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Sabato 04 GENNAIO 2020
Ho molti dubbi sulla capacità di Speranza di “rafforzare” il Ssn

Ministro si metta nei miei panni, ma come faccio a credere che lei riuscirà a “rafforzare” il SSN quando: chi lo dovrebbe rafforzare è lo stesso che in questi anni con scelte sbagliate lo ha così tanto indebolito? Non ha nessuna, dico, nessuna cultura di riforma, per rendere diversamente pubblico il sistema pubblico? E sui fondi, il PD, o se preferisce Leu, cioè il PD senza Renzi, intende andare avanti senza fare nessuna autocritica sugli errori neoliberisti del passato?

Buon compleanno servizio sanitario nazionale saremo impegnati a rafforzarti ancora di più”. E’ la frase conclusiva del video messaggio che il ministro Speranza ha fatto in occasione dell’anniversario dell’approvazione della legge di riforma sanitaria avvenuta il 23 dicembre 1978 (QS, 23 dicembre 2019).
 
“Rafforzare” ma che vuol dire?
Cosa vuol dire “rafforzare”?  Se fosse un muro, sicuramente rendere più forte, più saldo, più resistente, quindi sostanzialmente “consolidare”. Ma se fosse un sistema complesso di valori in una temperie dinamica e mutevole cosa vorrebbe dire “consolidare?
 
Beh in questo caso sarebbe un altro paio di maniche.
 
Se ad esempio la “natura pubblica” di tale sistema fosse in pericolo, “rafforzare” vorrebbe dire renderlo ancora “più pubblico” e ciò implicherebbe un mucchio di opzioni possibili: aumentare i lea quindi coprire più bisogni, eliminare gli incentivi ai fondi integrativi, aumentare l’accesso delle persone ai servizi, superare le diseguaglianze, continuare a rifinanziare il sistema ecc.
 
E se, sempre restando sul sistema di valori, oltre al rischio di privatizzazione del sistema, esistesse anche un suo problema di “regressività” nel senso che i suoi schemi, le sue organizzazioni, i suoi modi di fare, i suoi paradigmi, le sue concezioni culturali di base, non fossero di gradimento a questa complessa società quindi ritenuti poco adeguati e coerenti? E beh, in questo caso “rafforzare” vorrebbe dire affrontare problemi culturali, scientifici, deontologici, formativi, soprattutto di riforma delle prassi professionali, quindi di ripensamento dell’idea di lavoro ecc.
 
E se oltre ai due problemi appena elencati ci fosse anche una questione “sostenibilità”? Cioè un rapporto difficile, al limite dell’incompatibilità, tra spesa sanitaria e pil? Quindi un andamento incrementale della spesa sanitaria non compatibile con l’economia del Paese?
 
In questo caso “rafforzare” avrebbe bel altri significati: quelli per esempio di una politica di bonifica dei costi parassiti e delle diseconomie. O anche un ripensamento del sistema nei suoi assetti funzionali. Oppure una revisione della governance quindi delle aziende e una rivisitazione dei modelli sui quali poggiano i servizi? O semplicemente una grande riforma organizzativa per superare il taylorismo sanitario e per ridurre i costi strutturali di un sistema tutt’altro che integrato ecc.
 
Insomma, signor ministro, siamo d’accordo, con lei, che il sistema va “rafforzato” ma la domanda resta: cosa intende per “rafforzare” il SSN?
 
Transitivo o intransitivo
Il verbo “rafforzare” è un verbo “transitivo” perché introduce a dei cambiamenti, cioè coinvolge il proprio complemento oggetto, nel nostro caso, l’intero sistema sanitario, ma se esso fosse solo uno slogan, sarebbe come un verbo sterile e impotente, “intransitivo” cioè che non predica niente a parte se stesso.
 
La domanda che le rivolgo, ministro Speranza, è semplice: quando dice “rafforzare” qual è il complemento oggetto, ammesso che lei usi questo verbo, in modo transitivo?
 
Veda, signor ministro, la differenza politica, sottolineo politica, di fondo tra transitivo e intransitivo passa:
• tra ciò che è necessario diventare per essere più forti,
• e ciò che basta  essere quello che si è  per gestire ciò che si è sempre stati.
 
Che senso ha “essere più forti” se non si “diventa più forti”?
 
