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Venerdì 08 MAGGIO 2020
Coronavirus. Iss: “Per stranieri diagnosi in ritardo e infatti si registrano meno casi positivi ma più ospedalizzazioni e terapia intensiva rispetto agli italiani”

Per questo non è corretto pensare che gli stranieri si ammalino di meno, la realtà è che fanno meno tamponi e così aumenta il rischio di ospedalizzazione rispetto agli italiani è 1,4 volte più elevato. Per quanto riguardo il bilancio dellla Fase 2 i primi dati solo la prossima settimana. Rt resta sotto 1 in tutta Italia (tranne la Sicilia) ma si registrano oscillazioni in basso o in alto in molte regioni rispetto a una settimana fa.

Non è vero che i cittadini stranieri si contagiano meno facilmente per Covid-19 semmai è più difficile per loro ricevere una diagnosi e si ha un ritardato accesso al tampone. A spiegare come stanno le cose è stato oggi il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell'Iss Gianni Rezza (vedi slide), (probabilmente alla sua ultima uscita pubblica in questa veste essendo ormai ufficialmente transitato al ministero della Salute come DG della prevenzione), presentando un approfondimento ad hoc nel corso del punto stampa all'Iss sull'andamento dell'epidemia.
 
Partiamo dai dati. L’Istat stima in 5.255.503 i cittadini stranieri residenti in Italia al 1/1/2019 (8,7% della popolazione totale). Dall’inizio dell’epidemia al 22 Aprile sono stati diagnosticati e notificati al sistema di sorveglianza un totale di 179,200 casi, tra questi l’informazione sulla nazionalità era disponibile per 124.204 casi (69,3%) evidenziando 6.395 casi (5,1%) attribuibili a individui di nazionalità straniera.
 
Quindi, in rapporto alla loro incidenza complessiva sulla popolazioe italiana potrebbe dedursi che in effetti il coronavirus abbia colpito in misura minore gli straneri. Ma questa conclusione è ingannevole per almeno due fattori, ha spiegato Rezza: la minore dimestichezza nell’interfacciarsi con i servizi sanitari e le necessità economiche che potrebebro indurre a evitare l’isolamento e la sospensione dell’attività lavorativa. A conferma di questo ragionamento Rezza ha poi sottolineato che, se andiamo a guardare il rischio di ospedalizzazione, rispetto agli italiani, vediamo che negli stranieri è 1,4 volte più elevato.
 
E lo stesso vale per l'accesso alla terapia intensiva con percentuali più alte negli stranieri. Questo vuol dire che uno straniero che ha una malattia meno grave ha una più bassa possibilità di essere notificato. Invece c'è un maggior ricorso all'ospedalizzazione. Anche il rischio di decesso è più elevato tra gli stranieri, soprattutto fra le persone che provengono da Paesi a basso reddito", ha spiegato Rezza.
 
Quanto all'andamento epidemiologico generale (vedi altre slide), "la curva dei contagi va decrescendo, è un segnale che prosegue", ha spiegato il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro. E si sta andando verso un numero più basso in tutte le regioni, inclusa la Lombardia. L'incidenza di letalità resta alta nelle fasce d'età più anziane.
 
L'Iss ha poi presentato per la prima volta i risultati di uno studio sui certificati di morte dei pazienti Covid ssecondo la codifica Istata e relativo a 2.417 deceduti positivi a Covid-19 (pari al 9% dei decessi): l'infezione risulta essere indicata come causa di morte nell'88% dei casi (2.133), il restante 12% viene invece certificato con altre cause e tra queste il cancro (2,4%), le malattie cerebro vascolari (1,3%) e le malattie croniche respiratorie (1,2%) sono le più signficative.
 
Indice RT (che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva) risulta sotto 1 in tutta Italia ad eccezione della Sicilia dove è balzato a 1,1 risptto all 0,64 della settimana scorsa. La spiegazione di questo balzo, speiga però l'Iss, potrebbe essere nel fato che sono segnalati pochi casi di infezione con trend in riduzione nell’ultima settimana e quindi l’Rt leggermente superiore ad 1 potrebbe riflettere pregressi focolai limitati e di per sé non implica un aumento diffuso di trasmissione. 
 
In ogni caso, fermo restando che il livello resta sotto 1 in tutte le altre Regioni si osservano comunque diverse oscillazioni rispetto alla scorsa settimana, con alcune regioni in crescita (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Puglia e Umbria), altre in diminuzione (Bolzano, Emilia Romagna, Friuli Venenzia Giulia, Marche, Molise, Piemonte e Sardegna) e altre più o meno stabili (Lazio, Lombardia, Toscana, Trento, Valle d'Aosta e Veneto).
 
Solo nella prossima settimana si potranno iniziare ad avere i dati relativi all'andamento dei casi nei primi giorni dalla riapertura che dal 4 maggio hanno segnato l'inizio della Fase 2. Dall'analisi settimanale della cabina di regia tra ministero e Regioni si potranno fare ragionamenti per decidere misure successive. Nella Fase 2 "si stanno valutando forme di partecipazione con numeri limitati di persone in luoghi confinati previo rispetto delle regole e con un percorso di garanzia, dalla fasce orarie agli ingressi. Questo vale per tutti gli eventi che hanno tali caratteristiche, comprese le celebrazioni liturgiche", ha precisato Brusaferro.
 
 
"Ma le aggregazioni e gli aperitivi sono sicuramente situazioni pericolose, siamo ancora in una fase delicata. Se molliamo proprio adesso rischiamo una ripresa dell'epidemia", ha avvertito Rezza, riferendosi alla folla sui Navigli di Milano fotografata ieri e che ha fatto infuriare il sindaco di Milano Sala che oggi ha minacciato di chiudere il quartiere della movida milanese.

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