quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 03 DICEMBRE 2019
Giornata internazionale ONU delle persone con disabilità: in Italia sono 3,1 milioni. Umbria e Sardegna le più colpite 

La Giornata internazionale delle persone con disabilità è stata proclamata dall’Onu nel 1981 con lo scopo di promuovere i diritti e il benessere dei disabili. Istat, Comitato Italiano Paralimpico e Inail hanno anche promosso un’iniziativa congiunta, patrocinata dalla Camera dei Deputati, per far conoscere meglio e in modo rigoroso il mondo della disabilità nel nostro Paese e i dati raccolti in un Rapporto Istat saranno presentati oggi alla presenza del Capo dello Stato. IL RAPPORTO.

In Italia secondo l’Istat le persone che, a causa di problemi di salute, soffrono di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono circa 3 milioni e 100 mila (il 5,2% della popolazione).

Gli anziani sono i più colpiti: quasi 1 milione e mezzo di ultra settantacinquenni (cioè più del 20% della popolazione in quella fascia di età) si trovano in condizione di disabilità e 990.000 di essi sono donne.

Ne segue che le persone con limitazioni gravi hanno un’età media molto più elevata di quella del resto della popolazione: 67,5 contro 39,3 anni.

Il 26,9% di esse vive sola, il 26,2% con il coniuge, il 17,3% con il coniuge e i figli, il 7,4% con i figli e senza coniuge, circa il 10% con uno o entrambi i genitori, il restante 12% circa vive in altre tipologie di nucleo familiare. Le persone con disabilità che vivono con genitori anziani sono particolarmente vulnerabili, poiché rischiano di vivere molti anni da sole, senza supporto familiare; questo rischio è, peraltro piuttosto diffuso perché un numero elevato di disabili sopravvive a tutti i componenti della famiglia (genitori e fratelli), anche prima di raggiungere i 65 anni (Istat, 2016).

I dati sono quelli elaborati in un Rapporto elaborato dall’Istat In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che fornisce un quadro sulla condizione delle persone con disabilità nel nostro Paese.

L’Istat, il Comitato Italiano Paralimpico e l’Inail hanno anche promosso un’iniziativa congiunta, patrocinata dalla Camera dei Deputati, per far conoscere meglio e in modo rigoroso il mondo della disabilità nel nostro Paese e i dati saranno presentati oggi alla presenza del Capo dello Stato, con l’obiettivo di valorizzare e mettere al servizio della collettività e dei decisori politici il vasto patrimonio informativo a disposizione dell’Istituto su un tema così rilevante ma al contempo ancora poco conosciuto nelle sue molteplici dimensioni.

È possibile seguire l’evento anche in diretta streaming.
 



La Giornata internazionale delle persone con disabilità è stata proclamata dall’Onu nel 1981 con lo scopo di promuovere i diritti e il benessere dei disabili.

Dopo decenni di lavoro delle Nazioni Unite, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata nel 2006, ha ulteriormente promosso i diritti e il benessere delle persone con disabilità, ribadendo il principio di uguaglianza e la necessità di garantire loro la piena ed effettiva partecipazione alla sfera politica, sociale, economica e culturale della società.

Anche l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile si fonda sul principio che nessuno sia lasciato indietro, qui ricomprese le persone con disabilità. In particolare, l’Agenda mira a un rafforzamento dei servizi sanitari nazionali e al miglioramento di tutte quelle strutture che possano permettere un effettivo accesso ai servizi per tutte le persone. Sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di favorire l’integrazione e l’inclusione delle persone con disabilità permetterebbe un processo rapido verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile, in grado di promuovere una società resiliente per tutti attraverso l’eliminazione della disparità di genere, il potenziamento dei servizi educativi e sanitari e in definitiva, l’inclusione sociale, economica e politica di ogni cittadino.

Il tema scelto per la giornata 2017 è la  "Trasformazione verso una società sostenibile e resiliente per tutti.

Le persone con disabilità, risentono maggiormente delle carenze sanitarie, hanno minore accesso all’istruzione, minori opportunità economiche e tassi di povertà più alti rispetto alle persone senza disabilità, sono molto più a rischio di violenza: la probabilità che i bambini con disabilità subiscano violenze è di quattro volte maggiore rispetto ai bambini non disabili. Anche gli adulti con disabilità sono più esposti a forme di violenza. I fattori di rischio derivano da stigma, discriminazione e ignoranza, così come dalla mancanza di sostegno sociale per coloro che si prendono cura di loro.

