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Mercoledì 20 NOVEMBRE 2019
“A 3 anni il 25% dei bambini pretermine ha disturbi del linguaggio”: l’allarme dei logopedisti che chiedono di essere presenti nel team dedicati

Nonostante la loro competenza nella prevenzione, valutazione e rieducazione delle funzioni orali, alimentari e del linguaggio, come anche delle abilità cognitive e della comunicazione, sono infatti presenti in poco meno del 20% dei team multidisciplinare neonatale e nel percorso di assistenza dei prematuri

In Italia ogni anno oltre 32 mila bambini, circa 1 su 8, nascono prematuri, cioè prima della 37° settimana. Un ‘termine’ dalle pesanti implicazioni quali il rischio elevato di decesso, pari al 50% in epoca neonatale e al 40% in età infantile per complicazioni successive, e deficit nello sviluppo fin dai primi giorni di vita con disabilità oro-alimentari che rendono difficile il passaggio da una nutrizione con sondino naso-gastrico (enterale) a una alimentazione naturale (allattamento) o artificiale (biberon) e un successivo ritardo nella crescita. Ritardo che riguarda la corretta acquisizione del linguaggio e delle funzioni associate, quali comprensione, apprendimento, emissione di suoni, formulazione di frasi di senso compiuto. Eventi invece prevenibili o gestibili ben prima che si trasformino in vera e propria disabilità con un approccio logopedico tempestivo.
 
Tuttavia ad oggi il logopedista, figura chiave nell’identificazione e riabilitazione di problematiche delle funzioni orali e alimentari, uditive ma anche della comprensione e produzione del linguaggio, non è stabilmente incluso (lo è in meno del 20% dei casi) nel team multidisciplinare dedicato al recupero di disabilità nel bambino prematuro sia in fase neonatale sia in regime di continuità assistenziale di follow-up, durante la crescita.
 
Accade così che il possibile ‘disturbo di linguaggio’ arrivi all’osservazione del logopedista in ritardo. Di conseguenza, un approccio terapeutico iniziato intorno ai i 3-4 anni di età del bambino quando il problema di linguaggio è già stabile e conclamato, risulta di più difficile risoluzione e/o efficacia. Tanto che oggi il 25% dei bambini di 3 anni circa nati prematuri è incapace di comporre frasi di senso compiuto e comprensibili a causa di una povertà di vocaboli, limitati a una cinquantina di parole ben al di sotto della media per l’età, con punte del 33% in piccoli di 3 anni e mezzo da cui ripercussioni sensibili sull’apprendimento, lo sviluppo cognitivo e il rendimento scolastico fino dalla scuola dell’infanzia e primaria.
 
Per questo, proprio in occasione dell’aggiornamento da parte dell’Istituto Superiore di Sanità delle Linee Guida sulla continuità assistenziale di follow-up (risalenti al 2015) che prevedono il monitoraggio delle capacità cognitive e di comunicazione del bambino a 0 mesi, 3-4 mesi, 12 mesi, 18 e 24 mesi, e in occasione della Giornata Mondiale del Prematuro (che si è svolta nei giorni scorsi), i logopedisti chiedono il riconoscimento del loro contributo nel recupero delle funzioni orali dei bambini nati pretermine sia nel primo periodo di vita e durante la crescita, ovvero che la loro figura venga ‘stabilmente’ introdotta nell’équipe multidisciplinare neonatale e nel percorso di assistenza dei prematuri, garantendo loro un normale e armonico sviluppo, pari a quello dei coetanei nati a termine.
 
“Le nascite pretermine non sono da sottovalutare – dichiara Tiziana Rossetto, professoressa di logopedia e presidente della Federazione Logopedisti Italiani (fli.it) – sia per i rischi clinici che possono presentare, come l’elevata mortalità, sia per le implicazioni associate a medio e lungo termine. Prime fra tutte le disabilità neurosensoriali, motorie, alimentari, respiratorie che inficiano il corretto sviluppo delle normali funzionalità del bambino con un rilevante impatto sulla qualità della vita. Ma non solo, vi è evidenza che i bambini prematuri abbiano anche un ritardo nell’evoluzione delle facoltà cognitive e comunicativo-linguistiche”.
 
Il dato principale, spiega Rossetto, evidenziato poi da studi successivi, è stato confermato già nel 2009 da una ricerca pubblicata su Pediatrics, ancora attualissima, su oltre 4.100 bambini prematuri nei quali si evidenziano maggiori difficoltà cognitive e riduzione delle performance rispetto a bambini nati a termine: “Ad esempio nelle interazioni di gioco con i genitori mostrano difficoltà a mantenere a lungo l’attenzione, nella comunicazione sviluppano più lentamente l’uso dei gesti, la comprensione e la produzione delle parole, tanto del lessico quanto della costruzione grammaticale delle frasi. Sintomi che fin dalla prima infanzia annunciano potenziali difficoltà nello sviluppo successivo del linguaggio e delle sue implicazioni che permangono e si aggravano nel passaggio dall’età prescolare a quella scolare, con una ricaduta di grado variabile sul rendimento scolastico. Difficoltà maggiormente evidenti dal secondo anno di scuola primaria quando aumentano le richieste di velocizzazione della lettura, maggiore accuratezza nella scrittura, nelle abilità numeriche e calcolo”.
 
“Si tratta di un complesso di difficoltà – aggiunge Sara Panizzolo, logopedista presso la Uoc Neonatologia e Terapia Intensiva, Aou dei Colli, Ospedale Monaldi, Napoli – che incidono sulla qualità di vita del bambino e della famiglia, ma che possono essere contenute con un  intervento logopedico mirato. Tanto più efficace quanto più sarà tempestivo, inserito in un progetto terapeutico multidisciplinare, che preveda anche il contribuito di altre figure della riabilitazione quali il fisioterapista, lo psicomotricista e l’ortottista assistente in oftamologia. Fondamentale, oltre all’identificazione delle differenti disabilità da parte di medici specialisti, è l’aiuto dei genitori, prime sentinelle nell’osservare un disagio in atto, legato ad esempio alla difficoltà di alimentarsi alla scarsa attenzione verso cose e persone, alla mancata partecipazione sociale con gesti e discorsini fatti ‘a modo suo’, proporzionati all’età. Tutti potenziali indicatori che dovrebbero invitare mamma e papà a richiedere una consulenza specializzata, in particolare del logopedista, per una diagnosi e trattamento tempestivi tali da ridare qualità e normalità alla vita dei bambini”.
 
“Nel bambino prematuro – conclude Rossetto – ci sono ‘gesti d’amore’ quotidiani che possono favorire oltre al legame empatico tra mamma-papà e bambino anche l’evoluzione cognitiva e comunicativa. È sufficiente che i genitori parlino con i piccoli guardandoli negli occhi e proponendo loro vari suoni vocalici, comprese canzoncine e ninnane. Inoltre, è importante che accompagnino la comunicazione con espressioni del volto e modulazioni della voce e che, durante i momenti di gioco, attirino l’attenzione del bambino con giocattoli colorati, sonori e luminosi adatti all’età, gratificandolo ogni qual volta dà risposte comunicative anche se non del tutto corrette”.

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