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Giovedì 28 NOVEMBRE 2019
Suicidio assistito, ma non solo. Quale ruolo per i Comitati etici per la consulenza etica dopo la sentenza della Corte costituzionale

L’esperienza dei Comitati di etica clinica non è affatto esaurita ma è in gran parte allo stato potenziale ed è necessario creare le condizioni affinché avvenga il passaggio di stato. Oggi alla luce di quanto è richiesto dalla Corte costituzionale, ma anche dagli scenari che abbiamo di fronte ricchi di possibili conflitti etici, c’è bisogno di strutturare e di potenziare la rete dei Comitati etici sul territorio

Ha fatto bene la Corte Costituzionale a suggerire che nella procedura di autorizzazione del suicidio medicalmente assistito sia previsto il parere del Comitato Etico territorialmente competente. Dal testo completo della decisione risulta confermato il parere obbligatorio del Comitato etico territorialmente competente, ma non appare chiaro quale sia il tipo di Comitato che deve intervenire.
 
L’idea di un coinvolgimento del SSN è stata lanciata dal parere del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) sul suicidio medicalmente assistito dello scorso luglio, la Corte ha elaborato il punto, stabilendo anche l’obbligatorietà del parere del Comitato Etico come ulteriore garanzia a tutela di chi opera la scelta. Infatti, nella sentenza viene stabilito chela pratica sarà eseguita all’interno del SSN, da personale sanitario pubblico, e dovrà avere il parere preventivo consultivo del Comitato etico competente territorialmente.
 
Questa ultima indicazione ingenera confusione riguardo al Comitato etico che deve essere coinvolto: il “Comitato etico territorialmente competente” oggi esistente è quello per la “sperimentazione clinica”, che non ha titolo né competenza di dare suddetti pareri. Questi sono di spettanza del Comitato etico per la consulenza etica alla pratica clinica, organismi che, purtroppo, con la riforma Balduzzisul tema non hanno avuto il sostegno necessario per svilupparsi e diffondersi, perciò sono drasticamente diminuiti.
 
Leggendo con attenzione la sentenza, sono i Comitati per la consulenza etica alla pratica clinica, gli organismi pubblici indipendenti che sono chiamati a prendere in carico la richiesta del paziente, verificarne la genuinità, le condizioni previste dalla Corte e ad esprimere il parere obbligatorio, ma che avrà valore consultivo lasciando la responsabilità dell’intervento all’interno della relazione medico e paziente. 
 
Il valore del parere, consultivo o deliberativo, è un altro aspetto che differenzia le due tipologie di Comitati considerati: deliberativo è il parere del Comitato per la sperimentazione clinica, consultivo quello del Comitato per l’etica clinica.
 
Questi ultimi però sono pochi e presenti in modo difforme nelle varie regioni. Bisognerà correggere questa carenza e precisare l’indicazione in tal senso della Corte, ma tutto ciò, comunque, non modifica affatto né l’impianto né la direzione della Sentenzache è di grande importanza perché valorizza molto la riflessione bioetica e rilancia e rafforza il ruolo dei Comitati Etici per la consulenza etica.
 
Questi aspetti meritano una attenta riflessione in quanto negli ultimi anni pareva fossero messi in una sorta di penombra. Infatti, prendendo spunto da questa situazione di silenzio, alcuni hanno colto l’occasione per affrettarsi a dichiarare la “morte della bioetica” e la conseguente “inutilità dei Comitati Etici per la consulenza etica”, forse lasciando un ruolo per quelli circa la sperimentazione clinica (che sono previsti dalla normativa europea).
 
È vero che già il decreto Bindi del 1998 istitutivo dei Comitati Etici presentava alcuni aspetti problematici. Quel decreto ha avuto il grande merito di intercettare l’esigenza emergente e di dare una valenza istituzionale nel SSN alla riflessione bioetica. Ma non ha distinto con sufficiente precisione i due diversi compiti del Comitato, e cioè quelli relativi alla sperimentazione e quelli riguardanti la consulenza etica alla pratica clinica.
 
Stragrande attenzione è così stata dedicata al compito sulla sperimentazione sia perché questo è richiesto in modo tassativo dalle normative, sia perché è meno problematico dell’altro che comporta tra le altre cose una richiesta di parere da parte di un medico e/o di un paziente e che necessariamente fa emergere i contrasti etici tra i componenti del Comitato stesso.
 
