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Venerdì 31 GENNAIO 2020
Nuovo DG Aifa valuti la rimborsabilità dei mezzi contraccettivi



Gentile direttore,
ci congratuliamo per la recente nomina a Direttore dell’Agenzia Italiana per il Farmaco di Nicola Magrini, personalità di chiara competenza, e gli rivolgiamo un appello, dal momento che che ricopre al tempo stesso il ruolo di Segretario del Comitato dell’OMS che ogni due anni redige la lista dei medicinali essenziali per rispondere alle più basilari necessità di salute pubblica.
 
La lista, aggiornata pochi mesi fa, comprende tra i medicinali per la salute riproduttiva: contraccettivi ormonali orali, iniettabili, intravaginali e impiantabili, dispositivi intrauterini, contraccettivi a barriera e il mifepristone, indicato per l’interruzione farmacologica della gravidanza.
 
Desideriamo richiamare l’attenzione del Direttore Nicola Magrini sul fatto che in Italia ad oggi nessun mezzo contraccettivo è rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale. Sono tutti a pagamento, tranne in alcune Regioni e per alcune fasce di popolazione (Puglia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana), e sono tra i più cari d’Europa.

Nel 2017 il Comitato per la contraccezione gratuita e responsabile ha lanciato una petizione online per chiedere la rimborsabilità dei mezzi contraccettivi, petizione ripresa in seguito da Pro-choice, rete italiana contraccezione e aborto, che ha raccolto 80 mila firme. La richiesta è stata finora ignorata dai suoi destinatari, il Ministero della Salute e l’Aifa.

Per citare un recente documento della European Society of Contraception and Riproduttive Health, “la disponibilità dei contraccettivi deve diventare più equa in tutta Europa e deve essere disponibile un’ampia gamma di anticoncezionali gratuitamente sia per le donne che per gli uomini, in modo che possano esercitare realmente i loro diritti riproduttivi”.

Per quanto riguarda il mifepristone, facciamo presente che l’European Medicines Agency e lo stesso foglietto illustrativo del farmaco prevedono il suo uso “non più tardi del 63° giorno successivo al primo giorno dell’ultimo ciclo mestruale”, cioè entro le prime 9 settimane di gravidanza. In Italia, unico Paese in Europa, l’uso è limitato alle prime 7 settimane di gravidanza, un’indicazione priva di alcuna giustificazione clinica, che di fatto comporta una ridotta possibilità di accesso all’aborto farmacologico, che infatti nel nostro Paese è molto inferiore al resto dei Paesi Europei (nel 17,8% del totale degli aborti, contro il 60% in Francia, il 70% in Portogallo e il 98% in Finlandia).

Auspichiamo che in virtù della sua competenza e sensibilità, il nuovo Direttore Nicola Magrini vorrà impegnarsi quanto prima su queste due questioni, dando una risposta inequivocabile e concreta alle 80 mila persone che hanno firmato la nostra petizione e chiediamo di poterlo incontrare.
 
Pro-choice, rete italiana contraccezione e aborto

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