Le limitazioni che determinano disabilità, spiega il rapporto Istat, sono di varia natura e gravità, ricadono in vari ambiti e possono essere tra loro legate da rapporti di interazione negativa. Il volume documenta gli ambiti più importanti nei quali esse si manifestano e si generano: la salute, l’istruzione, il lavoro, le condizioni economiche, la partecipazione alla vita sociale e culturale.

Inoltre, viene affrontato il ruolo che svolge il sistema di welfare, per contenere il rischio che un deficit di salute si trasformi in esclusione sociale, e la funzione svolta dalle famiglie che costituiscono l’altro importante pilastro su cui si fonda l’assistenza alle persone con disabilità del nostro Paese.
La “geografia della disabilità” vede al primo posto le Isole, con un’incidenza del 6,3%, contro il 4,8% (il valore più basso) del Nord. Le Regioni nelle quali il fenomeno è più diffuso sono l’Umbria e la Sardegna (rispettivamente, l’8,7% e il 7,3% della popolazione).

Veneto, Lombardia e Valle d’Aosta sono, invece, le Regioni con l’incidenza più bassa: il 4,4 per cento.

Le limitazioni che determinano disabilità sono di varia natura e gravità, ricadono in vari ambiti e possono essere tra loro legate da rapporti di negativa interazione. Importanti ambiti nei quali esse si manifestano e, eventualmente, si generano sono: la salute, l’istruzione, il lavoro, le condizioni economiche, la partecipazione alla vita sociale e culturale.

L’ambito più sensibile alla disabilità è quello della salute, che l’Oms definisce come uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.

Come tale essa costituisce una risorsa essenziale per condurre una vita soddisfacente in ciascun ambito rilevante per il benessere personale, inclusa la realizzazione sociale. Opportunamente la Convenzione Onu attribuisce una decisiva importanza alla salute e stabilisce il diritto di godere del migliore stato di salute possibile e precisa che ciò dovrebbe avvenire senza discriminazioni fondate sulla disabilità, riaffermando, quindi, la rilevanza del contesto sociale nel trasformare un problema di salute in disabilità.

Il quadro epidemiologico delle persone con limitazioni gravi è sensibilmente peggiore di quello del resto della popolazione; in particolare, esse soffrono più frequentemente di una o più patologie croniche.

La quota di persone che riferisce di essere in cattive condizioni di salute è pari al 61% (62,8% tra le donne); contro lo 0,6%, nel resto della popolazione. Considerando la sola popolazione anziana, le differenze sono anche più marcate: 68,7% contro l’1,6%. Le donne con limitazioni gravi palesano condizioni di salute peggiori, sono infatti il 56,4% quelle di età inferiore ai 64 anni che soffrono di almeno tre patologie croniche gravi, contro il 47,4% dei coetanei maschi. Tra i più anziani le differenze di genere si attenuano: 83,4% tra le donne e 80,4% tra gli uomini.

Analizzando l’associazione tra morbilità cronica e presenza di limitazioni, si rileva che le persone in condizioni di multicronicità o affette da malattie croniche gravi nel 69% dei casi hanno limitazioni gravi o non gravi e tale quota supera il 77% tra gli anziani.

Questi dati si spiegano considerando che la morbilità cronica può essere la causa dell’insorgenza di limitazioni; infatti, le malattie croniche gravi comportano spesso non soltanto una riduzione dell’autonomia ma anche altre patologie, quali artrosi, depressione, asma, allergie, ecc., che possono essere causa di processi degenerativi invalidanti e di limitazioni funzionali progressive.

D’altro canto, le malattie croniche gravi possono anche essere la conseguenza di problemi funzionali originati da altri eventi.

La rilevanza che il contesto sociale ha nel trasformare un deficit di salute in disabilità è evidente nel caso della riduzione o perdita di autonomia, che costringe a dipendere da altri anche per svolgere attività elementari, ma essenziali, con profonda lesione del senso di dignità individuale. L’assenza di autonomia interessa 1 milione e 400mila persone anziane, in gran parte ultrasettantacinquenni (1 milione e 200mila).

Si tratta di persone incapaci di prendersi cura della propria persona, cioè di compiere attività come fare il bagno o la doccia da soli, sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia, vestirsi e spogliarsi, usare i servizi igienici e mangiare.

