Ministero, Regioni, Iss, Aifa e Agenas, con un obiettivo: fare il punto sulle strategie da affinare per affrontare i principali rischi in ambito assistenziale.
 
I dati a disposizione, presentati dall'Iss, parlano di 1 paziente su 10, tra quelli ospedalizzati, che va incontro a un evento avverso, anche se fortunatamente solo una minima parte comporta danni permanenti o morte. L’Ocse stima che il 6% delle giornate di degenza ospedaliera sia dovuto a eventi avversi derivati da attività̀ ambulatoriale e cure primarie e secondo l’Oms globalmente eventi avversi di questo tipo rientrano nelle prime 10 cause di morte e disabilità nel mondo.
 
Va detto detto che sono tante tante le frecce nella faretra del Ssn: tra raccomandazioni ministeriali, monitoraggi della loro implementazione a livello regionale e monitoraggio degli eventi sentinella, un Osservatorio nazionale ad hoc, linee guida e una legge, la Gelli Bianco, che sancisce la sicurezza delle cure quale parte costitutiva del diritto alla salute, la sanità italiana ha messo in campo sforzi ingenti dando vita a molte buone pratiche ed esperienze operative concrete diffuse sull’intero territorio nazionale. Anche se le diseguaglianze a livello regionale continuano a rimanere una falla nel sistema.
 
“La sicurezza delle cure – ha dichiarato in una nota Roberto Speranza, ministro della Salute –  è parte costituiva del diritto alla salute e una priorità per le politiche sanitarie nazionali e globali, da affrontare insieme: tra istituzioni a tutti i livelli, con i professionisti e i pazienti. Considero un’opportunità e una responsabilità celebrare, proprio all’inizio del mio mandato da ministro della Salute, questa prima giornata nazionale della sicurezza delle cure e della persona assistita, versione italiana della prima Giornata mondiale della sicurezza dei pazienti, promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità ogni 17 settembre. La sfida sempre aperta è quella di garantire cure sicure in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un tema inscindibile dal finanziamento del Servizio sanitario nazionale, dalla formazione del personale sanitario, dal coinvolgimento dei cittadini.
 
 “L’Italia ha affrontato da diversi anni sfide gravose tra cambiamenti demografici, un crescente progresso delle conoscenze e delle tecnologie e il cambiamento del rapporto medico-paziente – ha sottolineato Luigi Icardi Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni – eppure nonostante le difficoltà sono stati messi in campo sforzi ingenti per garantire la sicurezza evitando e mitigando potenziali eventi avversi. Un impegno che ha portato benefici in termini di diffusione di cultura della sicurezza e dei metodi. Momento topico è stato la legge 24 del 2017 con l’articolo 1 e l’Istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza alla quale tutte le regioni non mancano di offrire il loro supporto di collaborazione garantendo anche la piena funzionalità dei centri regionali per la gestione del rischio sanitario. Sicuramente è necessario fare ancora molto, proseguendo nello sforzo di dare completa applicazione alla legge, attraverso i previsti decreti attuativi che devono ancora essere emanati. In questo contesto – ha aggiunto – tutte le istituzioni stanno facendo la loro parte. Sulla base di questi presupposti sono certo che l’appuntamento del 17 settembre, che si realizzerà ogni anno, potrà diventare un’importante occasione di sensibilizzazione e di crescita culturale e un momento di confronto e stimolo per un impegno costante e sistematico delle istituzioni nazionali sul tema della sicurezza delle cure”.
 
“Sicurezza e qualità delle cure sono due aspetti imprescindibili per chi eroga prestazioni sanitarie, si tratti del Ssn o di un qualsiasi professionista della sanità”. Ne è convinto Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss. “Gli eventi avversi si possono prevenire non totalmente, ma in una percentuale stimata attorno al 40-50% - ha affermato – ad oggi non esistono evidenze che si possa arrivare al rischio zero; esistono evidenze che laddove c’è un impegno di tutti nell’applicare le raccomandazioni specifiche emergenti dagli studi scientifici si possono dimezzare gli eventi avversi: ma non annullare completamente. La prevenzione funziona al meglio quando organizzazioni, professionisti e pazienti sono consapevoli di questo rischio, segnalano quando questo avviene e collaborano e adottano tutte le misure necessarie per prevenirlo”.
 
