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Martedì 27 MARZO 2012
Anziani in ospedale. Se il ricovero fa perdere la memoria

Un nuovo studio dimostra che gli over65 che vengono ricoverati perdono due volte più velocemente memoria e capacità intellettive. I ricercatori già ipotizzano: “Bisogna rivedere le politiche di ricovero e dimissione dei pazienti più anziani”.

Chi va in ospedale in età senile, per una causa qualsiasi, potrebbe ritrovarsi ad avere un declino cognitivo più veloce. Questa la bizzarra scoperta fatta da un team del Rush University Medical Center di Chicago, che suggerisce che le persone anziane che vengono ospedalizzate vedono un aumento dei problemi mnemonici o intellettivi dopo essere stati dimessi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Neurology.
 
“Man mano che la popolazione diventa in media sempre più vecchia, noi ricercatori abbiamo tentato di identificare sempre più fattori che potessero portare a disturbi cognitivi in vecchiaia”, ha spiegato Robert S. Wilson, docente dell’ateneo statunitense che ha condotto la ricerca. “Nell’età anziana entrare in ospedale per un motivo qualsiasi è frequente, basta pensare a tutte quelle persone che a seguito di cadute si rompono il femore oppure a coloro i quali soffrono di cuore. Collegare la semplice condizione di ricovero ad un declino cognitivo potrebbe essere importante per prevederlo e porre rimedio”.
Lo studio ha coinvolto 1870 persone di età superiore ai 65 anni, abitanti a Chicago. Questi pazienti sono stati intervistati ogni tre anni per un massimo di 12 anni: in questi incontri venivano registrate le capacità mnemoniche ed eventuali difficoltà cognitive. Di tutti i partecipanti sono stati 1335 che nel periodo di studio sono stati ricoverati in ospedale per i motivi più disparati, ovvero il 71% del totale.
In media, i risultati di tutti i partecipanti nel periodo sono peggiorati, come conseguenza comprensibile dell’avanzamento di età. Ma i ricercatori hanno osservato che in generale i punteggi peggioravano due volte più velocemente dopo il primo ricovero in ospedale, in confronto sia a quelli precedenti all’ospedalizzazione, che rispetto a quelli ottenuti dalle persone che non erano mai state ricoverate. In alcuni test specifici sulla memoria a lungo termine i risultati peggioravano addirittura tre volte più velocemente per questi pazienti, mentre il calo di attenzione era solo una volta e mezza più rapido.
 
 I risultati non cambiavano neanche dopo essere stati normalizzatiin base alle malattie più gravi, o a permanenze in ospedale più lunghe, e il tasso di peggioramento non dipendeva dall’età. Questi fattori, infatti, sebbene avessero un peso nella velocità del declino cognitivo, non eliminavano il fattore dovuto all’ospedalizzazione. Inoltre, il tasso di peggioramento non sembrava essere collegato al livello delle funzioni cognitive prima del ricovero, e solo parzialmente connesso alla velocità con cui la demenza peggiorava prima dell’ospedalizzazione.
I ricercatori, tuttavia, non hanno ancora compreso perché questo succeda. “Abbiamo bisogno di ulteriori studi, anche per cercare di sviluppare strategie che possano prevenire questo tipo di problemi”, ha spiegato Wilson. “In questo senso potrebbero cambiare anche le politiche di ricovero e dimissione dei pazienti più anziani”.
Laura Berardi

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