Quasi il 7% degli over 65-enni presenta gravi difficoltà in tre o più delle attività citate; tale quota sale al 12% tra gli ultrasettantacinquenni. Circa 4 milioni di anziani (e quasi la metà degli ultrasettantacinquenni) sono incapaci di svolgere in autonomia altre attività strumentali alla vita quotidiana. Inoltre, poco meno di un terzo degli ultrasessantacinquenni non è in grado di svolgere in autonomia le attività domestiche più pesanti, il 17% non è in grado di fare la spesa da solo, circa il 12% di prepararsi i pasti. Le donne anziane riportano più difficoltà degli uomini sia nelle attività di cura della persona (14,1% donne contro 7,3% uomini) sia nelle attività domestiche (37,9% donne contro 20,4% uomini). La maggiore difficoltà delle donne si conferma anche al netto dell’età (12,2% donne contro 7,6% uomini per le attività di cura e 34,8% donne contro 21,4% uomini per le attività domestiche).

La capacità di spostarsi liberamente è condizione essenziale di autonomia e indipendenza individuale. Per questo motivo la Convenzione Onu ha riservato particolare attenzione alla mobilità, richiedendo agli Stati un impegno specifico nella predisposizione di ausili e tecnologie di supporto. In realtà, nell’utilizzo dei trasporti urbani emergono significative differenze tra le persone con limitazioni gravi e quelle senza limitazioni: si sposta con mezzi pubblici urbani, il 13% delle prime e il 25,1% delle seconde. Tali differenze variano molto con l’età.

Tra gli individui di età compresa tra i 15 e i 44 anni utilizza il trasporto urbano il 28% di coloro che soffrono di limitazioni e il 29,2% di coloro che non ne soffrono; se si considerano gli ultrasettantacinquenni le corrispondenti percentuali sono 14,6 e 21,6 per cento. Rispetto all’utilizzo del treno le differenze sono ancora più marcate.

In Italia, per affrontare il problema, è stato approvato l’ultima volta nel 2017 il “Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità” che propone otto linee di intervento:

1. Riconoscimento della condizione di disabilità, valutazione multidimensionale finalizzata a sostenere il sistema di accesso a servizi e benefici e progettazione personalizzata;
2. Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nell’ambiente sociale: promuovere la vita indipendente e l’autodeterminazione e contrastare attivamente la istituzionalizzazione e segregazione della persona con disabilità;
3. Salute, diritto alla vita, abilitazione e riabilitazione: il Programma individua tutta una serie di azioni specifiche e puntuali per arricchire e consolidare i Livelli Essenziali di Assistenza e l’integrazione sociosanitaria;
4. Processi formativi e inclusione scolastica: la linea di intervento elenca una serie di azioni per consolidare e rendere più efficace il processo di inclusione scolastica. Un altro tema di grande interesse riguarda la continuità tra orientamento/formazione e transizione al lavoro e l’accesso degli adulti con disabilità a percorsi d’istruzione e formazione permanente;
5. Lavoro e occupazione: le linee di intervento sono soprattutto normative e riguardano anche la qualità dei servizi di collocamento mirato su tutto il territorio nazionale. Alle grandi imprese si propongono iniziative quali l’istituzione dell’Osservatorio aziendale e il “disability manager” con l’obiettivo di promuovere l’inclusione dei lavoratori con disabilità nei luoghi di lavoro;
6. Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità: questo è un tema trasversale a tutto il Programma d’Azione, essendo il principio chiave per sostenere i processi inclusivi e la piena partecipazione delle Persone con Disabilità.
7. Cooperazione internazionale: le esperienze e le conoscenze scientifiche, tecniche e professionali in tema di disabilità realizzate in Italia possono trovare una importante diffusione nei progetti di cooperazione internazionale;
8. Sviluppo del sistema statistico e di reporting sull’attuazione delle politiche: il Programma d’Azione è accompagnato da un insieme di indicatori per il monitoraggio basati su un utilizzo sistematico dei dati del sistema statistico nazionale. Il Programma d’Azione propone un consolidamento delle indagini correnti ma anche lo sviluppo di nuove statistiche in particolare in settori come quello della salute mentale e della disabilità intellettiva.

E per la disabilità sono stati stanziati una serie di fondi: il Fondo nazionale per la non autosufficienza che dal 2007 al 2019 ha previsto investimenti per circa 4,3 miliardi di euro,  quello “Dopo di noi” con oltre 51 milioni per il 2019, il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020, il Fondo per accessibilità e mobilità delle persone con disabilità (5 milioni nel 2019), il Fondo inclusione delle persone sorde e con ipoacusia con una dotazione prevista è di 3 milioni per il 2019, 1 milione per il 2020 e 3 milioni per il 2021.

© RIPRODUZIONE RISERVATA