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Lunedì 11 MAGGIO 2020
La “perdita” del tempo



Gentile direttore,
chi scrive intende offrire un piccolo contributo all’analisi del proprio tempo utilizzando gli strumenti di cui dispone come “antropologo trasformazionale”: un livello personale (l’analisi del tempo interiore e vissuto e non il tempo dell’orologio) e un livello collettivo-storico (la cronodesi ossia legame con il tempo; con tale termine si intende il legame soggettivo all'accadimento catastrofale e ai risultati antropici degli orizzonti continuamente subentranti del loro tempo.
 
L’emergenza sanitaria che stiamo attraversando e la conseguente crisi economica stanno avendo importanti sulla dimensione del tempo vissuto e non avrà solo ricadute collettive, epocali, psicologico-sociali su tutta la popolazione. Una trasformazione senza precedenti sta interessando modalità di lavoro, abitudini, comportamenti, relazioni sociali e affettive. Non sono pochi gli individui, sotto il profilo psicologico che hanno la sensazione che il “tempo rallenti”, fino ad arrestarsi, e tendi a restringersi fatalmente.
 
La dimensione del futuro appare lontana mentre si amplia la dimensione del passato (come eravamo prima?), assorbe ognuno nella disperazione per la perdita di un orizzonte, di una prospettiva. Il coronovirus in molti casi ha provocato e reso evidente la dissociazione tra un tempo soggettivo e il tempo del mondo, il tempo della clessidra. Oggi difficile appare la comprensione delle trasformazioni dell'orizzonte conoscitivo (il mondo dell’accadere) ed emozionale (il mondo di ciò che si prova). Ma cosa sta accadendo in questo tempo, nel sociale e dentro le persone? Siamo tutti alla ricerca e alla riconquista di uno spazio di liberta individuale perduto?
 
L’invito rivolto alla nostra coscienza sembra essere, per tutti, quello di oltrepassare il senso di solitudine, di mettersi “alla ricerca di uno spazio perduto”, ripensando nuove forme di intreccio tra spazio e tempo. Se è vero, come ha detto Doreen Massey, come il tempo agostiniano, lo spazio è “la più ovvia delle cose”, ma la più difficile da definire e spiegare anche se evocata disinvoltamente nei contesti più diversi…, ne consegue un esito radicale: trovare il punto di saldatura tra “spazio vissuto” e il “segni dei tempi”.
 
Cosa sta realmente cambiando e quale orizzonte culturale ci attende o sta mutando dinnanzi ai nostri occhi, al punto da mutare le relazioni umane? Cosa ci attende nell’ambito delle relazioni umane? Per chi scrive, in questo tempo epocale di pandemia Covid19, si rischia di fare confusione di massa su più livelli, sia a livello soggettivo che di comprensione della realtà. A peggiorare lo stato di cose una comunicazione scientifica di massa fuori controllo, un costante bollettino di guerra tra i caduti, i salvati e i guariti.
 
Tuttavia si possono comprendere i modi, le aspettative, le visioni future, le credenze, le paure, le ansie del futuro che stiamo sperimentando (ansie legate soprattutto alle visioni del futuro, alla condizione di privazione).
 
Oggi appare fondamentale l'importanza dell’altro (la socialità) ed il valore di trovare dei momenti sociali per condividere, come ieri, le nostre esperienze con gli altri, nel tentativo di riappropriarci di spazi di vita, di riassaporare la libertà di scelte considerate sino a qualche tempo fa, “normali”: il desiderio di uscire, di rientrare a casa, di vedere un amico, di mangiare in un ristorante, ecc. Ora le nostre preoccupazioni e paure ed anche le nostre risorse, sono ampiamente connesse con un mondo digitale che pone una distanza tra i corpi viventi, ma non tra i corpi e le macchine digitali (pc, smartphone). Oggi, con maggior forza, l'utilizzo delle nuove tecnologie ci impone un “mondo nuovo”.
 
Le norme di distanziamento sociale e gli obblighi del lockdown imposti dalla pandemia di Covid-19 stanno cambiando molte delle nostre abitudini e molti professionisti hanno dovuto riadattarsi a nuovi strumenti per seguire i propri pazienti.
 
Certo che l’attività psicologica, ancora una volta di-staccata del mondo medico, si rende necessaria, ora più che mai, per superare tale situazione storica ed epocale del Covid19, che sta modificando il tempo vissuto individuale e le relazioni intersoggettive, nel bene e nel male, ossia l’intero mondo umano.
 
Ogni emergenza, sia essa sanitaria o sociale, crea una sorta di “spaccatura” nel tempo vissuto, tra un prima, un durante e un dopo, una interruzione della logica del destino (futuro, avvenire), un'emergenza psicologica individuale. Per porsi al di là del guado si richiede comprensione, autoriflessione, nuovi adattamenti e visioni dell’accadere, forme nuove di competenze, abiti mentali e interventi specifici, spesso non delegabili ad altre figure professionali ma affidati a noi stessi.
 
Occorre chiedersi ora, durante questa nuova fase, quanta della paura vissuta rimanga dentro e fuori di noi, negli atti quotidiani. Quando “perdiamo” il tempo (nel senso che non ci dedichiamo attenzioni) o lo conquistiamo (nel senso che ci dedichiamo attenzioni) proviamo varie emozioni come sofferenza o gioia. Inoltre quando non ci accorgiamo che accompagna idee, pensieri e stati d’animo, i nostri vissuti emotivi prendono varie forme, aspetti, a volte sembriamo cadere dalle nuvole (presa d’atto di vivere il tempo), siamo quasi trasportati dal flusso del divenire, dalla sensazione di essere trasportati al di là del presente.
 
Giuseppe Errico
Psicologo/Psicoterapeuta

  

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