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Mercoledì 15 GENNAIO 2020
Veneto. Oltre 3.500 bambini maltrattati all’interno delle mura domestiche. Intervista alla responsabile dell’Osservatorio pediatrico, Paola Facchin 

Fra i 3500 bambini presi in carico dall’Osservatorio, i maltrattamenti più ricorrenti sono per trascuratezza, baby-shaking o abusi fisici. In aumento i casi di abuso di sostanze stupefacenti appartenenti ai genitori ma che finiscono nelle mani dei bambini. A volte queste sostanze sono assorbite attraverso la placenta. In altri casi addirittura somministrate dai genitori per tenere calmi i figli. Per Facchin l’assistenza a questo fenomeno in Veneto richiede, anzitutto, più presidi e più investimenti per la cura dei genitori o per la presa in carico dei bambini con malattie croniche o genetiche.

L’Osservatorio Regionale Veneto della Patologia in Età Pediatrica è un Osservatorio Epidemiologico Regionale fino a 18 anni, monitora il registro delle nascite, lo stato di salute e le attività dei servizi e supporto alla programmazione; è composto dal registro delle malattie rare per tutte le classi d’età, controllandone la loro diffusione, le storie naturali e diffonde conoscenze e informazioni su tali patologie. Uno dei primi importanti compiti dell’Osservatorio è quello di individuare, oltre alle malattie rare, i maltrattamenti. Da quanto ci rivela la Direttrice, sono molti i bambini che ogni anno subiscono maltrattamenti. Come ad esempio il maltrattamento del bambino scosso (baby-shaking), neglette o il maltrattato causato dal chemical abuse. A spiegarci i punti critici nel territorio veneto è la Responsabile dell’Osservatorio: Professoressa e Pediatra Paola Facchin.  

Professoressa Facchin, dai vostri studi, quali risultano essere le maggiori criticità in Veneto in età pediatrica?
Il primo grande problema riguarda l’aspetto della nascita. Non solo il calo delle nascite ma soprattutto il cambiamento delle donne che vanno incontro ad una gravidanza. Negli ultimi 18 anni, la moda statistica si è spostata da una mamma che partoriva attorno ai ventiquattro anni a mamme che partoriscono oggi sopra i trentaquattro anni, ma soprattutto la distribuzione ha una coda sopra i quarant’anni.

Tuttavia la distribuzione dell’età delle neomamme ha un brusco calo per quasi un 30%, sul totale in conseguenza dell’età molto più giovane delle donne straniere. I rischi per le mamme italiane è quello di abbassare la probabilità della fertilità naturale, ricorrendo quindi in caso di difficoltà a rimanere incinta alla procreazione medicazione assistita, alla stimolazione ovarica ecc. Una serie di pratiche che in gravidanza portano ad un aumento delle patologie genetiche ma, soprattutto, cromosomiche legate all’età avanzata della mamma.

Per le neo mamme la prima vera discriminate è l’età: all’interno di questa distribuzione, com’è la mamma quarantenne?
Spesso con una mamma alla soglia dei quarant’anni si arriva ad avere un bambino, raramente due. Questo comporta a vedere il proprio figlio più prezioso rendendo le stesse mamme più insicure, fragili e prive di esperienze. A questo dobbiamo sommare la carenza delle famiglie allargate, dove a supportare le prime settimane e mesi, dopo il parto delle neo mamme, vi erano le nonne che oggi, purtroppo, a causa dell’età avanzata della loro stessa figlia o sono diventate troppo vecchie o in qualche caso non ci sono più. Queste neo mamme, quindi, si trovano caricate dell’accudimento del bambino appena nato, dell’organizzazione della casa e spesso da un ritorno al lavoro troppo presto, specialmente per chi svolge un lavoro autonomo.