Nonostante i Comitati Etici si siano dedicati pressoché interamente alla sperimentazione clinica, le difficoltà al riguardo sono state molte e forse anche enfatizzate più del dovuto dagli stessi sperimentatori e dai loro sponsor: il risultato di questo clima anti-Comitato è stata la drastica riduzione del numero dei Comitati operata nel 2012 dal ministro Balduzzi, (e l’ulteriore taglio che è seguito ed è ancora in arrivo a seguito dell’applicazione della normativa europea al riguardo) e la perdurante mancata definizione dei compiti e della configurazione dei comitati per l’etica clinica.
 
In sintesi, questi ultimi non sono usciti dalla zona d’ombra dove si trovavano e dallo spontaneismo per quanto riguarda la loro istituzione. Già questo fatto può essere letto come una rivincita di chi ha sempre rivendicato l’autonomia dello sperimentatore e non vuole alcun controllo al riguardo, ma ancora più grave è una conseguenza che ne è derivata (forse inconsapevolmente), e cioè l’aver come accantonato l’importanza della riflessione etica e bioetica in ambito medico ossia nell’avere in pratica messo da parte il ruolo dei Comitati Etici per la consulenza etica alla pratica clinica. Di fatto, questi sono rimasti nel panorama italiano confinati nelle poche realtà territoriali più sensibili al tema che hanno legiferato sulla loro istituzione: Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Bolzano provincia autonoma
 
Al di fuori del parere del 31 marzo del 2017 che il CNB ha formulato per “I comitati per l’etica nella clinica” si trova poco altro in dottrina. In tale documento si menzionano i tre precedenti pareri che il CNB ha elaborato sui comitati (- I Comitati etici, 27 febbraio 1992; -  I Comitati etici in Italia: problematiche recenti, 18 aprile 1997; - Orientamenti per i Comitati etici in Italia, 13 luglio 2001) dove nei primi due veniva sostenuta la preferenza verso un modello unico di Comitato con competenza sia sulla sperimentazione clinica che sull’etica nella clinica  e l’ultimo che invece propugnava l’istituzione di Comitati diversi in composizione e nel valore del parere – autorizzativo o consultivo- a seconda delle funzioni loro assegnate.
 
Questo modello è prevalso ed ha voluto dire l’istituzionalizzazione e la regolamentazione dei Comitati etici per la sperimentazione clinica e la condanna all’oblio per l’altra tipologia di comitato.  Altro aspetto affrontato nel Parere riguarda il problema se la consulenza etica sui singoli casi clinici sia da affidare preferibilmente all’“esperto” di etica oppure al Comitato e alla sua composizione interdisciplinare.
 
All’unanimità il CNB boccia il consulente bioetico e si pronuncia a favore del Comitato di etica clinica senza sottacere, peraltro, i problemi che rimangono sempre aperti: l’indipendenza del Comitato rispetto alle strutture che li hanno costituiti e alle istituzioni presso le quali essi operano; la formazione e l’aggiornamento dei componenti;  il bioeticista, figura obbligatoria prevista dal Decreto legge del 2013, ma poco definita nelle sue caratteristiche curriculari professionali e formative.
 
Io credo che questi aspetti specifici dovranno trovare soluzioni appropriate e i Comitati per l’etica clinica dovranno essere istituzionalizzati in ogni realtà assistenziale di competenza delle ASL e delle Aziende ospedaliere universitarie. L’esperienza dei Comitati di etica clinica non è affatto esaurita ma è in gran parte allo stato potenziale ed è necessario creare le condizioni affinché avvenga il passaggio di stato.
 
Oggi alla luce di quanto è richiesto dalla Corte costituzionale, ma anche dagli scenari che abbiamo di fronte ricchi di possibili conflitti etici, c’è bisogno di strutturare e di potenziare la rete dei Comitati etici sul territorio.
 
In questo senso, benvenuto è il sostegno dato ai Comitati Etici per la consulenza etica dalla decisione della Corte Costituzionale. Quella decisione cambierà profondamente la professione medica ancor più di quanto l’abbia fatto la legge 194/78 sull’aborto. Infatti questa pratica riguarda solo un numero limitato di persone, mentre il problema di come chiudere la propria esistenza riguarda tutti. Questa è l’occasione per rilanciare con forza la prospettiva e dare nuovo impulso ai Comitati Etici.
 
Mariella Immacolato
Direttore medico legale Az. USL Toscana Nord Ovest, ufficio di direzione della Commissione regionale di Bioetica della Toscana

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