Il problema politico quindi è come diventare per essere più forti. Il problema è come riformarsi. E qui casca il famoso asino. A lungotevere Ripa “riformare” è un verbo maledetto ma solo perché nessuno di quel ministero saprebbe dove mettere le mani.
 
Un ministro molto “pensato”
Signor ministro fino ad ora non ho avuto né l’onore né il piacere di conoscerla personalmente. Non credo che sia un caso. Tuttavia sappia che la “penso” molto e per questo la conosco più di quello che lei crede.
 
Conosco, come le mie tasche, la sua cultura politica di appartenenza, le sue debolezze, i suoi cedimenti contro-riformatori, i suoi clamorosi errori e le sue sbandate neoliberiste, il suo storico orizzonte strategico e conosco, purtroppo a mie spese, l’intolleranza verso un pensiero riformatore come quello che io propongo non so più ormai da quanti anni e quindi inevitabilmente conosco i suoi più stretti collaboratori. Conosco come questi ragionano. I famosi “duecentoventinovisti” alcuni di loro refluiti nel suo partito e recentemente riuniti dalla Bindi a convegno (QS, 4 dicembre 2019).
 
Per costoro, ovviamente grandi democratici, dall’animo sensibile che si indignano nel vedere gli immigrati abbandonati in mare, diventare eretici, è molto facile, per esempio basta che l’immigrato in mare, esprima dubbi sulla politica emiliana, o analizzi senza eufemismi i cedimenti verso il privato della 229, o dica che la riforma del titolo V è stato un errore tragico, o ancora sostenga che l’azienda andrebbe ripensata e che i fondi integrativi vanno avversati e che il regionalismo differenziato è una sciagura. In questi casi, l’immigrato, statene certi, sarà dai nostri perfetti democratici, ributtato in mare. Loro a mare buttano tutto il pensiero che li critica.
 
Insomma signor ministro per tutte queste ragioni temo, che “rafforzare” per lei non sia, aimè, per niente un verbo transitivo. Ma intendiamoci non perché lei non voglia o non desideri fare, ma solo perché, ho l’impressione che alla fine, lei abbia avuto certamente una gran botta di fortuna a rimediare un ministero, ma anche che le abbiano cucito un vestito addosso che alla prova dei fatti le va un po’ stretto.
 
Lei oggi parla di “rafforzare”, come non essere d’accordo con lei, ma da quando lei è diventato ministro, non so se ha notato, principalmente su questo giornale, non faccio altro che ripetere che bisogna “mettere in sicurezza il sistema” e che per farlo è necessario un pensiero che lei, aimè, con tutta la buona volontà in quel vestito stretto, non può avere, almeno da solo. Davvero un bel problema mi creda. Come si fa? Dove lo andiamo a trovare il pensiero che ci serve? A chi chiediamo una mano? 
 
Chi si rafforza è solo la speculazione finanziaria
Ma torniamo al verbo “rafforzare” e andiamo sul pratico,
 
Recentemente è stata portata a termine una fusione tra Intesa San Paolo Vita e Rbm Assicurazione Salute. Ne è nata“Intesa Sanpaolo Rbm Salute”, con 606 milioni di euro di premi nel business salute e una quota mercato del 20,8%. Un’operazione nei confronti del servizio pubblico molto pesante, resa possibile anche con un accordodi servicing con Previmedical, che metterà a disposizione la più grande rete medicale convenzionata in Italia (con oltre 113.000 strutture), con elevata qualità dei servizi e condizioni economiche vantaggiose rispetto alla media di mercato.
I clienti avranno a disposizione la centrale operativa di Previmedical, attiva 365 giorni l'anno, che sarà incaricata, alla faccia delle liste di attesa, della gestione delle prestazioni sanitarie. Essa si rivolgerà principalmente a: fondi sanitari contrattuali, grandi aziende, piccola e media impresa, casse professionali, enti pubblici e famiglie, al fine di assicurare a tutti i cittadini un’adeguata tutela della propria salute.
 
Sapendo che ormai la spesa privata, 40 mld di euro, è 1/4 dell’intera spesa sanitaria nazionale, l’obiettivo strategico dichiarato è ampliare il dominio della sanità privata e dell’assicurazione sanitaria, ridefinendo con la benedizione ovviamente del governo giallorosso, l’impianto normativo che c’è per permettere a tutti i cittadini di disporre di un secondo pilastro da affiancare alle tutele del Servizio Sanitario Nazionale.
 