Tutti questi fattori causano la depressione materna. In Veneto le mamme che sono sotto cura per depressione materna sono oltre 5 mila e la cosa ancora più grave è che in Veneto non c’è la cultura di chiedere aiuto: al massimo queste mamme ricorrono al medico di famiglia che le cura con psicofarmaci e spesso in terapia multipla senza essere mai vista da uno specialista. Questo diventa una condizione di rischio perché da una depressione che si potrebbe risolvere con poco può, se trascurata, diventare cronica. Dal punto di vista del nato, se la neo mamma è depressa anche il bambino ne soffrirà. Nei primi mesi-anno di vita, la formazione celebrale del nato dipende dall’esposizione ambientale. Gli stimoli ad una formazione celebrale cosi detta normale sarà tale se avrà degli stimoli amorevoli e di affetto da parte dei genitori.

Ho letto che dagli ultimi vostri studi sono emersi alcuni aspetti finora sommersi. Ce ne vuole parlare?  
In Veneto, a causa di questa cornice, è emerso che oltre 3500 bambini sono maltrattati all’interno delle mura domestiche. Maltrattamenti che si diversificano in funzione dell’età. Spesso sono bambini che dai primi mesi di vita in su, sono soggetti a delle pratiche violente, come ad esempio lo scuotimento quando piangono per alcune ore da parte di quelle mamme che sono depresse e non si rendono conto o da parte di quei genitori che vivono condizioni di vita difficili, per cui saltano i nervi. Scuotere un bambino può causare danni al cervello, alla retina e al midollo spinale.

Tutti noi siamo figli di qualcuno e per crescere abbiamo avuto un assoluto bisogno di un rapporto amorevole con i nostri genitori. Toccare queste dinamiche all’interno di una famiglia è sempre molto difficile per cui è più facile negare o ignorare. Manca in Veneto una risposta a quelle famiglie in difficoltà, con genitori precarizzati o che hanno la mamma depressa, manca anche da parte delle stesse mamme la cultura di chiedere aiuto a delle strutture in grado di aiutarle.

Oltre a questa forma di maltrattamento da scuotimento, ve ne sono altre. Corretto?
Si certo. Fra i 3500 bambini che noi abbiamo in carico e che è stato riconosciuto una forma di violenza, fra le forme di maltrattamento dei bambini più ricorrenti ci risultano abusi per neglette, baby-shaking e/o abusati fisici. In aumento sono gli chemical abuse ossia quegli abusi legati all’abuso di sostanze stupefacenti; che genitori volontariamente o involontariamente fanno inalare droghe ai piccoli pazienti.  Maltrattamenti molto gravi dove i genitori espongono i bambini a droghe nell’ambiente in cui essi medesimi vivono. Abbiamo dati non trascurabili su bambini che assumono sostanze stupefacenti. Per alcuni bambini, queste sostanze sono state assorbite attraverso la placenta, in altri casi sono stati somministrati direttamente dai genitori ai figli, come ad esempio eroina o metadone, affinché un bambino non pianga, cocaina come eccitante e, quindi, per svegliarlo perché la dose si eroina o metadone era troppa inducendo il piccolo ad una depressione respiratoria. Lei capisce che questi trattamenti causano dei danni irreversibili al cervello e al cuore ai bambini. In Veneto abbiamo casi per oltre cento pazienti all’anno e questa violenza è in aumento.  

In conclusione cosa c’è bisogno in Veneto per il mondo pediatrico?
La prima importante e grave mancanza, sono le strutture per la cura delle mamme e/o genitori che vivono delle condizioni disagiate. Per disagiate intendo mamma depressa o papà depresso, oppure genitori che hanno perso il lavoro…Mancano strutture che prendono in carico i bambini con malattie croniche o genetiche. Noi pensiamo che i bambini stiano tutti bene, in realtà in Veneto ci sono circa 40 mila malati rari di cui circa un terzo di questi sono bambini. Per questi 12 mila bambini ammalati mancano risorse non tanto sulla diagnosi che c’è, su questo fronte in Veneto siamo messi molto bene, ma sulla presa in carico e sull’accompagnamento della vita che gli resta a questi piccoli ammalati. Ecco, questi sono i punti dove abbiamo bisogno di più investimenti. Con le ultime tecniche e conoscenze abbiamo dato più aspettativa di vita a questi bambini, ma siamo carenti di un supporto che li accompagni in quello che sarà la loro vita.

Endrius Salvalaggio

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