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Giovedì 19 APRILE 2012
Alimentazione. Andid lancia la “Tribù della dieta sostenibile”

Solo il 12% degli italiani è promotore di una vera “cultura sostenibile”, in grado di migliorare anche il sistema alimentare. Ma oggi l’Associazione nazionale dietisti dà vita a comunità di pratica professionale che, ampliando i propri orizzonti, possa comprendere anche le politiche alimentari.

Nasce la ‘Tribù dei Sostenibili’ per promuovere comportamenti, pensieri ed azioni con l’obiettivo di limitare l’impatto delle dinamiche politiche, economiche e sociali sul sistema alimentare e, più in generale, sulla salute pubblica, l’ambiente e la giustizia sociale. Una capacità che, secondo l’Associazione nazionale dietisti (Andid), oggi appartiene soltanto al 12% della popolazione italiana e si limita comunque a pratiche quotidiane convenienti o regolamentate da governi locali, quali la raccolta differenziata (svolta dagli italiani sempre nel 68,1% dei casi; spesso nel 12,9% dei casi), il consumo di prodotti di stagione (sempre nel 30,9% e spesso nel 45,3%), il risparmio di energia elettrica (sempre nel 37,5% e spesso nel 32,5%). Troppo poco: per essere ‘reali sostenibili’ serve di più.

Per questo motivo l’Andid, in collaborazione con il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Firenze, in occasione del suo 24° Congresso Nazionale, in corso a Verona, ha lanciato oggi la ‘Tribù dei sostenibili’, un gruppo di professionisti – discenti, docenti, sostenitori – che partecipando al I Corso di Alta Formazione svoltosi nell’ultimo trimestre 2011, ha scelto di conferire qualità alla propria pratica professionale condividendo un’idea e una passione per una grande opportunità di crescita collettiva.

L’obiettivo è infatti sensibilizzare le istituzioni affinché si possa condividere e promuovere il concetto di sostenibilità alimentare, intesa come una cultura basata su una prospettiva durevole di cui possano beneficiare tutte le popolazioni del pianeta, presenti e future, e in cui le tutele di natura sociale, quali la lotta alla povertà, i diritti umani, la salute vadano a integrarsi con le esigenze di conservazione delle risorse naturali e degli ecosistemi in un sostegno reciproco. Il risultato conclusivo di questo percorso formativo è identificabile nella nascita di una comunità di pratica professionale “per essere e per fare”, caratterizzata da un forte legame emotivo tra i professionisti e da una responsabilità condivisa verso la causa della sostenibilità alimentare per tutte le popolazioni della terra.

“Oggi, dal punto di vista alimentare e nutrizionale ci troviamo ad affrontare questioni e problematiche interconnesse – ha spiegato Giovanna Cecchetto, presidente Andid – che richiedono un sempre più forte impegno professionale”. “Infatti - ha proseguito - nel corso degli ultimi decenni, nel mondo occidentale, i cambiamenti avvenuti nelle politiche agricole, nonché quelli di natura tecnologica, economica e sociale, hanno determinato una profonda trasformazione nel sistema alimentare globale, con conseguenti implicazioni sugli stili di vita e dietetici che hanno da un lato portato all’incremento delle patologie cronico-degenerative e dall’altro a rilevanti effetti ambientali legati all’aumento dei rifiuti, alle sollecitazioni esercitate sul suolo e sulle risorse idriche, a consumi energetici indotti da processi industriali sempre più complessi ed articolati”.
È questa la ragione per cui l’orizzonte professionale del dietista si è ampliato comprendendo anche l’ambito delle politiche alimentari, con l’obiettivo prioritario del riconoscimento del diritto di tutti ad una alimentazione equilibrata ed equa in tutte le sue fasi, dalla produzione primaria all’accesso e al consumo finale, e la sensibilizzazione ai valori intrinseci dell’alimentazione che spesso i sistemi produttivi e distributivi dell’occidente modernizzato hanno negato.

“Questo sta a significare – ha dichiarato Stefania Vezzosi, membro del direttivo Andid e responsabile del progetto sostenibilità – che occorre modificare l’approccio all’alimentazione al fine di soddisfare le esigenze delle attuali generazioni senza danneggiare quelle future, all’interno di un sistema sostenibile capace di offrire un cibo ‘buono’ non solo come nutrimento ma anche come punto strategico di congiunzione tra produzione alimentare e mantenimento degli ecosistemi in buona salute”.

Un impegno non facile, sia dal punto di vista alimentare che delle risorse idriche, anche in vista della continua crescita demografica a cui si cerca di far fronte grazie all’utilizzo dell’‘impronta idrica’, studiata e promossa dalla Fondazione Olandese Water Footprint Network. Adottando uno specifico algoritmo di calcolo è possibile valutare l’utilizzo dell’acqua in metri cubo/anno di una singola persona ed estenderlo al Paese di residenza in modo da conoscere le variabili e gli impatti ambientali che provengono dai prodotti importati.

“Nel mondo vi sono però notevoli differenze di atteggiamento e comportamento, di sensibilità, attenzione e impegno delle persone e delle comunità nei confronti dell’utilizzo e del la tutela della risorsa idrica - ha concluso Vezzosi - ne consegue pertanto che le azioni volte a migliorare la capacità di utilizzo di questa risorsa non dovrebbero essere adottate in modo disgiunto, ma inserirsi piuttosto all’interno di una strategia di sviluppo coerente e intersettoriale che includa le infrastrutture, l’istruzione e le capacità di governance".
 

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