Per Il presidente dell’Iss sono tre le sfide da affrontare: accorciare le differenze regionali garantendo standard organizzativi comuni tra Regioni e strutture, e far emergere la consapevolezza in tutti, cittadini e professionisti, che prevenire gli eventi avversi in modo efficace richiede un impegno comune e costante, perché “la consapevolezza dell’esistenza del rischio, la conoscenza delle procedure per prevenirlo e l’adesione alle stesse (da parte dei professionisti e dei pazienti) sono elementi decisivi per una prevenzione efficace”. Infine la terza sfida: quella di acquisire la consapevolezza della dimensione del problema senza sottostimarlo, ma anche evitando percezioni non sostenute da evidenze. “L’Italia ha un impianto normativo avanzato e coerente con gli standard internazionali, esperienze nazionali, regionali e buone pratiche molto valide – ha concluso –  la sfida è quella di concretizzarle in modo omogeneo in tutto il Paese. La miglior sicurezza delle cure è il frutto di una attenzione e di uno sforzo continui che ci vedono tutti coinvolti, ciascuno nel proprio ruolo”. Soprattutto ricorda il Presidente Brusaferro, la consapevolezza della possibilità di eventi avversi non deve farci dimenticare che eroghiamo assistenza sicura in oltre il 90% dei casi.

L’invito a uno sforzo comune è arrivato anche da Barbara Labella dell’Osservatorio nazionale buone pratiche di Agenas che, ricordando l’importanza strategica dell’Osservatorio sul fronte dell’individuazione delle misure di prevenzione e gestione del rischio clinico e del monitoraggio delle buone pratiche, ha posto l’accento sulla necessità di migliorare lsia a capacità di raccolta dei dati e la loro qualità, sia di accrescere l’adesione ai sistemi di segnalazione degli eventi. E con un auspicio: che quanto realizzato nelle strutture pubbliche venga applicato anche in quelle private.
 
Per Andrea Urbani, Dg della programmazione sanitaria quando si parla di sicurezza non c’è una soluzione unica, il fenomeno deve essere aggredito su più fronti. Soprattutto occorre eliminare le differenze regionali “non degne di un Paese civile”.
“Abbiamo iniziato da tanti anni a impostare una serie di processi culminati con la legge che ha creato un approccio sistemico per ridurre il rischio intrinseco dell’amplificarsi degli eventi avversi in sanità – ha sottolineato – ora c’è una forte attenzione alla diffusione della cultura e dell’apprendimento dall’errore. Abbiamo sistemi di segnalazione degli eventi avversi e anche per la gestione del contenzioso. Soparttutto questo si è tradotto in una organizzazione sul territorio che, elaborando le informazioni, le ha trasformate in decisioni con ricadute per migliorare i percorsi organizzativi. Abbiamo però una variabilità regionale non degna di un paese civile. Lo sforzo che ci deve  accompagnare è quindi rendere effettive e omogenee le buone pratiche lungo tutto lo stivale. Questa è la sfida”.
 
La parola d’ordine per la sicurezza delle cure per Claudio D’Amario Dg della prevenzione sanitaria del Ministero è, ça va sans dire, “prevenzione”, senza però dimenticare che la medicina non è una scienza esatta. In medicina ci sono possono sempre essere le complicanze, ha ricordato: “Le tecniche diagnostiche molto invasive e intensive favoriscono le complicanze. L’utilizzo di farmaci immunosoppressivi può favorire le complicanze riducendo la sicurezza di alcune pratiche sanitarie. Molto può fare la giusta comunicazione e una appropriata gestione del rischio clinico nelle Aziende. Serve quindi una cultura della responsabilità accompagnata a una cultura della formazione”.
 
La sicurezza dei pazienti trova il suo umus anche nel utilizzo corretto dei farmaci. “Nel farmaco c’è sempre un elemento di rischio – ha ricordato Luca Li Bassi, Dg di Aifa – non esiste un farmaco che non abbia effetti collaterali, ma è vero anche che abbiamo un armamentario tale che il rapporto rischio beneficio è ampiamente a favore dell’efficacia e della sicurezza del farmaco. La consapevolezza del rischio è quindi un elemento essenziale che dobbiamo tenere sempre presente. Per questo tutto è monitorato e regolato da Aifa. Abbiamo dati di sicurezza e un attento monitoraggio degli eventi avversi grazie alla rete di farmacovigilanza nazionale ed europea. Questo permette un monitoraggio accurato per individuare e gestire segnali di rischio e adottare misure di tutela pubblica. A questo si aggiungono i controlli nei siti di produzione del farmaco, per poter garantire qualità e assenza di difetti. In caso di segnalazioni esterne, inoltre Aifa interviene con azioni regolatorie prevedendo la sospensione, il ritiro dei lotti finanche la revoca dei medicinali in commercio”.
Ma anche l’uso dei farmaci in termini di aderenza alla terapia e  appropriatezza terapeutica giocano un ruolo fondamentale in tema di assunzione dei farmaci  soprattutto, ha concluso “serve collaborazione nel prevenire i rischi a tutti i livelli, pazienti operatori sanitari e istituzioni”.
 
 
 
Ester Maragò
 

 

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