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08 MARZO 2020
8 marzo. Faccia a faccia con l’incertezza: il valore delle cure, il governo dell’imprevisto, le trasformazioni

Mentre nelle prime linee si fa fronte alla epidemia, iniziamo a pensare ad una “health governance” a misura di donne e uomini, nella convinzione della sua maggiore adeguatezza nel rispondere alle nuove istanze emergenti nella società, connesse alle profonde trasformazioni epidemiologiche, sociali, politico-economiche, che l’emergenza sanitaria in atto sta mettendo a nudo

Più che una epidemia, uno tsunami. Un evento straordinario che, per quegli accadimenti della storia che appaiono forse una sola volta in un secolo, da un momento all’altro ha cambiato non solo le nostre vite e le prospettive di salute nell’immediato. E non stupisce, di fronte alla consolidata macchina sanitaria che da settimane sta lavorando H24, un certo smarrimento di fronte al “governo dell’imprevisto”. A differenza di calamità naturali, le malattie hanno un andamento imprevedibile, e questo gli studenti di medicina lo imparano da subito.    
 
In compenso i provvedimenti introdotti d’urgenza e i divieti relativi alla prevenzione del contagio sembrano aver spazzato via quasi un secolo di codici organizzativi finora inamovibili, schemi di lavoro apparentemente immutabili. Gli stessi che finora hanno condizionato in particolare proprio le vite delle donne che lavorano.
 
Una vera e propria nemesi storica. Tutte le battaglie condotte per anni in Sanità negli ultimi decenni sembrano improvvisamente vinte per decreto. Il SSN, da residuale peso morto, finalmente assurto a pilastro del Paese, su cui primariamente investire.
 
Il valore della professione medica e infermieristica viene riscoperto( anche se non risulta ancora quantificato, in un mondo in cui tutto ha un prezzo, quello del lavoro nelle odierne trincee di Pronti Soccorsi e Rianimazioni).
 
Tutte le annose rivendicazioni, perlopiù femminili, flessibilità, conciliazione, sostegno alla famiglia, usualmente ignorate, sono oggi elevate a sistema. Il  lavoro che diventa improvvisamente flessibile, il lavoro da remoto addirittura mandatorio. Stare a casa. Smart working. Ritmi lenti. Assumere, assumere. Pagare, pagare. Rivalutare il lavoro dei medici. Salvare il SSN. Pubblico ed universalistico. Quasi un plot distopico.
 
Le donne
Si trovano improvvisamente a fronteggiare il DPCM. Il tempo della conciliazione impossibile, dei tetti di cristallo inviolabili, dei posti apicali non raggiungibili e per questo non “scelti”, sembra in secondo piano. Ed è troppo presto per contare su “conquiste” improvvise, non sanno se l’eccezionalità di questi giorni diventerà finalmente “la norma”. 
 
Eccezionalità che a prima vista, come sempre, sembra basarsi su di loro, o meglio, sul sistema di welfare familiare, quando c’è. Scuole chiuse, case piene. Ragazzi lasciati da soli in casa. Tutta la giornata davanti. Solo chi ha mezzi ce la fa, come sempre. In arrivo provvedimenti che prevedono aiuti urgenti per le famiglie, perché la durata di questa bolla è imprevedibile.
 
Ecco, l’emergenza sanitaria, oltre che come nemesi storica, spazza via, come è già successo in Cina, un modello malato del lavoro, anche di cura; e ci consegna, quando l’epidemia passerà, finalmente la grande opportunità di essere protagoniste ed artefici di quella trasformazione epocale che il virus ha catalizzato. E’ questa per le donne (non solo in sanità) l’Occasione. Sperimentare nuovi modelli di vita e di lavoro. Proporre stili di condivisione e di prossimità. Per mettere in pratica rivendicazioni finora solo sognate, ma anche innovazioni.
 
Donne che curano ai tempi del Coronavirus.
Come hanno reagito all’epidemia? E’ presto per dirlo, ci saranno studi, si spera, sulle differenti reazioni, sui numeri, sulle differenti modalità di assistere, dirigere in emergenza, organizzare turni, riorganizzare moduli, interpretare direttive, in caso di responsabilità di UUOO.
 
Oltre i “reportage”.
Abbiamo letto in questi giorni sui media, sui social, storie di persone  o di reparti, di “normale “ lavoro di cura in tempi eccezionali. Sarebbero interessanti anche studi sugli outcome. Saranno preziose le documentazioni di eventuali sperimentazioni “sul campo”. Che possono cambiare le nostre vite e quelle dei pazienti, ed influire, trasformandole, sulla salute delle istituzioni.
 
Per la prima volta nella storia della emancipazione dei nostri tempi ci potrebbe essere una “curvatura”, nel lavoro di cura e non solo, tra i luoghi e i bisogni dell’esistenza e quelli della professione. Che mette in primo piano quella vita fatta di relazione, di tempi della persona, della famiglia, finora disumanamente fuori dalle istituzioni e dai suoi luoghi.
 
Abbiamo parlato di nemesi storica. Più semplicemente l’epidemia sembra aver stimolato l’agire politico di quelle donne che curano, che, con la filosofa Maria Zambrano, “…senza abbandonare l’intimo, il contestuale e il domestico, si dispongono con leggerezza a occupare un posto personale e chiaro nella storia”.
 
Crisi e Trasformazione. La Costruzione del Nuovo
Ogni crisi non è mai fine senza essere un inizio. Questi giorni sono e continueranno ad essere un banco di prova specialmente per le ragioni della Politica.
 
Evitiamo di propugnare cambiamenti solo superficiali (nuove assunzioni, nuove attrezzature, modernizzazione tecnologica), senza aver prima introdotto o consolidato innovazioni nell’organizzazione e i modi di lavorare: si avrebbe solo momentaneamente l’illusione di essere riusciti a cambiare le cose, giusto il tempo che questa trasformazione superficiale si logori, sgretoli e svanisca, mostrando nuovamente la superficie sottostante, rimasta immutata. I cambiamenti superficiali non sono sostenibili nel lungo periodo né risolutivi rispetto alle criticità: non durano più dell’oro placcato su una superficie che non è in grado di riceverlo e che finisce per scrostarsi.
In tale scenario, abbiamo il dovere di cogliere l’Occasione.
 
Mentre nelle prime linee si fa fronte alla epidemia, iniziamo a pensare ad una “health governance” a misura di donne e uomini, nella convinzione della sua maggiore adeguatezza nel rispondere alle nuove istanze emergenti nella società, connesse alle profonde trasformazioni epidemiologiche, sociali, politico-economiche, che l’emergenza sanitaria in atto sta mettendo a nudo.
Raccogliamo, studiamo e mettiamo a sistema le esperienze di innovazione organizzativa che stanno avvenendo in questi giorni nei diversi ambiti e livelli del sistema sanitario.
 
Sta a noi far sì che da questo parta un’onda lunga di innovazioni profonde (neanche ipotizzabili senza un’emergenza come quella attuale) in modo da ispirare ed avviare un ripensamento generale del modo di fare salute.
 
Ricordiamoci che, come scrisse Cohelo, l’ora più buia della notte è quella più vicina all’arrivo del sole.
Buon 8 marzo a tutte le donne che si prendono cura del mondo.
 
Sandra Morano
Ginecologa ricercatrice Università di Genova
 
Paola Adinolfi
Direttrice Master Daosan (Direzione delle Aziende e delle Organizzazioni Sanitarie
P.O. Organizzazione Aziendale
Università di Salerno

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