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Venerdì 08 NOVEMBRE 2019
Dopo la sentenza su Venturi il Codice deontologico dei medici andrebbe integrato

Un chiarimento sui limiti dell'azione disciplinare non sarebbe inopportuno alla luce di quanto deciso dalla Corte costituzionale in merito ai limiti di intervento degli Ordini professionali in riferimento alle scelte politico amministrative della Regione

La Corte Costituzionale ha posto, con dottrina e buon senso, un macigno sull'iter giudiziario della radiazione dell'Assessore alla Sanità della Regione Emilia Romagna da parte dell'Ordine di Bologna.
 
La vicenda è talmente nota che è inutile ripeterla, comunque si tratta della sanzione comminata all'Assessore, che è un medico iscritto all'albo, per aver portato in Giunta una delibera sui protocolli operativi infermieristici nel servizio 118.
 
Nel silenzio delle associazioni mediche (ma il Presidente della Fnomceo si è sempre rifiutato di esprimersi a favore di questa decisione) si sono levate poche voci, tra cui chi scrive, per far notare che gli incaricati di un servizio istituzionale in base al voto popolare non possono essere assoggetti altro che al giudizio dei cittadini o della magistratura.
 
In tal senso parla chiaramente la Costituzione. E infatti la Corte, senza tanti arzigogoli, taglia la testa al toro affermando che non spetta all'Ordine sindacare le scelte politico amministrative della Regione (art. 117 e 118 della Costituzione). L'Ordine del Medici, rappresentando interessi settoriali, ha le armi che tutti hanno per contestare una decisione pubblica ma non può comminare una sanzione a chi agisce nelle proprie prerogative istituzionali in tal modo interferendo sulle scelte  politiche degli organi di governo.
 
Ne deriverebbe anche un'iniquità perché un qualsiasi professionista in una carica istituzionale potrebbe essere condizionato dalla sua appartenenza professionale. Il Papa può scomunicare ma la sanzione non ha effetti esterni, mentre la radiazione ha effetti civili e penali e, usata contro un esercente una carica politica, potrebbe essere un'arma di dissuasione.
 
Queste osservazioni servono solo da promemoria. In questa vicenda il fatto più inquietante, a mio avviso, è il clima che ha creato in molti colleghi. Era evidente la soddisfazione di alcuni Presidenti di Ordine vogliosi di trasformare le difficoltà presenti in procedimenti disciplinari.
 
Questo clima preoccupa. Da anni i medici sono a disagio per le profonde trasformazioni della società e dell'organizzazione della sanità, mentre la scienza e la tecnica costringono a un continuo adeguamento. Nasce così la recriminazione del passato e la volontà di riaffermare un ruolo che finisce spesso in velleitarismi. Una sorta di vittimismo categoriale con una forte tentazione autoreferenziale.
 
Qualcuno, dopo un infelice intervento a un Congresso del predetto Assessore nel quale lanciava critiche ai medici, ha gridato che l'Ordine di Bologna aveva visto bene nel radiare un simile soggetto confondendo però legge, confronto politico, deontologia e tifo da stadio. Alla distanza la ragione vince sui Masaniello di turno. Questo clima di esaltazione che si è tentato di creare rappresenta l'esatto contrario di come dovrebbe ragionare una categoria professionale; di questi tempi l'irrazionalità paga ma poi arriva la Corte e richiama alla realtà. 
 
Nel merito della vicenda il metodo del dialogo tra medici e infermieri è sempre il migliore, a partire da casi concreti, cioè dalla stesura dei percorsi assistenziali che caratterizzano la medicina moderna e in cui cooperano molteplici professionalità; come abbiamo sempre fatto in Toscana: il 118 regionale effettua circa 450.000 interventi l'anno e usa da oltre dieci anni i protocolli censurati a Bologna, avendoli inventati senza alcun contenzioso. Così è in molte altre Regioni.
 
La Fnomceo ha avviato una serie di incontri con le altre Federazioni dei professionisti della sanità. E' il metodo più idoneo a migliorare l'assistenza e evitare decisioni pessime e dannose. E, dato che si pensa di modificare il Codice Deontologico, un chiarimento sui limiti dell'azione disciplinare non sarebbe inopportuno.
 
Antonio Panti

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