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Venerdì 16 MARZO 2012
Assistenza domiciliare. Indagine Spi-Cgil: “Solo per un anziano su cinque”

Questi i risultati di un’indagine dello Spi-Cgil su Adi e non autosufficienza. Il primato dell’offerta spetta all’Emilia-Romagna. Male Piemonte, Campania, Puglia e Sicilia. E dal 2005 al 2010 gli over 65 sono cresciuti di 768mila unità, di cui 207mila al Sud superando quota 12 mln.

Spesa sociale azzerata. Fondo per le Politiche sociali passato da 930 milioni di euro a 43 milioni. Fondo per la non autosufficienza di 400 milioni di euro annullato. Tagli e ritardi anche al Fondo di Premialità per le regioni Sud. Il risultato? I servizi dedicati alle persone fragili e agli anziani sono ridotti al lumicino. E così l’assistenza domiciliare interessa solo il 4,1% della popolazione anziana: appena 502.475 persone, ovvero solo di un anziano su cinque.
Una risposta insufficiente rispetto ad una domanda di servizi di assistenza per non autosufficienti in continua crescita. E ad una popolazione anziana che aumenta sempre di più: dal 2005 al 2010 gli over 65 sono cresciuti di 768mila unità, di cui 207mila al Sud, superando quota 12 milioni. Mentre le persone non autosufficienti, principalmente anziani, sono 2milioni e 600mila, con una previsione di crescita che toccherà quota 3 milioni.
A puntare i riflettori sull’offerta di servizi dedicati alle persone fragili e alla Terza età è il rapporto “Gli interventi per la non autosufficienza e l'assistenza domiciliare integrata. Una analisi delle politiche regionali”, curato dallo Spi-Cgil.
 
 
Dal rapporto è emerso che la domanda di assistenza è attualmente sopperita dal ricorso ad assistenti familiari (colf) che hanno raggiunto quota 780mila su tutto il territorio nazionale. Il welfare pubblico è stato sostanzialmente sostituito da quello “familiare”, privato o da ricoveri presso strutture residenziali.
Da qui, la richiesta dello Spi-Cgil: “Chiediamo con forza al governo di adoperarsi per definire nel più breve tempo possibile un Piano nazionale per la non autosufficienza – ha dichiarato il Segretario generale Spi-Cgil, Carla Cantone – che dia risposte concrete a tutti quegli anziani che vivono in una condizione di profondo bisogno e strumenti di sostegno alle loro famiglie. Siamo in una situazione di vera emergenza sociale perché per colpa delle scelte scellerate e vergognose operate dal precedente governo milioni di persone sono state lasciate da sole senza alcuna forma di supporto”.
Per lo Spi-Cgil è arrivata “quindi l’ora di rimettere il welfare e l’assistenza domiciliare integrata delle persone più fragili al centro dell’agenda politica di questo paese e per questo chiediamo al governo di ripristinare quei diritti universali di cittadinanza che per troppo tempo sono stati calpestati e non rispettati”.



L'offerta regionale.  Degli anziani che hanno usufruito dell’Assistenza domiciliare integrata, oltre 414mila (4,9% della popolazione anziana) risiedono nelle regioni del Centro-Nord, 192mila (7,9%) in quelle del Nord-Est, 121mila (3,5%) in quelle del Nord-Ovest, 101mila (3,9%) in quelle del Centro e 88mila (2,3%) in quelle del Sud.
Il primato dell’Assistenza domiciliare integrata spetta all’Emilia-Romagna che assiste l’11,6% del totale della popolazione anziana presente nella regione.
Seguono l’Umbria con il 7,7%, il Friuli Venezia Giulia con il 6,8%, il Veneto con il 5,5% e la Basilicata (unica regione del Mezzogiorno) con il 5%.
Parzialmente soddisfacente è la quota di assistenza in Abruzzo (4,9%), nel Lazio (4,7%) e Lombardia (4,3%), con una prevalenza però di interventi sanitari.
Ritardi nell’attivazione e scarsa integrazione dei servizi territoriali si registrano in Liguria e Marche dove è assistito il 3,5% della popolazione anziana e in Molise dove la percentuale è del 3,3%.
In Calabria, invece, la percentuale non supera il 2,8% ma a fronte di un quadro regionale non positivo in alcune Asl il processo di realizzazione dell’Assistenza domiciliare integrata è ben impostato.
Percentuali inferiori alla media si registrano, inoltre, in Sardegna (2,5%), in Piemonte (2,2%), in Trentino Alto Adige (2,1%) e in Valle d’Aosta (0,4%).
Gravi problemi ci sono in Campania (2,1%) e in Sicilia (1,5%) dove la struttura degli interventi è prettamente “ospedalocentrica”.
Anche in Puglia la percentuale è bassa e si attesta all’1,8%. La situazione in questa regione è disomogenea sul territorio e sconta il ritardo dell’attivazione della rete di servizi socio-sanitari.
Particolare, infine, è il caso della Toscana. In questo caso il metodo di valutazione è diverso e dove è stato definito il primo Piano socio-sanitario integrato e dove l’assistenza è affidata alle Case della Salute.
 
Partenariato sugli interventi sociali ancora troppo disomogeneo. Particolarmente disomogenea è la situazione che riguarda il partenariato, ovvero il confronto tra diversi soggetti sulla realizzazione di interventi finalizzati allo sviluppo economico, per il territorio e per l’integrazione sociale.
Non si attua, infatti, in Calabria e nel Lazio. In Veneto, invece, si sviluppa a livello regionale mentre in Campania, Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta è più sviluppato a livello territoriale con Enti locali e Asl. Relazioni strutturate e ben avviate, invece, si registrano in Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Basilicata, Piemonte e Umbria.
I confronti sono aperti e in fase di attivazione nelle Marche e in Abruzzo.
 

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