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Mercoledì 08 APRILE 2020
Coronavirus. Lo Snami Veneto denuncia la Regione e le Asl per “epidemia colposa”

“I DPI non sono stati forniti” e comunque “la loro fornitura è stata del tutto inadeguata per qualità e per quantità”. A fronte di ciò nella sola Ulss di Treviso sono 15 i medici di medicina generale contagiati. “Siamo sempre punto a capo ed io che rappresento oltre seicento Medici di Medicina Generale mi sento responsabile di quanto sta accadendo”, dichiara il presidente Snami Veneto, Salvatore Cauchi. LA DENUNCIA

Lo aveva annunciato al nostro giornale il 4 marzo: “Se uno dei miei iscritti si dovesse contagiare di Coronavirus io andrò in Procura  per denunciare il direttore Generale della Ulss trevigiana, il Governatore del Veneto ed il Presidente del Consiglio Veneto”. Ed ora Salvatore Cauchi, presidente regionale dello Snami (Sindacato Nazionale Autonomo dei Medici Italiani in Veneto), è passato dalle parole ai fatti e il 28 marzo, di fronte a 15 medici di medicina generale contagiati dal coronavirus nella sola Ulss di Treviso, ha formalizzato una denuncia alla Procura della Repubblica nei confronti della Regione e della Asl del Veneto ipotizzando il reato di epidemia colposa (artt. 438 e 452 c.p.).
 
“Sono molto amareggiato vedere come i MMG sono considerati dalla Regione Veneto e dalla Ulss di appartenenza. Fino ad ora siamo stati trattati come medici a perdere”, afferma Cauchi. “Dopo quasi un mese e mezzo dall’emergenza Coronavirus, siamo sempre punto a capo ed io che rappresento oltre seicento Medici di Medicina Generale mi sento responsabile di quanto sta accadendo”. Si tratta in effetti di una guerra – si legge dall’esposto - ma non si può andare in guerra a viso scoperto: non si può combattere il Coronavirus senza i Dispositivi di Protezione Individuale, tanto meno in considerazione del fatto che, al momento, non vi è alcuna cura o vaccino. Mancano le mascherine protettive, primo presidio irrinunciabile di protezione individuale; mancano i camici e le tute protettive. Mancano negli ospedali, ma mancano soprattutto negli ambulatori dei medici di medicina generale, ossia tra coloro che quotidianamente vengono e sono venuti a contatto con decine di pazienti, ciascuno dei quali potenzialmente contagianti o contagiabili”.
 
“I medici non vogliono essere chiamati “eroi”- conclude Cauchi - ma chiedono di poter svolgere la propria funzione in tutta sicurezza a vantaggio della collettività. Nonostante ciò, oggi i medici si recano comunque in ambulatorio consci di non poter contare su protezioni idonee, e molti si contagiano. Alcuni muoiono”.
 
Endrius Salvalaggio

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