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Martedì 08 OTTOBRE 2019
La Fimmg a Congresso. “Liberiamo il medico di famiglia. In Legge di Bilancio e Patto per la Salute investire nella Medicina generale”. Intervista al segretario Silvestro Scotti

Alla vigilia della giornata congressuale in cui interverranno tra gli altri il Ministro della Salute, Roberto Speranza e il presidente delle Regioni Stefano Bonaccini, il leader dei medici di famiglia elenca le sue priorità e analizza le prospettive future della categoria. “Io vedo un medico di famiglia che non può rimanere quello di 20-30 anni fa, ma la politica fino ad ora non hai mai investito per invertire la rotta”

“Non chiediamo soldi del Fondo sanitario ma chiediamo di ‘liberare’ la nostra professione. Negli ultimi anni si è pensato che renderci subordinati fosse la soluzione per risolvere i problemi ma non è così che si fa. Oggi noi riteniamo che quella fiducia che ci danno i cittadini dev’essere quella che la politica deve tornare a ridarci riprendendo il senso dell’utilità che i medici di medicina generale possono dare al sistema”. A parlare è il Segretario nazionale della Fimmg, Silvestro Scotti che dal 76° Congresso nazionale del sindacato in corso a Villasimius in Sardegna, e alla vigilia della giornata istituzionale in cui interverranno tra gli il Ministro della Salute, Roberto Speranza e il presidente delle Regioni Stefano Bonaccini, anticipa i contenuti della sua relazione ed elenca le richieste dei medici di famiglia alla politica.
 
Prossimità e organizzazione delle cure: la Medicina Generale di domani tra demografia e cronicità. Così titola il vostro Congresso, ma come vede lei il futuro?
Io vedo un medico di famiglia che non può rimanere quello di 20-30 anni fa. Oggi siamo di fronte ad uno tsunami di malattie croniche che hanno bisogno di una gestione integrata, con altri professionisti già a livello di prima risposta e poi con gli specialisti e negli ospedali, ebbene tutto ciò viene spesso assommato come carenze di sistema.
 
Ecco ma a che punto siamo?
Siamo molto in ritardo. Mi sa dire qual è stato fino ad oggi l’investimento per affrontare queste criticità? Tutto l’investimento sembra essere solo quello all’interno delle quote economiche della convenzione.
 
E non basta?
Noi lavoriamo a volume, ma qualcuno si è chiesto come questo volume è cambiato negli ultimi 20 anni? Qualcuno si è chiesto se ci sono le stesse richieste? Siamo ancora così si sicuri che la quota capitaria e le risorse siano sufficienti a soddisfare professionisti e i pazienti?
 
Cosa fare allora?
Occorre trovare giuste economie per gli investimenti che migliorano le nostre prestazioni sulla diagnostica, sulla possibilità di avere personale e sull’impegno formativo, perché è chiaro che se il medico deve raccogliere nuove sfide, penso ai Pdta, all’integrazione con gli specialisti, sul primo livello avanzato, di questo c’è bisogno. Ma tutto ciò non si vede.
 
E cosa chiedete alla politica? Domani ci saranno il Ministro Speranza e il presidente Bonaccini…
Guardi, prima di tutto di recuperare il senso che diede alla nostra figura il legislatore quando decise che non dovevamo essere dipendenti, un legislatore, mi faccia dire, che aveva più vision rispetto a quello di oggi e che con lungimiranza vedeva il libero professionista come un soggetto che aveva la possibilità di esercitare un’azione d’impresa, come ha detto anche il ministro, ad alto valore pubblico e sociale. Noi siamo pubblico ma non ci sentiamo dipendenti.
 
Ora si avvicina la Manovra…
Sul piatto ci sono misure sull’innovazione, sull’occupazione, c’è il reddito di cittadinanza che può essere usato per gli sgravi fiscali. Io credo che oggi chi si approccia alla prossima Manovra deve lavorare su questi temi.
 
Mi spieghi meglio…
Perché in un’ottica di ricambio generazionale non si può pensare ad utilizzare una parte dell’investimento sull’imprenditoria giovanile sui nostri giovani che aprono i nuovi studi e partono dal primo giorno con personale e diagnostica perché lo Stato gli ha dato risorse a fondo perduto per favorire crescita e sviluppo? Secondo me questo è crescita e sviluppo due volte. Insomma, non chiediamo soldi del Fondo sanitario ma chiediamo di ‘liberare’ la nostra professione. Negli ultimi anni si è pensato che renderci subordinati fosse la soluzione per risolvere i problemi. Oggi noi riteniamo che quella fiducia che ci danno i cittadini dev’essere quella che la politica deve tornare a ridarci riprendendo il senso dell’utilità che i medici di medicina generale possono dare al sistema.
 
Sul tavolo c’è anche il patto per la salute. Che ne pensa?
Non so quanto siano vere le indiscrezioni ma sembra che si chiuderà a breve. Beh, però vedere che c’è un capitolo che parla d’investimenti senza citare il territorio e c’è un altro capitolo che parla sviluppo del territorio io non riesco proprio a capirlo. Come si fa sviluppo senza investimenti? Se ci si riuscisse vorrebbe dire che qualcuno ha trovato la quadra per fare dell’Italia il paese più ricco del mondo.
 
Altro tema la carenza di medici. Nel nuovo documento le Regioni parlano di rivedere i corsi di formazione in medicina generale. È d’accordo?
Credo che gli interventi sulla medicina generale siano stati già fatti e, se mantenuti nel tempo, possano essere bastevoli. La medicina generale ha già un provvedimento che permette al medico in formazione di acquisire delle scelte per esempio. Abbiamo firmato in questo senso un accordo agli inizi di settembre per rendere attivo il combinato disposto di Dl Semplificazione e decreto Calabria. Ma c’è un altro problema, ed è un impegno che chiederemo al Ministro perché basta un decreto ministeriale: come si fa a pensare che un giovane in formazione al secondo o al terzo anno possa acquisire scelte seppur con un limite sul massimale se non si riorienta completamente il programma del corso di formazione?
 
E come pensate di farlo?
Ci pare evidente che il programma del corso di formazione dovrà diventare nel primo anno un programma di grande impegno esperienziale e di intensità proprio sulle procedure della medicina generale. Significa che durante il primo anno il medico in formazione dovrà acquisire nel più breve tempo possibile il maggior numero di capacità da portare nell’attività perché dal secondo anno si potrebbe trovare con dei suoi assistiti.
 
Perché oggi che succede?
L’attuale programma prevede che questi giovani che vengono nel mio studio mi possono solo osservare, a me sembra ridicolo, perché quando avrà un suo studio visiterà e agirà esattamente come me. Io credo che un contatto di questo tipo non migliorerà solo l’assistenza del giovane in formazione, ma anche del medico anziano, rinnovandogli gli entusiasmi, le curiosità e migliorandone anche le prestazioni.
 
Luciano Fassari

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