Quindi l’obiettivo alla fine è gestire con il “secondo pilastro” le cure pagate direttamente dai cittadini, attraverso una piena integrazione delle strutture sanitarie, un ampliamento di partnership con i principali produttori di beni sanitari.
 
Ecco signor ministro sapendo io bene che al suo ministero la seconda gamba, non dispiace, ci spieghi ora meglio cosa lei intende quando dice che dobbiamo “rafforzare” il SSN, e dal momento che c’è ci dica se intende, modificare la normativa in vigore, e istaurare la seconda gamba.
 
Comincio a pensare che gira che ti rigira è lì che “coltello tra i denti” andremo a sbattere, o mi sbaglio? Vuoi vedere che secondo il principio tipicamente PD “continua a sbagliare ed evita di imparare dai tuoi errori”, dopo la Bindi, la Turco, dopo la pre-intesa dell’Emilia Romagna che chiede mani libere sui fondi, dovrà essere lei signor ministro, da sinistra, a completare l’opera e a farci il servizietto?!
 
Si metta nei miei panni
Poche semplici considerazioni pratiche:
• la privatizzazione del sistema che è in atto, non è inevitabile ma è il risultato  del pensiero debole del PD cioè del suo malcelato neoliberismo, lo stesso che gli ha fatto perdere consensi ovunque, che a un certo punto anziché continuare a riformare in avanti ha deciso, incapace di tirare fuori per davvero una idea di sinistra, di contro riformare in dietro.
 
• Non si rafforza niente se prima non si fa autocritica. Se si considera la 229 a tutt’oggi il vero orizzonte strategico del ministero, una legge senza macchia per quale ragione dovremmo modificarla? Ma se è senza macchia allora vuol dire che la seconda gamba, quella che ridicolmente a lungotevere Ripa definiscono “sanità integrativa”, è la cosa giusta da fare.
 
• Per rafforzare la sanità pubblica bisogna renderla ancora più pubblica ma più pubblica non significa solo più servizi cioè più quantità ma soprattutto un altro modo di essere servizi cioè altra qualità. Un altro genere di tutela. Più pubblico vale come un altro modo culturale sociale e scientifico di essere pubblico. Ma vallo a dire a chi non sa distinguere un ospedale da un centro commerciale.
 
• Per frenare l’espansione del privato certamente prima di ogni cosa vanno aboliti gli incentivi ai fondi ma da quello che capisco già con la Grillo era tabù quindi non era aria.
 
Ma a questo punto, signor ministro, dire che si vuole rafforzare il sistema e mantenere le agevolazioni fiscali ai concorrenti del sistema, mantenendo la classificazione dei fondi come soggetti non commerciali, cioè assimilabili al no profit, diventa imbarazzante. Non crede?
 
Conclusioni
Ministro si metta nei miei panni, ma come faccio a credere che lei riuscirà a “rafforzare” il SSN quando:
• chi lo dovrebbe rafforzare è lo stesso che in questi anni con scelte sbagliate lo ha così tanto indebolito?
• Non ha  nessuna, dico, nessuna cultura di riforma, per rendere diversamente pubblico il sistema pubblico?
• E sui fondi, il PD, o se preferisce Leu, cioè il PD senza Renzi, intende andare avanti senza fare nessuna autocritica sugli errori neoliberisti del passato?
 
Mi creda ministro non so che dirle.  Non riesco a prendermela con lei, abbiamo tante cose in comune, credo che in fondo sia una persona intellettualmente onesta, sono sicuro che crede a quello che dice.
 
Le vorrei dare una mano, poterle suggerire qualche consiglio, passarle qualche idea, anche sottobanco se fosse necessario, spiegarle meglio come stanno le cose, guardi, sarei persino disposto a incontrarmi con Errani per spiegargli la “quarta riforma”, ma pur comprendendo le sue malcelate difficoltà, non la vedo, caro ministro, né così libero né così interessato e neanche così preparato, come invece secondo me dovrebbe essere chi vuole cambiare sul serio il brutto andazzo della sanità pubblica.
 
Ivan Cavicchi

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